Due campi d’indagine che sembrano differenti ma che in realtà si mescolano tra loro. Non può esistere una tutela degli habitat senza il supporto di una psiche che agisca in direzione ecologica.
In me dimora l’altro. Questo essenziale e sintetico concetto esprime bene l’interdipendenza esistente tra un’essere vivente e l’altro. La stessa catena alimentare ci suggerisce l’intrinseco legame che ci accomuna tutti.
L’ecopsicologia si serve di un approccio transdisciplinare: è l’unione di due universi differenti, la psicologia e l’ecologia, che hanno molte più caratteristiche in comune di quante non si possano immaginare.
Presupposto essenziale dell’Ecopsicolgia è che non possa esistere una corretta comprensione delle attitudini psicologiche di un individuo o di un gruppo di individui, senza che si tenga conto del contesto a cui questi appartengono, dell’ “eco” ovvero della casa, dell’ambiente di cui fanno parte. Natura e psiche si incontrano e si fondono insieme in un unico orizzonte conoscitivo che amplia i suoi confini oltre i preconcetti della mente.
Il professore Theodore Roszak,storico statunitense noto per i suoi insegnamenti in alcune tra le più prestigiose università del continente americano, dalla Stanford University alla University of British in Columbia, non solo fu il padre del termine “controcultura”, fenomeno che a partire dagli anni ’60 caratterizzò molteplici movimenti giovanili in opposizione alla cultura di massa.
Roszak teorizzò e coniò il termine Ecopsicologia, ponendo al centro della sua riflessione l’individuo in quanto parte integrante del sistema ecologico terrestre. Una visione “ecocentrica” la sua, che si sostituisce amabilmente a quell’egocentrismo tipico dell’uomo moderno.
Da ego a eco, modificando solo una piccola consonante, ecco che il significato muta sovvertendo i criteri della consuetudine più radicata. Del resto se ci pensiamo un attimo, ed è ciò che mosse anche Roszak nelle sue riflessioni, un individuo mosso da ego, ovvero dal proprio mero interesse, di fatto non fa che “tirarsi la zappa sui piedi”. Considerando l’inscindibile legame che connette tutte le creature sulla Terra, un approccio egoistico si rivela distorto, fallimentare, autodistruttivo. E’ come se la formica anziché agire nell’interesse del formicaio rubasse il cibo a tutte le sue compagne per poi assistere alla loro morte. Quella sciocca formica finirebbe per deperire essa stessa, privata della propria appartenenza collettiva.
Dunque l’obiettivo di questo transdisciplinare campo d’indagine è quello di sensibilizzare gli individui rispetto sia alla propria natura interna che a quella esterna corrispondente all’ambiente di appartenenza. Grazie ad una presa di coscienza del proprio ruolo all’interno sia della collettività che dell’ecosistema, è possibile comprendere come muoversi in maniera efficiente e costruttiva. Roszakz affermava che: “Finchè l’individualismo sostituisce l’interesse collettivo non potrà che perpetuarsi l’autodistruzione. Non è cattiveria, è confusione, debolezza. Chiunque non si renda conto del suo ruolo nel mondo, procederà all’impacciata calpestando sé e il prossimo.”
Ridimensionando la percezione che l’individuo ha di sé e del suo ego, è possibile potenziarne le facoltà, stimolarne la creatività e conferirgli quel potenziale di azione essenziale per l’evoluzione della propria personalità e conseguentemente del proprio ambiente e gruppo di appartenenza.
Le applicazioni dell’ecopsicologia sono numerose: crescita personale, crescita di gruppo, relazioni ecologiche con gli habitat, educazione ambientale e comportamentale, sviluppo del selfcontrol e molte altre. Il passaggio da Ego a Eco diventa un tassello fondamentale nella comprensione di quella che è la nostra natura più ampia. L’essere parte di un sistema vivente terrestre in cui non siamo padroni e neppure parassiti, ma pezzettini di vita fra tante altre. Insegnare questo ai bambini significa agire sul presente per assicurare una sana gestione futura del pianeta e delle sue risorse.