Una bomba a orologeria le cui conseguenze si riflettono su tutto il pianeta. Il fenomeno di riduzione del ghiaccio marino espone la superficie oceanica al riscaldamento solare, con effetti potenzialmente pericolosi per il clima globale.
Il ghiaccio marino artico non è minacciato solo dallo scioglimento dei ghiacci lungo i bordi della banchisa: lo studio “Warming of the interior Arctic Ocean linked to sea ice losses at the basin margins”, pubblicato su Science Advances da Mary-Louise Timmermans della Yale University e da John Toole e Richard Krishfield della Woods Hole Oceanographic Institution, ha rivelato che “l’acqua più calda che ha avuto origine a centinaia di chilometri di distanza è penetrata in profondità all’interno dell’Artico” e che questo caldo “stoccato”, attualmente intrappolato in profondità, se raggiungesse la superficie potrebbe potenzialmente sciogliere l’intera banchisa della regione.
Lo Timmermans, che insegna geologia e geofisica a Yale, spiega:”Abbiamo documentato un riscaldamento oceanico sorprendente in uno dei principali bacini dell’Oceano Artico interno, il bacino canadese”.
I ricercatori sottolineano che negli ultimi 30 anni la zona di superficie dell’oceano nel bacino canadese ha visto un raddoppio del contenuto di calore e ne hanno rintracciato la fonte in mare a centinaia di miglia a sud, dove la riduzione del ghiaccio marino ridotto ha lasciato la superficie dell’oceano più esposta al riscaldamento solare estivo. A loro volta, i venti artici portano l’acqua più calda a nord, ma al di sotto delle acque superficiali.
La Timmermans spiega ancora: “Questo significa che gli effetti della perdita di ghiaccio marino non si limitano alle stesse regioni ghiacciate, ma portano anche ad un maggiore accumulo di calore nell’Oceano Artico interno, il che può avere effetti climatici ben oltre la stagione estiva. Attualmente questo caldo è intrappolato sotto lo strato superficiale. Se viene rimescolato in superficie, ci sarà abbastanza caldo da sciogliere completamente la banchisa di ghiaccio marino che copre questa regione per la maggior parte dell’anno”.
Secondo CBC/Radio Canada questo strato di acqua calda si trova a 50 metri sotto la superficie del Canada Basin, a nord dell’Alaska e tra lo Yukon e dei Territori del Nord-Ovest. Era già noto che ci fosse questo strato di acqua più calda che però dovrebbe essere in superficie, visto che l’acqua calda è generalmente più leggera di quella fredda. Ma nel bacino canadese l’acqua calda non galleggia perché è isolata e la salinità la rende abbastanza pesante da affondare. L’acqua più fredda e meno salata si trova sopra, sotto il ghiaccio marino.
Gli scienziati ritengono che l’acqua calda provenga dai confini del bacino, da posti come il Mar Chukchi settentrionale, dove ogni estate il ghiaccio marino si scioglie e si ritira. “Questo lascia molta acqua in mare aperto esposta direttamente ai raggi del sole” ha detto la Timmermans a CBC/Radio Canada. Secondo gli Scienziati, “L’acqua lungo le coste del bacino diventa più calda. Quindi, viene spinta in profondità sotto gli strati superficiali e nell’Oceano Artico interno a causa di venti che soffiano in senso orario”.
Toole, del Department of physical oceanography della Woods Hole, evidenzia che nonostante si sapesse che sotto la superficie dell’Oceano Artico ci fosse uno strato di acqua più calda “l’aumento sostenuto della temperatura in questo strato caldo è stata una sorpresa. E’ una bomba a orologeria. Quel caldo non sta andando via. Alla fine, arriverà in superficie e avrà un impatto sul ghiaccio”. Ma aggiunge che “lo strato caldo non rappresenta una minaccia immediata per il ghiaccio marino. Quel calore è molto isolato dalla superficie. Attualmente, la quantità di caldo diffusa dall’acqua calda all’acqua fredda superficiale è relativamente piccola. Perché il caldo possa influire rapidamente sugli altri strati e sul ghiaccio in superficie, è necessario che accada qualcosa per mescolare le acque separate, come un forte vento. Ma l’input del vento è in gran parte tamponato dalla copertura di ghiaccio marino che c’è sopra”.
Lo studio sottolinea che “un’altra possibilità sarebbe se le acque salate diventassero così calde che, nonostante la loro salsedine, smettessero di affondare e iniziassero a mescolarsi con le fredde e dolci superficiali”.
La limitata di diffusione del caldo verso l’alto potrebbe avere un effetto meno drammatico, ma comunque importante: riscaldando leggermente lo strato superiore potrebbe rallentare il congelamento della superficie marina ogni anno di più e la Timmermans conclude: “E’ davvero difficile dire fino a che punto stia già avvenendo ora. Questa influenza in futuro potrebbe aumentare”.
(GreenReport)