Lo studio, condotto dai ricercatori dell’Università di Padova, mette in evidenza la correlazione tra perfluorati e patologie riproduttive di varie, tra cui anche tumori e infertilità. I primi danni li subisce il feto, ancora nel grembo materno
Scoperto il meccanismo attraverso il quale i PFAS interferiscono con l’attività ormonale. È questo il risultato dello studio condotto dal gruppo di ricerca dell’unità operativa complessa di Andrologia e Medicina della Riproduzione dell’Azienda Ospedale dell’Università di Padova, coordinata dal professor Carlo Foresta in collaborazione con il dottor Andrea Di Nisio del Dipartimento di Medicina dell’Università di Padova. Ad affermare l’autorevolezza di questi risultati è la recente pubblicazione nel “Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism”, importante rivista mondiale di endocrinologia clinica sperimentale, una vera e propria bibbia per i professionisti del settore.
Recenti studi hanno riportato conseguenze sulla salute pubblica a diversi livelli nelle popolazioni esposte a elevate dosi dei PFAS. L’organismo li scambia per ormoni interferendo con l’azione delle ghiandole endocrine, causando malattie a breve e a lungo termine. Queste sostanze possono alterare l’equilibrio ormonale che è fondamentale per la crescita e lo sviluppo del feto e del bambino: le persone più esposte hanno un maggior rischio di patologie riproduttive (infertilità, abortività, endometriosi ecc.), di disturbi comportamentali nell’infanzia e forse anche di diabete e di alcuni tipi di cancro (testicolo, rene, prostata). Molte di queste patologie associate all’inquinamento da PFAS si sviluppano in organi sensibili agli ormoni testicolari, e in particolare al testosterone.
“Sulla base di questa osservazione – spiega il professor Carlo Foresta – abbiamo dimostrato in sistemi cellulari in vitro che i PFAS si legano al recettore per il testosterone, riducendo di oltre il 40% l’attività indotta da questo ormone. Nel maschio il testosterone è fondamentale per lo sviluppo uro-genitale. Non solo, l’elevata presenza di PFAS all’interno della circolazione fetale in donne in gravidanza residenti in zone inquinate potrebbe determinare anomalie nel corretto sviluppo”.
A questo scopo, i ricercatori hanno valutato lo sviluppo e la funzione testicolare in 212 giovani di età compresa tra 18 e 20 anni esposti all’inquinamento da PFAS. “Confrontando i risultati con quelli ottenuti in un analogo gruppo di controllo di giovani non esposti a questo inquinamento – continua Foresta – è emerso che negli esposti la distanza ano-genitale, determinata dalla stimolazione del testosterone in fase fetale, era significativamente inferiore ai controlli. Questi risultati suggeriscono un’interferenza in fase embrionale sullo sviluppo del sistema riproduttivo e i PFAS, così come altri interferenti endocrini non considerati in questo studio, possono essere coinvolti. Nei soggetti esposti, anche il volume testicolare risulta essere ridotto, così come la lunghezza dell’asta del pene. Infine, abbiamo osservato una concomitante riduzione del potenziale di fertilità, sebbene entro i limiti di normalità, che potrebbe essere un fattore di rischio di infertilità”.
I composti perfluorurati (PFAS) sono sostanze chimiche di sintesi che vengono utilizzate per rendere resistenti ai grassi e all’acqua tessuti, carta, rivestimenti per contenitori di alimenti, ma anche per la produzione di pellicole fotografiche, schiume antincendio, detergenti per la casa; possono essere presenti in pitture e vernici, farmaci e presidi medici. I PFAS sono ritenuti contaminanti emergenti dell’ecosistema data la loro elevata resistenza termica e chimica, che ne impedisce qualsiasi forma di eliminazione favorendone l’accumulo negli organismi. In alcune regioni del mondo (Mid-Ohio valley negli USA, Dordrecht in Olanda, e Shandong in Cina) ed in particolare in alcune zone della Regione Veneto è stato rilevato un importante inquinamento da PFAS nel territorio, soprattutto nelle falde acquifere delle Province di Vicenza, Padova e Verona.