Pubblicato il: 08/02/2019 17:35
Computer, monitor, cellulari che invece di essere correttamente smaltiti, dall’Europa vengono inviati illegalmente in Africa e Asia. Un fiume di spazzatura tecnologica fuorilegge: 350mila tonnellate che ogni anno finiscono nei Paesi in via di sviluppo dove da questi rifiuti si estraggono materiali preziosi, rilasciando sostanze tossiche nell’ambiente perché lì le regole non ci sono o possono essere facilmente aggirate. Lo denuncia il rapporto “Buchi nell’economia circolare” realizzato dall’organizzazione internazionale Basel Action Network (Ban). Come lo hanno scoperto? Piazzando delle “cimici” Gps su 314 rifiuti elettronici in 10 Paesi europei, ed è così che pc e monitor buttati via in Italia hanno mandato il loro segnale dalla Nigeria o dal Ghana.
In Europa, rileva il rapporto, il tasso di esportazione dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) è del 6% per gli apparecchi consegnati presso centri di raccolta o conferiti in appositi contenitori. A questo flusso inizialmente pulito, che poi confluisce in molti casi in filiere illegali nei Paesi del Sud del mondo, vanno però aggiunti gli altri flussi che sfuggono alle filiere regolari, su cui bisogna fare chiarezza. Dei rifiuti tracciati e finiti illegalmente in Africa e Asia, la maggior parte viene dal Regno Unito, seguito da Danimarca e Irlanda. Dove finiscono? Soprattutto in Africa e in particolare in Nigeria, Ghana e Tanzania.
“L’Africa non può essere la nostra pattumiera – commenta il ministro dell’Ambiente Sergio Costa – Esiste un efficiente sistema di raccolta e riciclo nel nostro Paese, se ci sono delle falle lo verificheremo. Darò incarico al Comando Tutela Ambiente dei Carabinieri di attivare le opportune verifiche”. Tema che preoccupa anche la commissione bicamerale d’inchiesta che si occupa di traffici illeciti di rifiuti, la cosiddetta ‘Commissione Ecomafie’: se in Italia si raccoglie circa il 40% dei rifiuti elettrici ed elettronici, significa che il resto ancora oggi non viene smaltito correttamente, fa sapere la commissione.
Per riportare il settore nella piena legalità “è opportuno far emergere i flussi di grandi elettrodomestici che oggi vengono assorbiti anche dall’industria non ufficiale degli autodemolitori e quelli di apparecchi come i condizionatori o i pannelli fotovoltaici i cui quantitativi saranno presto in crescita e del cui smaltimento oggi si occupano gli installatori senza un’adeguata filiera”, dice il presidente della Commissione Ecomafie Stefano Vignaroli che chiede anche di “rendere pienamente operativi presso il ministero dell’Ambiente il Comitato di vigilanza e controllo sui Raee e il Comitato di indirizzo per favorire una evoluzione della filiera della raccolta e del recupero Raee che il rapporto conferma essere ancora deficitaria”.
I cittadini italiani hanno due strumenti per smaltire correttamente i Raee: le isole ecologiche presenti nei comuni, oppure nei negozi dove si acquista un nuovo prodotto (il cosidetto ‘1 contro 1’). Non solo, i rifiuti delle apparecchiature elettroniche inferiori a 25 centimetri (come caricatori dei telefonini, cuffiette, carte di credito) possono essere consegnati ai negozi specializzati con una superficie superiore a 400 metri quadrati, senza obbligo di acquisto (‘1 contro zero’).
“Se li smaltite correttamente fate un regalo all’ambiente – sottolinea il ministro Costa – dai Raee è possibile ricavare ben il 90% di materie prime seconde, con un rilevante risparmio energetico rispetto all’estrazione di nuove materie prime vergini”.
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