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Ucciso perché difendeva la sua terra e il suo popolo. Un’altra vittima del neoliberismo

A pochi giorni dall’ennesima morte di Juliàn Carrillo, attivista ambientale impegnato da anni nella tutela dei territori indigeni e della biodiversità messicana, il resoconto di Amnesty International denuncia decine di morti per la stessa causa

 

 Il Messico sta diventando uno dei luoghi più letali al mondo per gli attivisti ambientali. L’ultima vittima di un fenomeno fin troppo sottovalutato è Julián Carrillo, membro dell’organizzazione Alianza Sierra Madre e importante attivista per i diritti degli indigeni, il cui corpo è stato trovato con più ferite da arma da fuoco nello stato di Chihuahua lo scorso 24 ottobre. Carrillo aveva già ricevuto molteplici minacce di morte e negli ultimi due anni cinque membri della sua famiglia sono stati uccisi, così come numerosi altri membri di Alianza Sierra Madre, tra cui il vincitore del premio ambientale Goldman Isidro Baldenegro López. Secondo quanto dichiarato da Amnesty International, soltanto uno degli assassini è stato identificato dalla polizia e non sono stati effettuati arresti. L’uccisione di Carrillo è avvenuta poche settimane dopo che la sua comunità di Coloradas de la Virgen si sarebbe opposta a una concessione mineraria, che dicono si trovi nel loro territorio senza aver avuto il permesso.

L’uccisione degli attivisti ambientali è un fenomeno di cui finalmente, anche se da poco, si è iniziato a parlare, tanto che a marzo di quest’anno si è arrivati a un trattato internazionale, siglato in Costa Rica, che obbliga gli stati a “garantire un ambiente sicuro e favorevole per le persone, i gruppi e le organizzazioni che promuovono e difendono i diritti umani in materia ambientale”. Eppure, nonostante tutto, il Messico sta diventando sempre più un luogo di morte per gli attivisti ambientali, in particolare quelli nelle comunità indigene. Nel 2017, sono stati uccisi 15 difensori (quintuplicando il dato dell’anno precedente), spingendo la nazione dal 14mo al quarto posto nella triste classifica globale stilata dalla ONG Global Witness.

“L’omicidio di Julián è emblematico delle minacce che gli attivisti ambientali devono affrontare in tutto il Messico: l’imposizione dello sfruttamento delle risorse naturali alle comunità senza il loro consenso, la violenza diffusa alimentata dall’impunità e un’unità di protezione governativa che fallisce costantemente mettendo a rischio gruppi di attivisti nelle zone rurali”, ha commentato Ben Leather di Global Witness, che ha invitato il presidente eletto, Andrés Manuel López Obrador, a dare la caccia agli assassini, proteggere la famiglia Carrillo e affrontare le cause profonde dell’aumento del numero delle vittime.

Tra il dolore e la rabbia, c’è tristezza per la predita di un uomo definito come “insostituibile” nella lotta per i diritti degli indigeni e dell’ambiente. Isela Gonzalez di Alianza Sierra Madre ha detto che i suoi colleghi e la comunità speravano che la morte avrebbe spinto a indagare su come le minacce e le uccisioni siano legate alle compagnie minerarie, invece tutto per ora sembra tacere. La Gonzalez avrebbe incontrato funzionari governativi per chiedere la cancellazione delle quattro concessioni minerarie nel territorio, affinché gli autori e le menti dell’uccisione vengano consegnati alla giustizia, e una maggiore sicurezza per la comunità di Coloradas de la Virgen.

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