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Dalla lotta al cambiamento climatico 18 milioni di posti di lavoro

La lotta per ridurre le emissioni di Co2, ossia per il contenimento del surriscaldamento globale sotto i due gradi, potrebbe creare occupazione per 18 milioni di persone nel mondo. Lo rivela l’Organizzazione internazionale del lavoro

Roma – È quanto emerge dall’ultimo rapporto intitolato “Lavoro e problematiche sociali nel mondo 2018: un’economia verde e creatrice di occupazione“, sulle possibili ripercussioni dell’attuazione dell’accordo sul clima di Parigi firmato nel dicembre 2015.

Nel dettaglio, entro il 2030 la transizione ‘green’ dovrebbe far scomparire sei milioni di posti di lavoro, consentendo nel contempo la creazione di 24 milioni di nuovi impieghi.

Il nostro intento non è quello di conteggiare i posti di lavoro ‘verdi’ futuri, ma di studiare guadagni e perdite per ogni settore coinvolto nella mutazione dell’economia. Gli impieghi persi saranno ampiamente compensati da quelli nuovi” ha sottolineato Catherine Saget, economista dell’Ilo, principale autrice del rapporto.

Americhe, Europa, Asia e Pacifiche saranno le regioni del mondo a trarre maggior beneficio dalla transizione energetica, con la creazione da tre a 12 milioni di impieghi.

Medio Oriente e Africa, dipendenti dalle energie fossili, perderanno invece circa 350 mila posti di lavoro, non compensati. I settori che registreranno maggiori perdite sono quelli dell’estrazione petrolifera, della trasformazione delle materie prime, ampiamente compensate dalle nuove attività generate dalla transizione ecologica: infrastrutture per le energie rinnovabili, riciclaggio, smaltimento, agricoltura e edilizia bio, servizi.

Per limitare effetti negativi e tagli del personale sul breve termine, l’Ilo insiste sulla necessita’ di “sviluppare politiche adeguate” che comprendano formazione professionale, sostegno al reddito dei lavoratori e assistenza sanitaria rafforzata.

D’altra parte il rapporto Ilo prospetta tra le conseguenze del riscaldamento globale, definito “stress termico“, una perdita mondiale del 2 per cento delle ore lavorate fino al 2030 causa malattia. Un altro tema, quella della salute dei lavoratori, che dovrebbe portare gli stati a “sviluppare modelli economici conformi all’ambizione climatica espressa nel 2015 e alle norme previste per un lavoro decente“.

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