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Geneticamente mortificati, nei nostri piatti e nelle nostre menti

Quando addentiamo un frutto o un ortaggio a tutto pensiamo tranne alla possibilità di mangiare cibi modificati nel genoma. Eppure è pratica ben diffusa quella di plasmare il dna delle piante ai fini alimentari e agricoli. Ne siamo consapevoli?

Geneticamente mortificati. L’ingegneria genetica oggi sta alla base del grande business delle sementi e dell’agricoltura, un campo di ricerca in continua espansione e le cui conseguenze sono tanto affascinanti quanto potenzialmente disastrose.

Parlare di OGM oggi è retrogrado, obsoleto, antiquato. La storia delle modificazioni genetiche intese come OGM risale al lontano 1973, quando Stanley Norman Choen e Herber Boyer grazie all’uso di alcune innovatiche tecniche di biologia molecolare, riuscirono a clonare un gene di rana all’interno del batterio Escherichia Coli. Da allora ebbe inizio il grande capitolo delle mortificazioni del genoma, in atto anche ora. Oggi però, se da un lato si è compresa la pericolosità di certe pratiche quali le modificazioni genetiche a scopi agricoli, dall’altro si cerca di aggirare la burocrazia con strategie oscure mascherate da buone norme. Si chiamano NBT (New breeding techniques ) e sono gli OGM moderni, travestiti da innocui alleati ma insinuosi e ambigui. Si tratta di tecniche all’avanguardia in grado di raggirare le leggi inerenti agli OGM, conferendo potere decisionale alle multinazionali in materia di agricoltura industriale. Una recente sentenza della Commissione Europea del 25 luglio scorso, ha sancito la parità di OGM e NBT di fronte alla legge. Il risultato di questo decreto europeo è da ricondurre alla dura battaglia combattuta dalle organizzazioni contadine europee, che unite dalla volontà di preservare le coltivazioni non si sono arrese, raggiungendo il traguardo quantomeno di essere ascoltate e prese in considerazione dalle pubbliche istituzioni.

Siamo ad una conferenza all’interno del Salone del Gusto e Guy Kastler, contadino francese,  parla con orgoglio : “ In Francia abbiamo combattuto una dura battaglia contro gli OGM e le mutagenesi. Queste ultime sono tecniche usate per far mutare i geni dei semi, che vengono poi venduti come semi tradizionali. Non esisteva regolamentazione. Anche la moltiplicazione cellulare in vitro è un’altra tecnica che viene utilizzata e mai menzionata. Le tecniche di manipolazione genetica aggirano le normative europee e sono in grado di modificare i genomi delle piante senza che ciò sia rilevabile. Ci siamo resi conto della frode dell’agricoltura industriale che vende piante OGM come se fossero naturali. Ogni giorno una nuova tecnica genetica fa la sua comparsa sul mercato. Bisogna imporre a governi di porre un freno a tutto questo.”

Altro problema connesso alla modificazione genetica è quello dei brevetti, il copyright sulla vita e sulla biodiversità messo in atto dai colossi dell’agricoltura globale.

A causa dei brevetti sulla vita i contadini vengono privati dei propri semi, a meno gli OGM non vengano regolamentati, ma ciò non avviene perchè è proprio attraverso i brevetti che le multinazionali si vogliono accaparrare tutti i semi. Ciò riguarda anche la libertà degli individui di avere accesso alla produzione e al territorio.

Elisa D’Alosio, ricercatrice genetista e contadina di ARI- Associazione Rurale Italiana- ci spiega come “ modificando il gene si modifica tutto il genotipo a cui quel gene appartiene. Non si tratta solo di una piccola modifica invisibile ma di un mutamento sistemico con ripercussioni notevoli anche nei confronti dell’ambiente in cui l’individuo modificato viene introdotto. A furia di modificare i dna siamo arrivati a un punto in cui non basta più agire sui geni, tant’è che gli insetti si sono adattati alle modifiche genetiche da noi attuate. La European Platform of NBT, si nasconde dietro a rinomati Istituti di ricerca di fama internazionale per autorizzare i propri esperimenti genetici. Gli OGM e gli NBT sono destinati a fallire perchè considerano solo la pianta e non tutto il contesto. Ci vuole molto coraggio ad essere un ricercatore critico, continua la ricercatrice, perchè ti mettono a tacere e ti impediscono professionalmente.”

Molti non si stupiranno più, ed è più che comprensibile, eppure fa rabbrividire pensare ai colossi agricoli che ci sostentano come a equipe di scienziati pazzi e uomini d’affari ottusi che giocano con le nostre vite nei loro laboratori supertecnologici e super top secret.

Roberto Moncalvo, Presidente Coldiretti, sostiene che : “ Gli OGM in Italia non sono mai entrati e ciò è stato grazie alla costruzione di una forte alleanza tra coltivatori, Slow Food e le associazioni locali. Per la legge italiana gli Ogm non si possono coltivare”.

Scopriamo però che per legge si possono importare alimenti geneticamente modificati, nonostante ci sia il divieto di produrli nel nostro paese. Teoricamente dunque, non possiamo coltivare Ogm, ed è già un sollievo, ma a seconda degli accordi commerciali con gli altri stati, siamo autorizzati a smerciare in Italia cibo che ha subito tecniche di “breeding”, ovvero di modificazione genetica.

Certo che il fabbisogno alimentare globale è in continua crescita, come del resto lo è la popolazione. Ma ciò giustifica realmente l’utilizzo di queste pratiche?

La pianta ha le radici nel suolo e la parte alta che emerge nell’aere. Perchè vi sia un equilibrio deve esserci un suolo fertile, un ambiente circostante sano e un’agricoltura rispettosa. Oggi questo equilibrio è fortemente alterato, come è alterata la ricerca libera e autentica che fornisce reale conoscenza e trasparenza dei contenuti. Si è perso il legame tra varietà, ambiente e agricoltore. Come possiamo pretendere di generare nutrimento privando il nostro ecosistema dell’equilibrio necessario a produrlo?

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