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Rifiuti: Cic, criticità da rapida diffusione manufatti compostabili  

Filiera organico, criticità da rapida diffusione manufatti compostabili

Più manufatti compostabili a seguito della direttiva Sup, Single Use Plastics, la norma europea che impone il divieto di commercializzazione di alcuni prodotti monouso in plastica (piatti, posate, cannucce, ecc…), e che dovrà essere recepita dai Paesi membri entro il 2021. Con conseguenti “criticità”. A segnarle è il Cic – Consorzio italiano compostatori in un’analisi della ‘compatibilità del recupero dei manufatti compostabili con il sistema del compostaggio’.

“A seguito della pubblicazione della direttiva europea Sup si sta assistendo in Italia ad una rapida ed impetuosa comparsa sul mercato di numerose altre tipologie di manufatti realizzati in materiali compostabili (carta, legno e plastiche compostabili, sia in matrice singola che accoppiata), che si propongono quali alternative agli omologhi manufatti in plastica tradizionale quali piatti, bicchieri, posate, capsule caffè, ecc… e non è insensato prevedere una loro imminente rapida diffusione”, premette il Cic.

E se pure “attualmente questi manufatti rappresentano meno del 10% del mercato delle plastiche compostabili, potrebbero assumere dimensioni ben più rilevanti proprio a seguito dell’imminente recepimento della Direttiva Europea Sup”.

Una “rapida diffusione” che, secondo il Cic, “porterà alla determinazione di alcune sicure criticità” che devono “essere debitamente governate al fine di evitare la possibilità che venga messa in crisi l’intera filiera del recupero dei rifiuti organici, che oggi garantisce la gestione di quasi 7 milioni di tonnellate di rifiuti”.

In particolare il Consorzio segnala la possibilità di “confusione che si genererà nei cittadini-consumatori artefici della raccolta differenziata, derivante dalla compresenza sul mercato di manufatti compostabili e quelli realizzati in materiali plastici convenzionali” che “porterà come conseguenza il rischio di un forte trascinamento di questi ultimi nella raccolta differenziata dei rifiuti organici, con un conseguente pesante decadimento della qualità della stessa. A questa difficoltà di riconoscimento sono naturalmente soggetti anche gli operatori che effettuano le raccolte e gli addetti al riciclo dei rifiuti organici”.

Non solo. “La presenza di ‘manufatti compostabili’ che non siano certificati in base alla norma unificata Uni En 13432 porterebbe ad un pericoloso decadimento della qualità delle raccolte differenziate ed un conseguente pesante aggravio dei costi dell’intera filiera del recupero del rifiuto organico che ricadrebbe inevitabilmente sulle spalle dei cittadini”, aggiunge il Cic.

Per non parlare “dell’aumento dei quantitativi relativi di manufatti compostabili delle più diverse fogge e dimensioni negli scarti di cucina, fino ad oggi presenti in quantitativi quasi trascurabili” che “avrà come inevitabile conseguenza un significativo cambiamento delle caratteristiche merceologiche e fisiche dei rifiuti organici che gli impianti devono trattare”.

Quindi “dovranno certamente essere messi in atto adeguamenti tecnici e procedurali per gestire al meglio questi cambiamenti; tali adeguamenti necessiteranno, oltre che di investimenti, anche di collaborazione tra tutti i rappresentanti della filiera (produttori dei manufatti, grande distribuzione, consumatori, amministratori pubblici, aziende di raccolta, impianti di riciclo)”.

Sulla base di queste preoccupazioni e in previsione del recepimento della direttiva Single Use Plastics, il Cic chiede al governo e alle istituzioni che “i manufatti compostabili abbiano una immediata e facile riconoscibilità attraverso l’apposizione di uno specifico simbolo che identifichi la filiera di recupero a cui devono essere avviati“.

Il Consorzio chiede anche che “si lavori sull”ecodesign’, di cui si parla spesso, per facilitare il recupero/riciclo di un manufatto immesso al consumo” e che “vengano messe a disposizione le necessarie risorse per una capillare ed efficace informazione ai cittadini sulle novità provocate dalla direttiva europea”.

Infine, secondo il Cic, “il rilascio del simbolo identificativo deve essere previsto all’interno di un percorso definito che garantisca almeno la presenza dei necessari requisiti di compatibilità con il sistema del compostaggio industriale, primo fra tutti la certificazione secondo lo standard europeo En 13432, e che garantiscano la tracciabilità”.

Poi “vengano previste adeguate risorse per effettuare gli eventuali investimenti che gli impianti di compostaggio dovranno affrontare per far fronte al cambiamento delle caratteristiche merceologiche e fisiche dei rifiuti organici prodotto dall’aumentata presenza dei nuovi manufatti compostabili”.

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