Il gasdotto EastMed rischia di scatenare nuovi conflitti e accelerare gravemente la crisi climatica, denuncia un nuovo rapporto pubblicato oggi da Greenpeace. Questa mattina, inoltre, un gruppo di 20 attiviste e attivisti di Greenpeace Belgio provenienti da diversi Paesi europei, Italia inclusa, ha incollato davanti all’ingresso della Commissione a Bruxelles un adesivo gigante raffigurante un gasdotto, per ricordare che le fonti fossili sostenute dall’Unione Europea costituiscono una minaccia per la pace e per il clima. Gli attivisti hanno inoltre esposto striscioni con i messaggi “Il gas alimenta la guerra” e “Il gas è una bomba a orologeria per il clima e i conflitti” in diverse lingue. L’associazione ambientalista chiede di non includere il gasdotto EastMed nell’elenco dei “Progetti di interesse comune” dell’Unione Europea per le infrastrutture energetiche, che beneficiano di finanziamenti comunitari e di una procedura accelerata.
Il gasdotto, che non entrerebbe in funzione prima del 2028, collegherebbe i giacimenti di gas israeliani e ciprioti con la Grecia attraversando le acque contese tra Grecia, Turchia e Cipro. Collegandosi al tratto offshore dell’infrastruttura gemella Poseidon, il gas arriverebbe poi in Italia, a Otranto. Se costruito, il gasdotto EastMed potrebbe essere responsabile di emissioni di gas serra equivalenti a 27 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno, tenendo conto del consumo energetico, del trasporto e delle perdite, avverte il rapporto di Greenpeace. L’opera consumerebbe l’11,5% del budget di carbonio dell’UE per il periodo 2028-2050, che deve essere preservato per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C al di sopra dei livelli preindustriali.
«L’ostinato sostegno della UE alle fonti fossili, oltre ad alimentare il disastro climatico, minaccia anche la pace» , dichiara Simona Abbate, campaigner energia clima di Greenpeace Italia. «Il gasdotto EastMed è una bomba a tempo in una regione fortemente militarizzata e contesa. Rischia di riaccendere un conflitto sopito solo per permettere alle compagnie del gas e del petrolio di macinare profitti per altri vent’anni, sottraendo investimenti alle energie rinnovabili e per il risparmio energetico. La doppia minaccia della crisi climatica e dei conflitti armati è un chiaro avvertimento che le infrastrutture fossili non sono la soluzione per la sicurezza energetica».
Nel rapporto, Greenpeace avverte che l’EastMed rischia di riaccendere il conflitto irrisolto tra la Repubblica di Cipro e la Repubblica turca di Cipro Nord per il controllo dell’isola e delle sue risorse. L’infrastruttura potrebbe anche diventare un facile obiettivo militare, come hanno dimostrato i recenti attacchi al gasdotto Nord Stream tra Russia e Germania.
Il piano climaticida del governo Meloni di trasformare l’Italia in un hub del gas apre le porte a pericolosi mega progetti fossili. Non a caso, le aziende coinvolte nel nuovo gasdotto hanno subito chiesto un “ombrello politico” per il progetto EastMed, mentre i partiti di maggioranza stanno spingendo, con diverse risoluzioni parlamentari, per un maggior sostegno dell’esecutivo all’opera. «L’Italia deve rinunciare definitivamente a diventare hub del gas e smettere di sostenere il progetto EastMed, pericoloso per il clima e per la pace» , dice Sofia Basso research campaigner Climate for Peace di Greenpeace Italia. «Da tempo chiediamo inoltre che l’Italia interrompa le missioni militari estere, Mediterraneo orientale compreso, a protezione degli interessi delle aziende dei combustibili fossili. Se vogliamo un futuro verde e di pace, l’unica soluzione è investire nella transizione ecologica».
Greenpeace chiede alla Commissione Europea di mettere al primo posto il clima e la pace, escludendo il gasdotto EastMed dalla prossima lista di “Progetti di interesse comune” ed effettuando una valutazione di impatto geopolitico per qualsiasi progetto transnazionale di infrastrutture fossili sostenute dall’UE.
Dopo aver raccolto il parere delle autorità di regolamentazione dell’energia e dei governi coinvolti, la Commissione dovrebbe presentare l’elenco definitivo dei Progetti di interesse comune a novembre. I governi dell’Unione e il Parlamento europeo avranno due mesi di tempo per approvare la lista per intero o respingerla, ma non potranno presentare modifiche.