Lo sapevi che … di Pisano Priscilla
Lo sapevi che l’agricoltura è stata inventata dall’uomo più di 12mila anni fa attraverso la domesticazione delle piante?
Ma di che stiamo parlando precisamente?
Parliamo della scoperta alimentare, dell’attività umana che porta le specie vegetali nell’alimentazione dell’uomo. Infatti se non esistesse l’agricoltura, nel mondo potrebbero vivere solo pochi milioni di persone. Le prime forme di agricoltura nacquero nel medio oriente con l’introduzione dei primi cereali e semi alimentari per poi svilupparsi a macchia d’olio in quel che oggi chiamiamo Africa, Cina e infine in Europa.
L’agricoltura è stata una delle tappe più significative nella storia dell’uomo in quanto ha rivoluzionato le sue forme di vita, segnando l’abbandono del nomadismo, la nascita di gruppi stanziali e un nuovo modo di organizzare non solo l’economia ma anche i rapporti sociali e la struttura politica. La coltivazione della terra, inoltre, ha costituito anche il primo, importante tentativo dell’uomo di controllare e dominare la natura.
Nel corso del tempo, però, gli interventi sono diventati così profondi e radicali da apparire talvolta come una violazione dei ritmi e delle leggi della natura stessa: ne è un clamoroso esempio, oggigiorno, l’uso degli OGM (organismi geneticamente modificati) In origine l’agricoltura si basava sulla raccolta, sulla conservazione delle sementi migliori, sulla loro semina e sull’attesa del nuovo raccolto, operazioni che venivano tutte svolte a mano. Solo col passar del tempo furono introdotti i primi rudimentali strumenti per facilitare la lavorazione della terra.
Il rapporto dell’uomo con la terra è riuscito a conservare la sua centralità anche nelle società più avanzate, ma grazie alla nuova sensibilità ambientale che si va affermando nel mondo occidentale non è più basato su una logica di puro e indiscriminato sfruttamento. Lo prova la crescita costante dell’agricoltura biologica, quel tipo di agricoltura, cioè, che non fa uso, o ne fa molto poco, di fertilizzanti e di sostanze chimiche.
Se si potesse ridistribuire a livello planetario e con un criterio del tutto nuovo le colture sui terreni agricoli esistenti, si riuscirebbe a soddisfare la crescente domanda di cibo e di biocarburanti, che si faranno più pressanti nei prossimi decenni, anche a causa della crescita della popolazione mondiale – che comporterà maggiore richiesta di prodotti alimentari e di energia per produrli (e non solo). Le soluzioni proposte nell’ambito di un ampio studio pubblicato su Nature Geoscience sono le prime nel loro genere, da molti decenni, che analizzano il problema della produzione alimentare sia dal punto di vista della sostenibilità ambientale, sia da quello della disponibilità di cibo negli anni a venire – nella previsione di una produzione senza costose tecnologie.
Negli ultimi anni si sono trovate nuove soluzioni per ridurre l’uso d’acqua e potenziare le colture, ma nella maggior parte dei casi richiedono interventi tecnologici di alto livello che per molti Paesi sono semplicemente delle utopie, in mancanza di risorse economiche da dedicare alle nuove necessità produttive.
La redistribuzione delle colture risolverebbe a monte la questione: non richiede interventi tecnologici, ma un modo nuovo di fare agricoltura.
Tuttavia ci sono anche altri problemi, come la ricerca non abbia voluto tenere conto delle barriere culturali e politiche, delle preferenze alimentari e dei modelli di consumo.
L’aumento della popolazione da qui a 30 anni avrà un tale impatto ed eserciterà una tale pressione sociale che molti cosiddetti “problemi” si sgonfieranno. La vera emergenza sarà quella di produrre più cibo.