Uno dei fattori che più minacciano le api selvatiche è il cambiamento climatico, poiché le sue conseguenze ricadono su ogni aspetto della vita di questi insetti. Se poi si considerano gli effetti moltiplicatori di altri fattori come la presenza di insetticidi e parassiti e la perdita di biodiversità, ben si comprende perché questi fondamentali impollinatori siano a rischio in tutto il mondo.
A delineare il ruolo del riscaldamento globale nella sopravvivenza delle api selvatiche hanno pensato i ricercatori del Center for Pollinators Research dell’Università statale della Pennsylvania, del Dipartimento dell’agricoltura e del Dickinson College, che hanno utilizzato i dati degli ultimi 14 anni di oltre mille siti di rilevazione posti in Delaware, Washington DC e Maryland. In particolare, hanno combinato le mappe idrogeologiche di tutti e mille i siti con le carte metereologiche, considerando parametri quali la presenza di fiori, campi coltivati o aree boschive, e le condizioni delle api, e hanno chiesto aiuto all’intelligenza artificiale per identificare i fattori che minacciano più seriamente le popolazioni locali. Il risultato, pubblicato su Global Change Biology, non ha lasciato dubbi: è il clima il killer principale e, soprattutto lo sono il livello delle precipitazioni e la temperatura.
In generale quando la temperatura si alza si susseguono estati più calde e più secche, primavere e autunni più piovosi e inverni tiepidi e caratterizzati da eventi estremi. Tutto questo fa sì che in estate ci siano meno piante con fiori e l’anno successivo meno api estive, e che con primavere precoci gli adulti svernanti abbiano una mortalità maggiore. Nelle altre stagioni, ci sono spesso eccessi di pioggia, cioè condizioni in cui le api possono procurare meno cibo per la prole: in tutte le rilevazioni, a tali condizioni è corrisposto un calo delle popolazioni studiate.
Non tutte le api reagiscono allo stesso modo: alcune specie sono più sensibili al caldo, altre alla pioggia e così via. Per questo, secondo gli autori, è indispensabile continuare a studiare le loro abitudini e i cambiamenti che si instaurano quando il clima si altera, considerando il maggior numero di variabili possibili nella stessa analisi per avere una visione complessiva dei fenomeni in atto e, quando possibile, cercare di programmare strategie per invertire la diminuzione.
Infine, affinché un monitoraggio esteso – fondamento di qualunque progetto – abbia successo, è importante che iniziative di Citizen Science, nelle quali ci si affida alle osservazioni appunto dei singoli cittadini non professionisti, come Beescape Project attivo negli Stati Uniti, siano incoraggiate, sostenute e se necessario finanziate.
FONTE: il fatto alimentare.it