Affrontare l’enorme disastro ambientale dell’acidificazione degli oceani grazie ai nostri tecnologici smartphone, alla Blockchain e a una sorta di Bitcoin. Coinvolgere i cittadini e fornire “Fish Coin” in cambio di partecipazione
(Greenme)
E’ l’impresa in cui si è lanciata la ricercatrice Kat Leight, che afferma di poter facilmente affrontare gli oscuri ed enormi problemi dell’industria ittica grazie a una soluzione tecnologica geniale, che si avvale del Blockchain Ethereum.
Di cosa si tratta? La blockchain, in italiano “catena di blocchi”, può essere esemplificata come un processo in cui un insieme di soggetti condivide risorse informatiche per renderle disponibile alla comunità di utenti. Ethereum è invece una piattaforma decentralizzata del Web 3.0 per la creazione e pubblicazione peer-to-peer di contratti intelligenti (smart contracts) creati in un linguaggio di programmazione Turing-completo. Ma è diverso da Bitcoin in quanto consente di creare contratti intelligenti, che possono essere descritti come denaro digitale altamente programmabile.
Nel progetto di Leight, che si chiama FishcoinOA. In pratica, tutti i dati vengono raccolti con piccoli sensori collegati ai telefoni dei pescatori. Per individuare la posizione, è sufficiente abilitare il GPS su uno smartphone. I pescatori che forniscono informazioni preziose – dati di cattura, origini, ecc. – alla rete, vengono ricompensati con token di Fishcoin. Poiché la rilevazione dell’acidificazione dell’oceano richiede una connettività costante, questi token possono essere riscattati con crediti per la ricarica su piani mobili prepagati. E si sa, la connessione è una delle cose più preziose che abbiamo, specialmente quando ti trovi in una zona in via di sviluppo. Quindi le loro attività e la loro generazione di dati viene premiata, perché è qualcosa che ha un grande valore.
Questi dati, quindi, consentiranno di aumentare la trasparenza su come il pesce arrivi dall’oceano al piatto. Sebbene il progetto sia ancora nelle sue fasi iniziali, FishcoinOA ha una partnership con la Ocean Foundation ed è stato recentemente finalista al MIT Solve Challenge, come soluzione per affrontare i problemi più urgenti del mondo.
In effetti il problema è oggi più grande di quanto pensiamo. Gli oceani del mondo rischiano di diventare più acidi di quanto non abbiano mai fatto negli ultimi 14 milioni di anni. Lo rivela un nuovo studio condotto dagli scienziati dell’Università di Cardiff. La ricerca ha dimostrato che in uno scenario “business-as-usual” delle emissioni di biossido di carbonio (CO2), l’acidificazione degli oceani probabilmente raggiungerà livelli senza precedenti.
Questo fenomeno si verifica quando la CO2 emessa dall’atmosfera viene assorbita dall’acqua di mare, che diventa più acida e con un pH più basso. Circa un terzo della CO2 rilasciata dalla combustione di carbone, petrolio e gas si dissolve negli oceani. Dall’inizio dell’era industriale, l’oceano ne ha assorbito una quantità spaventosa: circa 525 miliardi di tonnellate di CO2, equivalenti a circa 22 milioni di tonnellate al giorno.
Il rapido afflusso di CO2 negli oceani sta minacciando seriamente la vita marina, con i gusci di alcuni animali che si stanno già dissolvendo nell’acqua di mare più acida. Nel nuovo studio, i ricercatori hanno tentato di ricostruire i livelli di acidità oceanica e quelli di CO2 nell’atmosfera negli ultimi 22 milioni di anni. Per farlo, hanno studiato i fossili di minuscole creature marine che un tempo vivevano vicino alla superficie dell’oceano, esaminandone la chimica dei gusci per monitorare l’acidità dell’acqua di mare in cui vivevano.
Sulla base di queste informazioni, i ricercatori hanno inserito questi nuovi dati sul pH e sui livelli di CO2 in una gamma di futuri scenari di emissioni di carbonio, riconosciuti dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC).
In uno scenario futuro probabile in cui continueremo a emettere CO2 allo stesso ritmo di oggi, l’anidride carbonica presente nell’atmosfera sarebbe vicina a 930 parti per milione nell’anno 2100, rispetto a circa 400 parti per milione di oggi.
Allo stesso modo, il pH degli oceani sarebbe inferiore a 7,8 nel 2100 rispetto a un pH di circa 8,1 oggi. Dati significativi in quanto la scala del pH è logaritmica. Ciò significa che una goccia di appena 0,1 unità di pH rappresenta un aumento del 25% dell’acidità.
Questi livelli di CO2 atmosferica e acidità oceanica non vengono osservati dal periodo del Miocene, circa 14 milioni di anni fa, quando le temperature globali erano circa 3° C più calde di oggi a seguito del ciclo geologico naturale della Terra.
L’autore principale dello studio, la dott.ssa Sindia Sosdian dell’Università di Cardiff, ha spiegato:
“La nostra nuova analisi geologica dell’acidificazione degli oceani ci mostra che sulla nostra attuale traiettoria di emissione, le condizioni oceaniche saranno diverse per gli ecosistemi marini rispetto a quelle che hanno vissuto negli ultimi 14 milioni di anni”.
Secondo i ricercatori, il pH attuale è probabilmente più basso rispetto a qualsiasi altro negli ultimi 2 milioni di anni.
“Comprendere esattamente cosa questo significhi per gli ecosistemi marini richiede studi di laboratorio e sul campo a lungo termine e ulteriori osservazioni dei reperti fossili”.
La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Earth and Planetary Science Letters. Per tutte queste ragioni… confidiamo nell’impresa geniale di questa giovane ricercatrice!
La prevendita di Fishcoin inizierà il 31 ottobre 2018, per maggiori informazioni clicca qui