Pubblicato il: 10/10/2019 11:26
Da un maggiore spazio alle tematiche ambientali alla Climate Action fino alla Circular Economy: sono sei le ‘raccomandazioni per il Green Reporting’ presentate dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile nel corso dell’evento ‘La green economy nel reporting non finanziario’, organizzato con il supporto di Itelyum, player italiano nell’economia circolare, e in partnership con il Global Compact Network Italia.
Le raccomandazioni, finalizzate a fare del reporting uno strumento di strategia e non solo di comunicazione, sono frutto di una riflessione sui risultati dell’indagine svolta dalla Fondazione per valutare le modalità e la qualità con cui gli aspetti ambientali vengono trattati nelle Dichiarazioni Non Finanziarie (Dnf) delle imprese italiane. L’indagine ha interessato 130 imprese delle oltre 200 obbligate a rendicontare informazioni non finanziarie nel rispetto del D.Lgs. 254 del 2016.
Le Dnf delle imprese del campione sono state analizzate sulla base di una griglia di 86 indicatori chiave, con un focus dal punto di vista della green economy toccando i temi del cambiamento climatico, dell’economia circolare, del capitale naturale e della biodiversità.
Per il 68% delle imprese il cambiamento climatico è un tema strategicamente rilevante, e il 92% rendiconta regolarmente le proprie emissioni di gas serra. Ma solo il 17% riporta un target di riduzione delle emissioni e ancora meno, il 5%, adotta un target in linea con gli impegni dell’Accordo di Parigi.
Inoltre solo il 21% delle imprese rendiconta con chiarezza sugli investimenti effettuati per miglioramenti ambientali e meno di un’impresa su dieci (8%) riporta gli impatti ambientali connessi all’utilizzo dei propri prodotti.
In ottica di economia circolare solo l’11% delle imprese rendicontano interventi di miglioramento della performance di circolarità a partire dal design del prodotto o sul proprio modello di business. Sono invece il 28% le imprese che rendicontano le percentuali di approvvigionamento di materia prima riciclata e il 31% quelle che descrivono le azioni tese al ridurre l’utilizzo di materia prima vergine.
Nonostante il tema della biodiversità sia toccato dal 45% dei report analizzati, appena il 12% delle imprese lo considera materiale. E solo l’8% delle imprese effettua la rendicontazione dei propri potenziali fattori di impatto sul contesto ambientale e della loro relazione con la biodiversità.
Le sei raccomandazioni rappresentano dei suggerimenti per un Green Reporting e per sopperire alle principali criticità emerse dall’indagine. Eccole: dare più spazio alle tematiche ambientali: Planet first; dal processo al prodotto: mettere al centro la qualità ambientale dei beni e servizi; obiettivi e target: misurare le proprie performance ambientali; Climate Action: misurare e ridurre la carbon footprint di processo e di prodotto; Circular Economy: orientare il modello di business in chiave circolare; capitale naturale e biodiversità: un nuovo patto tra imprese e territorio.
“La transizione alla green economy richiede il pieno coinvolgimento del mondo delle imprese – dichiara Edo Ronchi, presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile – Questo necessariamente richiede agli imprenditori di innovare approcci e strumenti, inclusi quelli legati alla rendicontazione non finanziaria. Con questa indagine abbiamo voluto verificare il livello raggiunto dagli attuali strumenti di rendicontazione in relazione ai criteri e agli obiettivi di green economy. Ne sono scaturite 6 raccomandazioni che mi auguro possano essere utili alle imprese per trasformare il reporting in un efficace strumento di orientamento strategico e di innovazione green dei propri modelli di business”.
“Gradualmente l’opinione pubblica e le imprese hanno cominciato ad intraprendere delle iniziative sul fronte ambientale in modo serio e concreto. E’ chiaro che si parte da lontano: da un’economia basata sull’utilizzo prevalente di idrocarburi mentre ci stiamo proiettando verso un’economia basata sulle rinnovabili, sul rispetto ambientale e su concetti diversi rispetto al passato”, rimarca Paolo Tomasi, presidente del Conou, Consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati.
“Sempre meno timidamente le aziende si stanno preparando al futuro e la rendicontazione di ciò che stanno facendo non solo sotto il profilo economico ma anche nel rispetto dell’ambiente e nelle prospettive sempre più ambientaliste è un dato molto confortante. Da parte nostra siamo stati tra i fautori di questo esempio cominciando già dal 2000, quasi 20 anni fa, a fare un documento su cosa stavamo facendo per ridurre l’impatto sull’ambiente in termini di salvaguardia per quanto riguarda un rifiuto pericoloso come l’olio usato”, conclude Tomasi.
“E’ necessario applicare al green reporting indicatori omogenei per poter misurare l’operato non solo della singola azienda ma anche di gruppi di imprese come avviene nella rendicontazione finanziaria – osserva Antonio Lazzarinetti, presidente di Itelyum – Ciò consentirà di misurare le performance di settori omogenei, nell’industria manifatturiera e in quella dei servizi, e di fornire alle istituzioni elementi preziosi per lo sviluppo di politiche industriali orientate alla sostenibilità”.
“La sostenibilità sta acquisendo rapidamente rilevanza strategica e il tema dell’accountability è in una fase di evoluzione ben descritta nell’analisi svolta dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, che si è in particolare concentrata sulla dimensione ambientale. Le imprese sono infatti chiamate, anche dal mondo della finanza, a fornire una rappresentazione sempre più rigorosa del loro contributo alle sfide globali che l’Agenda 2030 ha tracciato”, sottolinea Marco Frey, presidente della Fondazione Global Compact Italia.
“Il business model di Cdp è da sempre caratterizzato da una dimensione di circolarità attraverso la quale il risparmio dei cittadini viene investito per lo sviluppo sostenibile del territorio. Con il nuovo piano industriale la dimensione degli impatti green è al centro dell’orizzonte strategico con l’obiettivo di far crescere il peso di questi investimenti fini al 15% delle risorse mobilitate nel prossimo triennio”, dice Simona Melchiorri, Sustainability Officer Cassa Depositi e Prestiti.
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