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Vita senza plastica? Marina lo fa da tre mesi e ci insegna che è possibile eccome

Una donna coraggiosa e perseverante racconta la sua esperienza di vita senza uso della plastica, che dura ormai da tre mesi. Una vera e propria sfida per l’uomo moderno, ma basta un pò di impegno e tutto diventa possibile

(Terra Nuova)

Marina Berro ha 54 anni, una figlia che studia fuori casa e un compagno con cui sta cercando una casa nel bosco. Intanto, negli ultimi tre mesi, ha portato a compimento un impegno che aveva preso con sé stessa e con l’ambiente: impegnarsi per eliminare sempre di più la plastica fino a farne a meno del tutto. Si sta impegnano e ce la sta facendo. Per ora sono tre mesi, ma, spiega, «perché fermarsi qui?».

Il sogno di Marina è di creare un cohousing dove vivere condividendo pensieri e azioni con altri. Si sposta preferibilmente a piedi e in bicicletta, in estate e in inverno. È vegetariana da 28 anni, ha cresciuto la figlia con giochi autocostruiti, abiti e oggetti di seconda mano, niente merendine né cibi confezionati, niente televisione, videogiochi e cellulare sino a 14 anni, tanti libri, incontri, relazioni  viaggi  e tournè da ricordare, fin da quando era piccolissima.

Marina, come ti è venuta l’idea di abbandonare la plastica e dimostrare che si può vivere senza?

«Tra giugno e luglio scorsi sono venuta a conoscenza della campagna di Greenpeace contro la plastica, della mobilitazione di Legambiente e di Marevivo contro le cannucce e mi sono sentita impotente di fronte a un disastro di questo tipo. Ma poi un mattino, di colpo, la voglia di una sfida: vivere senza plastica. Missione possibile o impossibile?  Sono partita fiduciosa e con un tempo definito: tre mesi. Non avevo ancora le idee molto chiare su come gestire l’avventura, ho optato per un diario quotidiano su cui per 92 giorni ho scritto, preso appunti, fatto riflessioni, registrato successi e insuccessi: quando sono caduta nella distrazione o nell’abitudine, quando invece sono riuscita ad auto produrre qualcosa o a essere davvero consapevole di ogni gesto della giornata e a dire plastica no grazie.

E una volta terminati i tre mesi?

Ho iniziato il 5 luglio 2018 e ho terminato l’esperimento il 5 ottobre, ma adesso che il gioco si fa duro la faccenda si fa più interessante e ovviamente continuerò. Ho iniziato l’autoproduzione di dentifricio, prodotto sgrassante, detersivo per i piatti, balsamo per i capelli. La sfida poi sta diventando una sana abitudine; tre mesi per cambiare registro e alzare le antenne su molte azioni quotidiane che compiamo  inconsapevolmente perché la testa è spesso altrove.

Quindi, Marina, tu confermi che è possibile vivere senza plastica?

Dopo due giorni di esperimento ho messo il primo paletto: era impossibile includere anche la sfera lavorativa. La sfida, almeno per i primi 3 mesi, avrebbe riguardato solo la mia vita privata. Naturalmente ho eliminato subito gli acquisti con la plastica. Al momento non sono ancora riuscita a eliminare completamente la plastica, perché ne siamo circondati, ma sto facendo continuamente progressi.  Sono da sempre molto attenta al tipo di acquisti che faccio, il più possibile a km 0, il meno possibile nella grande distribuzione; sono attentissima agli imballaggi, scelgo abbigliamento usato, mobili usati, eccetera. Ci si rende conto che la plastica è onnipresente. Un esempio? Prendetevi il tempo per un giorno di scrivere tutte le cose che toccate e che sono di plastica. Provare per credere. Il mio elenco di un giorno qualsiasi: sveglia, asse del WC, tappo e tubetto del dentifricio, bottiglia del latte detergente, tappo della crema, accendino, manici della pentola, manico del coltello, cellulare con cuffiette, computer, zaino, portafoglio, montatura degli occhiali, custodia occhiali, giacca a vento, scolainsalata, cassetta della frutta, colino, scolapasta, guanti per lavare, manici del frigorifero, parte interna del frigo, manopole del gas, posate con manico di plastica, automobile, forbici con manici di plastica , frullatore a immersione, tappo del latte, tappo dosatore per olio e aceto. Ma come si viveva prima della sua invenzione a metà degli anni ‘50? Me lo sono chiesta tante volte in questi mesi. In poco più di 50 anni abbiamo riempito il mondo di un materiale che impiegherà anche più di 1000 anni a scomparire o a trasformarsi in qualcos’altro. Incredibile.

