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Gli impatti del Covid-19 sulla conservazione della natura

La crisi sanitaria causata dalla diffusione del Covid-19 potrebbe avere un impatto drammatico sulla conservazione della natura. Da una parte la riduzione dei finanziamenti dei governi alle aree protette e dall’altra il crollo del turismo in luoghi cruciali per la conservazione della natura, rischiano di aprire le porte a bracconaggio e altri crimini di natura. L’unico scudo il lavoro incessante dei ranger, oggi più difficile per il diffondersi dell’epidemia e per la mancanza di fondi.
Il lockdown causato dal Coronavirus, in molti paesi ha ridotto il disturbo prodotto dall’uomo, abbassando i livelli di inquinamento, emissioni e rumore. Ma questa crisi, potrebbe rivelarsi per i bracconieri e altri criminali un’opportunità senza precedenti: l’assenza di visitatori e la scarsità di risorse per i controlli rende habitat minacciati e specie in pericolo di estinzione più esposti ai loro interessi.

L’importanza dell’turismo per la conservazione della natura

Milioni di persone negli anni hanno visitato territori protetti, osservato animali e i loro habitat, condiviso esperienze e rafforzato il loro interesse per la natura. L’economia del turismo ha permesso così di finanziare aree protette, progetti di conservazione e sistemi di economie locali, cruciali per garantire un minimo di benessere alle comunità che contribuiscono alla gestione dei sistemi naturali. In alcuni paesi, infatti, il turismo dipende quasi esclusivamente dalla natura, soprattutto dalla fauna selvatica (World Bank, 2016): nelle sole aree protette genera annualmente un volume di oltre 850 miliardi di dollari tra spese dirette ed indotto, per quanto ampiamente sottostimato (Balmford et al. 2015). Il crollo dei flussi turistici verso la natura, se da una parte riduce alcune pressioni e disturbi sull’ambiente, dall’altra rischia di far saltare l’economia di molte aree protette che da questi dipendono. A rischiare la bancarotta non sono quindi solo mete iconiche come Venezia, ma anche luoghi a cui è affidata la conservazione di specie e di habitat: parchi nazionali, riserve, santuari, veri e propri patrimoni dell’umanità.

Il ruolo fondamentale dei ranger

In questa situazione di crisi delle aree protette, dovuta alla riduzione dei fondi dei governi e al crollo delle entrate del turismo, l’unico vero scudo contro i crimini di natura sono i ranger.
In prima linea per proteggere la natura ci sono infatti loro, i ranger. Uomini e donne che hanno scelto di dedicare la propria esistenza, spesso a costo della vita (nello scorso mese di aprile ne sono morti 12 nel parco del Virunga), alla conservazione di beni comuni cruciali, come specie in via d’estinzione e habitat minacciati. Sottopagati, lontani dai propri cari per gran parte dell’anno, spesso senza nessun tipo di assicurazione e con attrezzature ridotte, questi eroi della natura, a cui dobbiamo la sopravvivenza di specie che sarebbero altrimenti state spazzate via dal bracconaggio e dall’uso illegale, lavorano in condizioni estreme. Negli ultimi anni sono stati centinaia (oltre 100 nel solo 2018) i ranger, uomini e donne, uccisi mentre garantivano un servizio cruciale per tutti noi. Allo scoppio della pandemia, mentre una buona parte dell’umanità si è potuta rifugiare al sicuro nelle proprie case, i ranger sono rimasti sul campo.
Il WWF teme che, la riallocazione del budget e delle risorse da parte dei governi e degli organi di cooperazione di tutto il mondo per affrontare la pandemia, possa avere un drammatico impatto sul lavoro dei ranger, aumentando così il bracconaggio verso specie protette.

Gli effetti della pandemia

Il WWF ha constatato come a causa della pandemia ci sia già stata una riduzione del 30% del budget destinato ad alcune specifiche aree protette. Allo stesso tempo le pressioni verso risorse naturali, specie e habitat protetti,  è andato crescendo. Durante la pandemia infatti nel mondo si è assistito ad uno spostamento in massa dalle aree urbane a quelle rurali, con un aumento della pressione sui luoghi selvaggi e ricchi di natura. Molte di queste persone, in mancanza di alternative, utilizzano le risorse naturali per soddisfare i propri bisogni e per combattere la fame. In Sud America, in Russia e in altri paesi i ranger segnalano il preoccupante aumento delle persone che entrano nelle aree protette per la caccia e per la pesca.
Tutto questo si aggiunge all’azione dei bracconieri veri e propri che, avvantaggiati dalla riduzione dei controlli per il lockdown e dalla scomparsa dei turisti (che hanno comunque un effetto deterrente su bracconaggio e altri crimini di natura), possono intensificare i loro crimini.
Sono state già registrate drammatiche segnalazioni, dentro e fuori da aree protette, fra queste l’uccisione di ibis giganti in Cambogia, il bracconaggio di rinoceronti in Sud Africa o traffici di pangolini dall’Africa all’Asia.

A questi effetti già di per sé nefasti per il futuro di specie minacciate d’estinzione, si aggiunge il rischio di infezione della fauna selvatica da Sars-Cov-2. In particolare i primati, geneticamente a noi molto simili, potrebbero essere i soggetti più a rischio. IL WWF in particolare teme che, esattamente come anni fa successe con la diffusione di ebola, popolazione di grandi scimmie – come i gorilla di montagna – che ancora oggi combattono per la sopravvivenza, possano ammalarsi di COVID-19.

Proteggere i ranger per prevenire le pandemie

L’unica strada che abbiamo per proteggere la natura e quindi noi stessi, è sostenere il lavoro dei ranger, fermare il bracconaggio e l’orrendo commercio di animali selvatici che in molti casi lo genera.
Mentre la presenza sul campo del personale è resa difficile dalla diffusione della pandemia, ecco cosa possiamo fare:

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