avvocatoinprimafila il metodo apf

Sostenibilità: Economia circolare, ecco cos’è e qualche esempio  

 

Se ne parla tanto, ma cosa si intende con l’espressione “economia circolare”? L’economia circolare si contrappone a quella ‘lineare’ (cioè, un modello fondamentalmente usa-e-getta che si basa sullo schema “estrarre, produrre, utilizzare e gettare”) e al contrario di quest’ultima, punta ad ‘allungare’ il più possibile la vita di un prodotto con l’obiettivo di ridurre al minimo la spazzatura. Come? Attraverso il riciclo e il riutilizzo e attraverso pratiche quali la condivisione, la riparazione, il ricondizionamento. Anche lo scarto, alla fine, quando è possibile rientra nel ciclo produttivo. Ha, insomma, una ‘seconda vita’, e si trasforma così in risorsa.

Circular economy, perché? A fronte di una popolazione mondiale in continua crescita e del conseguente aumento della domanda di risorse, quelle a nostra disposizione sono però limitate. Questo bisogno di materie prime crea una dipendenza verso altri Paesi: alcuni Stati membri dell’UE dipendono da altri Paesi per quanto riguarda l’approvvigionamento. Poi, c’è l’impatto sul clima: i processi di estrazione e utilizzo delle risorse di cui abbiamo bisogno producono un grande impatto sull’ambiente e aumentano il consumo di energia e le emissioni di anidride carbonica (CO2). Un uso più razionale delle materie prime può contribuire a diminuire le emissioni di CO2.

Quali sono i vantaggi? Non solo ambientali e di sicurezza sul fronte dell’approvvigionamento. Grazie a misure come prevenzione, ecodesign e riutilizzo dei materiali, si stima per le imprese europee un risparmio netto di 600 miliardi di euro, pari all’8% del fatturato annuo, e una riduzione delle emissioni totali annue di gas serra del 2-4%. Non solo: si stima che nell’Ue, grazie alla circular economy, si possano creare 580.000 nuovi posti di lavoro. Vantaggi anche per i consumatori: il modello ‘circular’ infatti prevede la realizzazione di beni più durevoli e innovativi in grado di far risparmiare. Questo significa anche contrastare la cosiddetta ‘obsolescenza programmata’ e per questo la Commissione ha recentemente adottato nuove regole per incoraggiare i produttori a progettare pensando alla rigenerazione, al recupero e al riciclo, e il regolamento Ecodesign come misura per sostenere la riparabilità e la riciclabilità.

Il Pacchetto europeo sulla circular economy contiene obiettivi giuridicamente vincolanti per il riciclaggio e la riduzione dello smaltimento in discarica con scadenze prestabilite. Si chiama ‘Pacchetto’ perché comprende quattro direttive: imballaggi e rifiuti da imballaggio; discariche, pile e accumulatori; veicoli fuori uso e rifiuti elettronici. Due gli obiettivi comuni per l’Unione europea: riciclaggio di almeno il 55% degli scarti urbani entro il 2025, quota destinata a salire al 60% al 2030 e al 65% al 2035; e del 65% degli imballaggi per il 2025 (70% al 2030) con obiettivi diversificati per materiale. Le nuove regole riguardano anche le discariche e prevedono un obiettivo vincolante di riduzione dello smaltimento in discarica. Entro il 2035 al massimo il 10% del totale degli scarti urbani potrà essere smaltito in discarica. Il termine per il recepimento delle quattro direttive è fissato al 5 luglio 2020.

In Italia: l’End of Waste – Con l’obiettivo di ridurre gli scarti al minimo, utilizzandoli ancora come risorsa, tra le azioni intraprese dal governo c’è la norma sul cosiddetto ‘end of waste‘ che regola la cessazione della qualifica di scarto, che così, dopo la fase di riciclaggio, cessa di essere tale e torna ad essere ‘prodotto’ rientrando nel ciclo produttivo. Ad esempio, i ‘Pap’ (i prodotti assorbenti), il recupero degli pneumatici, carta e cartone, plastiche miste e residui da costruzione e demolizione. Sulla questione l’accordo è stato trovato nelle scorse settimane e riguarda in particolare a chi spetta decidere come e quando un rifiuto può essere invece utilizzato come materia prima: le Regioni, che rilasceranno le autorizzazioni (caso per caso sulla base dei nuovi criteri europei) mentre il ministero dell’Ambiente svolge un ruolo di controllo e viene istituito un “registro nazionale deputato alla raccolta delle autorizzazioni rilasciate”.

 

 

 

 

Adnkronos.

Exit mobile version