Per la scienza dei biomateriali non esiste un rifiuto organico che non possa essere trasformato in una risorsa. Neppure se il rifiuto in questione è un prodotto di scarto del corpo umano. Lo dimostrano gli ingegneri dell’Università di Città del Capo
(Rinnovabili.it)
Per la scienza dei biomateriali non esiste un rifiuto organico che non possa essere trasformato in una risorsa. Neppure se il rifiuto in questione è un prodotto di scarto del corpo umano. Lo dimostrano gli ingegneri dell’Università di Città del Capo, in Sud Africa, inventori del primo mattone ecologico a base di urina. La tecnologia di produzione si basa su un processo noto, chiamato precipitazione batterica di carbonato di calcio, simile a quello che in natura porta alla formazione delle conchiglie. Come fa intuire il nome, la tecnica si affida alla capacità di alcuni microorganismi di sintetizzare carbonato di calcio a partire da composti quali l’urea e cloruro di calcio. Non si tratta di una novità vera propria per mondo dei biomateriali (esperimenti simili sono già stati effettuati con successo negli anni passati in India e negli USA), tuttavia il team sudafricano è riuscito a costruire mattoni biologici impiegando direttamente urina anziché la sola urea.
Nel dettaglio la procedura prevede il riempimento di alcuni stampi con sabbia, batteri Sporosarcina pasteurii e una soluzione di urina e brodo nutriente. I microorganismi usano l’enzima ureasi di cui sono provvisti per degradare l’urea contenuta nella pipì e rilasciare in ioni di carbonato. Questi si combinano con gli ioni di calcio in eccesso per formare il carbonato di calcio attraverso una reazione chimica complessa. la produzione del sale fa sì che la sabbia si cementi nella forma dello stampo a temperatura ambiente, senza bisogno dunque di una fase di cottura come avviene con i mattoni tradizionali.
La robustezza del prodotto finale, spiega gli ingegneri, dipenderà solo dalle esigenze del cliente. “Se si desidera un mattone più forte di uno calcare al 40%, basterà lasciare i batteri crescere per più tempo”, ha affermato Dyllon Randall, docente di ingegneria e co-autore della ricerca. “Più a lungo permetti ai piccoli batteri di fare il cemento, più forte sarà il prodotto. Possiamo ottimizzare questo processo”.
Inoltre, aggiungono gli scienziati, il processo produce come sottoprodotti azoto e potassio che sono componenti importanti dei fertilizzanti commerciali. “Chimicamente parlando, l’urina è oro liquido”, aggiunge Randall. Rappresenta meno dell’1% delle acque reflue domestiche (in volume) ma contiene l’80% dell’azoto, il 56% del fosforo e il 63% del potassio dispersi nei reflui.