Il silenzio delle Istituzioni di fronte all’inquinamento della più importante falda acquifera italiana, lascia perplessi e attoniti. Per fortuna gli attivisti del Movimento No Pfas non si arrendono e scendono in piazza per 5 giorni consecutivi.
Cinque lunghi giorni di manifestazione organizzati dal Movimento No Pfas nella città di Vicenza, a cui sta partecipando attivamente anche l’associazione delle Mamme No Pfas. Il sit-in vedrà mamme e bambini anche piccoli occupare la piazza di fronte alla procura di Vicenza fino a martedì 28 Agosoto.
“Sono quarant’anni che in questa terra riversano sostanze tossiche senza alcun criterio”, afferma una delle mamme presenti alla manifestazione. “Il tempo delle parole è terminato, ora devono darci risposte concrete .”
“Sapete cosa significa non poter lavare un’insalata? Non potersi lavare i denti? Sapete cosa significa provare dolore ogni volta che vedete vostro figlio fare una doccia perché sapete che si sta avvelenando? Io ho due figli e questa angoscia la conosco bene. L’acqua, un bene tanto prezioso quanto dato per scontato, qui è veleno. Chi non ha provato a aprire il rubinetto e aver paura di quel che ne esce non sa di cosa stiamo parlando.”
Gli Pfas sono sostanze perfluoro acriliche altamente inquinanti, acidi tossici che agiscono come interferenti endocrini e provocando gravi danni alla salute. Da decenni ormai questi veleni sono assunti quotidianamente dalla popolazione, ovvero da migliaia di persone convinte di usufruire di acqua potabile.
“Nelle relazioni delle indagini del NOE, il Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri, risulta che per oltre trent’anni queste sostanze sono state riversate in un torrente che arriva direttamente alla falda, inquinandola talmente tanto da renderla inutilizzabile per qualsiasi uso”, spiega Chiara Panarotto, madre di tre figli di circa 20 anni. La falda in questione è la seconda più grande d’Europa e la più grande d’Italia. Un disastro ambientale che coinvolge 30 comuni e 500 mila persone nel silenzio delle Istituzioni.
“Quando nei primi mesi del 2017 l’Ulss ha iniziato lo screening per vedere i livelli di Pfas nel sangue dei cittadini dai 15 anni in su i risultati sono stati agghiaccianti. Basti pensare che i valori massimi di riferimento stabiliti dall’Istituto Superiore di Sanità per questa sostanza sono tra 1,5 e 8 nanogrammi per millilitro di sangue mentre i livelli riscontrati nei ragazzi sottoposti alle analisi sono stati da 100 a 360 per farsi un’idea della gravità della situazione. Ci dicevano che l’acqua rispettava i limiti. La Regione Veneto ci rassicurava: è tutto nella norma, ci dicevano. Abbiamo dovuto iniziare a indagare da soli per scoprire che nella norma non c’era un bel niente.”
“Per una mamma vedere i propri figli avvelenati è un’angoscia talmente grande che non si può spiegare, anche perché non c’è cura né rimedio! – afferma afflitta Annamaria– perché l’unico modo per liberarsi da queste sostanze sarebbe la disintossicazione totale per almeno 10/20 anni solo per dimezzare le quantità. Ma è impossibile perché qui i Pfas sono ovunque! Nel cibo, negli ortaggi, negli animali allevati… ovunque. Finché l’acqua di superficie è inquinata lo sarà anche tutto il resto. E nulla cambierà finché l’azienda che ci ha condotti in questo inferno continuerà a lavorare indisturbata”.
L‘azienda Miteni è ritenuta la principale responsabile dell’inquinamento delle falde, ma attualmente continua indisturbata la propria attività produttiva, non solo negando ogni responsabilità diretta ma ribadendo l’intenzione di non rispondere per ciò che è accaduto in passato.
Nonostante la procura di Vicenza abbia a disposizione tutto il materiale necessario per imporre la chiusura della fabbrica, tutto pare tacere in clima di tenebrosa omertà. Le mamme dichiarano e denunciano di essersi già rivolte al Sindaco, al Ministro per l’Ambiente e per la Salute, ai parlamentari europei, ma ciononostante l'”ecocida” Miteni persevera nell’intossicazione dell’ambiente.
“Ci hanno avvelenato consapevoli di farlo, fagocitati dai loro interessi, dal loro guadagno. Senza alcun rispetto per la nostra salute e per la nostra terra. E senza alcun controllo da parte di quegli enti pagati per vigilare. Per questo oggi siamo qui a chiedere non solo la chiusura dell’azienda, la bonifica del sito e il risarcimento dei danni ma anche e soprattutto la condanna dei responsabili e le dimissioni di tutti coloro che fino ad oggi hanno autorizzato la ditta Miteni a continuare ad inquinare ignorando completamente il Principio di Precauzione e fregandosene altamente della nostra vita.”
Questa allarmante situazione ci mostra quel lato oscuro e reale di un’Italia menefreghista e cinica, che spende il suo tempo cercando di trattenere gli immigrati sulle navi sostenendo di difendere il proprio paese, mentre contribuisce silenziosamente alla sua lenta agonia.