Pubblicato il: 06/07/2020 14:59
Raggiunto a luglio il momento che segna il limite oltre il quale i consumatori europei terminano virtualmente il consumo di pesce pescato nei mari della regione e iniziano a utilizzare quello d’importazione fuori continente. Quindi,anche in Italia, da questo momento fino alla fine dell’anno, consumeremo virtualmente solo pesce importato.
Un limite che negli ultimi tre decenni è stato anticipato di anno in anno, “un segnale dell’impoverimento progressivo delle risorse e connesso alla crisi globale della pesca”, avverte il Wwf, sottolineando “il drammatico stato in cui versano gli oceani e il nostro Mar Mediterraneo”.
“Dal mese di luglio l’Europa ha esaurito l’equivalente della propria produzione annua interna di pesce, molluschi e crostacei. Se nei primi 6 mesi dell’anno avessimo consumato solo risorse dei nostri mari, da luglio in poi esse non sarebbero più disponibili e l’Europa dovrebbe ricorrere alle importazioni per sostenere la crescente richiesta dei consumatori – spiega l’Associazione – La domanda europea di prodotti ittici è infatti troppo alta: se un consumatore europeo consuma in media circa 23 kg di pesce l’anno, i consumatori italiani sono ancora più appassionati di questo alimento, con i loro 29 kg di pesce pro capite l’anno. L’Italia infatti, ha esaurito l’equivalente della propria produzione annua ad aprile di quest’anno“.
In questi ultimi vent’anni “il problema globale della sovrapesca è aumentato drammaticamente. In più, la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, amplifica ulteriormente la pressione sugli stock ittici. Gli oceani e lo stesso Mediterraneo non sono in grado di sostenere i livelli di questa domanda tanto che il 78% degli stock ittici monitorati nel Mediterraneo risulta sfruttato al di sopra della loro capacità di rigenerarsi, mentre a livello globale sono circa il 33% gli stock ittici monitorati che risultano sovrasfruttati”.
“Se non riusciremo a invertire questo trend, il rischio sempre più probabile è di andare verso il collasso degli stock ittici ossia la pressoché completa sparizione di alcune specie”, avverte il Wwf.
Tutti i consumatori hanno il compito e la possibilità di fare la loro parte per contribuire alla tutela del Mediterraneo e degli oceani. Nell’ambito del progetto Fish Forward, co-finanziato dell’Unione Europea, il Wwf ha realizzato una guida online al consumo sostenibile che racconta quali sono i piccoli gesti responsabili da adottare negli acquisti di tutti i giorni per dare un contributo alla salvaguardia degli oceani e del Mediterraneo.
Qualche esempio: privilegiare specie poco comuni e preferibilmente locali, al posto del consumo delle specie più diffuse; utilizzare le etichette come fonte di informazioni utili nella scelta del pesce più sostenibile; evitare di acquistare esemplari troppo giovani, imparando a rispettare le taglie minime di ogni specie. La campagna social che il Wwf lancia su Twitter e Instagram fornirà consigli utili per un consumo responsabile e coinvolgerà il pubblico dei giovani.
“In Italia non siamo consapevoli della nostra stretta dipendenza dalle importazioni di prodotti ittici, in particolar modo di quanto incidano quelle provenienti dai Paesi in via di sviluppo. Gli oceani di tutto il mondo sono sovrasfruttati. Basti pensare che circa il 33% degli stock ittici globali è sovrapescato mentre il 60% viene sfruttato al massimo delle proprie capacità”, è l’allarme di Eva Alessi, responsabile del progetto Fish Forward e responsabile dei consumi sostenibili di Wwf Italia.
“Stiamo mettendo a rischio la sopravvivenza delle risorse naturali marine e con loro tutte le comunità che vivono di pesca come fonte di cibo e di reddito, dai villaggi del Mediterraneo fino agli arcipelaghi indonesiani. Si tratta di circa 800 milioni di persone. Mai come oggi è stato di così vitale importanza mettere in atto comportamenti sostenibili per la salvaguardia degli ecosistemi marini. É nostro dovere trattare gli oceani con più attenzione se vogliamo che la vita marina torni a prosperare e che il pesce continui a nutrire noi e le generazioni future”, conclude Eva Alessi.
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