Quale messaggio di incoraggiamento daresti a chi vuole impegnarsi in questa scelta?

Giorno dopo giorno mi rendo conto che non acquistare plastica è un vero e proprio impegno, in alcuni casi una fatica, in tanti altri implica una rinuncia vera e propria all’acquisto. Ma è un po’ come un gioco e non mi scoraggio anche se a volte mi è capitato di ritornare a casa con la plastica senza neppure essermene accorta. Difficile abbassare la guardia! E in vacanza? Ci mettiamo alla prova, partiamo attrezzati di contenitori di vetro, sacchetti di stoffa per la spesa, bottiglie di vetro da riempire. Al momento in casa stanno terminando le scorte dell’ultima spesa  di detersivi, pasta e riso, prodotti per l’igiene e mano a mano che finiscono mi rendo conto che la soluzione migliore è quella di  passare all’autoproduzione su molte cose; l’altra, sicuramente più comoda, è cercare di  acquistare prodotti sfusi. E grazie a un incontro fortuito, ho scoperto i Negozi Leggeri: si parte da casa  con barattoli e altri contenitori vuoti e si ritorna con la spesa fatta: dalla pasta alle spezie, dai legumi  al riso di ogni varietà, e ad ogni cosa che si possa immaginare.

Un bilancio?

Alla fine della prima parte di questa esperienza tiro le fila: 1) quasi impossibile non portarsi a casa la plastica se si fa una spesa improvvisata, quindi decidere prima quando, dove e cosa acquistare; 2) meglio non utilizzare nemmeno le bio-plastiche; fare monocolture di mais per produrre plastica biodegradabile mi pare un vero paradosso; 3) amo sempre di più il vetro. Sì quindi a pentole in vetro, tanti barattoli riciclati di ogni dimensione (vanno bene anche per congelare al posto dei sacchetti), contenitori in vetro per alimenti; 4) purtroppo usare il vetro per l’acquisto di prodotti freschi è molto difficile; occorre cercare piccoli negozi, possibilmente amici, a cui spiegare l’esperimento in corso e tra un “non si può” ed un “mmm….interessante”, ci si porta a casa il formaggio nel contenitore di vetro; 5) bandita, o quasi, la grande distribuzione; la plastica la fa da padrona ovunque, e anche nel caso di prodotti sfusi (pochi), si utilizzano quasi sempre sacchetti di nylon per impacchettare.

Quali suggerimenti ad una famiglia media per incominciare?

Si può iniziare a casa, in famiglia, a scuola, sul lavoro (prossima mia frontiera), da soli e in compagnia. Finiti i miei primi tre mesi ho digitato su internet “Vivere senza plastica si può?”. E… sorpresa: ho trovato tante esperienze in tutto il mondo, e poi artisti, scultori, registi, architetti, designer, tutti hanno questo sogno. Quindi, prendete spunto da esperienze già fatte, intraprendete l’avventura come un gioco, ma un gioco serio, come lo sono tutti i giochi che fanno i bambini. È divertente per esempio fare un inventario di tutte le cose che ci sono in casa di plastica, una caccia al tesoro per intenderci. Oppure fare una spesa normale mensile, settimanale o quotidiana e scoprire quanta plastica ci siamo portati a casa. Poi iniziare a prendere in considerazione che qualcosa sarà difficilissimo da sostituire, qualcos’altro richiederà solo un po’ di attenzione e di consapevolezza al momento dell’acquisto e che a qualcosa si può rinunciare. Divertente anche sperimentare tecniche di riutilizzo creativo e lanciarsi sull’autoproduzione. I bambini potrebbero essere i nostri migliori alleati; sensibili e attenti ci guiderebbero a fare le scelte giuste se tenuti al corrente dello sforzo che stiamo provando a fare. Il pianeta di domani sarà nelle loro mani; a noi il compito, oggi, di cercare di riparare in piccolissima parte ai danni già fatti.

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