Così quanto accaduto in Francia, similmente a quanto accaduto ad inizio 2017 (chiusura di impianto nucleare francese e richiesta di riaccensione della centrale a carbone di Genoa) diviene un comodo alibi per continuare a usare il carbone e andare sui giornali. Invero la centrale di Spezia è operativa e nel solo 2018 ha emesso 1.928.640 t CO2. Il country manager Enel per l’Italia, Carlo Tamburi, ha annunciato a giugno di voler chiedere l’uscita della centrale nel 2021. Del resto, l’impianto è vetusto e ottenere tale proroga sarebbe stato comunque molto difficile, anche secondo le normative europee. Tant’è che nel frattempo a Enel è stato richiesto di abbassare sensibilmente i livelli di inquinamento dell’aria da qui alla dismissione, quindi la produzione.
Posto che sono anni che l’eventuale problema di rischio carenza di energia sul nodo ligure viene annunciato, ci sarebbe da chiedersi come mai nulla sia stato fatto nel frattempo per incrementare la produzione da fonti rinnovabili, realizzare sistemi di accumulo e, allo stesso tempo, perché non si usano maggiormente altri impianti a gas liguri esistenti e operativi; nel caso di Spezia, poi, si è arrivati all’assurdo di autorizzare la dismissione di un ciclo combinato a gas tenendo aperta la più inquinante unità da 600 MW a carbone.
In questo quadro, ci stupisce molto la posizione dei sindacati elettrici locali, fino a pochi mesi fa convinti della necessità di avviare celermente le alternative di sviluppo e occupazionali, tanto più che sanno benissimo che l’eventuale peaker a gas avrà livelli di occupazione irrisori.
Non è positivo, nemmeno per l’occupazione, che invece di accelerare sulla strada della transizione energetica fondata su rinnovabili, accumuli, reti intelligenti, si decida di cogliere ogni occasione per arroccarsi sul vecchio modello di produzione energetica fondata sui combustibili fossili, i principali responsabili dei cambiamenti climatici in atto. La comunità scientifica internazionale ci dice che il tempo per cambiare rotta è quasi esaurito, i dati ci dicono che l’Italia sta perdendo competitività perché la transizione non è abbastanza veloce, chiara e continua. Ci aspettiamo coerenza da parte di tutti.