Da MYLAV, laboratorio di analisi veterinarie con un’esperienza ventennale, un’utile guida con tutto (o quasi) quello che c’è da sapere quando si vive in un condominio con i propri amici a quattro zampe, cane o gatto che sia.
Gli animali in condominio, ma anche nelle villette a schiera e in altre tipologie di abitazioni, non sono sempre stati i benvenuti. Vuoi perché abbaiano troppo, vuoi perché rovinano il verde o emanano cattivi odori, i vicini che litigano fra loro o che si lamentano con l’Amministratore di condominio sono molto più frequenti di quello che si potrebbe immaginare. Per fare il punto sulla situazione, anche alla luce dei cambiamenti alla legge avvenuti nel 2021, MYLAV (www.mylav.net) – laboratorio di analisi veterinarie – offre una breve guida con tutto (o quasi) quello che c’è da sapere in materia di regole condominiali.
Cosa dice la legge
Proprio lo scorso anno, è stata emanata una nuova legge (Riforma del Condominio Legge 220/2012) che ha modificato la normativa che definisce il possesso di animali domestici all’interno di un condominio. Grazie a quest’ultima, i regolamenti condominiali non possono più vietare di tenere un animale (cane o gatto che sia) nel proprio appartamento. Vi è solo un caso in cui è possibile vietare all’inquilino di portare il proprio cane nell’appartamento: quando vi è un contratto di locazione.
Se, quindi, gli animali ora sono ammessi in ogni condominio, è opportuno però precisare che ci devono sempre essere delle regole, in primis di rispetto degli spazi e dei diritti altrui. Ogni cane che si trova negli spazi comuni, come ad esempio i giardini condominiali, deve sempre essere provvisto di guinzaglio e il suo padrone deve avere con sé la museruola, facendola indossare all’animale in caso di necessità (in ascensore, invece, la museruola è obbligatoria sempre). Opportuno precisare che bisogna sempre essere dotati di sacchettini igienici per rimuovere gli escrementi del cane.
L’abbaiare del cane
L’abbaiare dei propri amici a quattro zampe è uno di quei casi in cui non è possibile fare riferimento a una legge chiara e univoca, perché molto dipende dalle sfumature del singolo caso ma anche dalla sensibilità del giudice che lo valuterà. Però, ci sono almeno un paio di norme date dal buon senso che nella maggior parte dei casi permettono di evitare fastidiosi e dispendiosi grattacapi.
Partiamo col dire che impedire al cane di abbaiare è considerata, a giusta ragione, una forma di maltrattamento. I vicini di casa non potranno quindi richiedere di farlo. Tuttavia, il proprietario deve dimostrare di aver fatto il possibile per limitare i rumori: da un punto di vista strutturale, per citare un esempio, ponendo dei pannelli insonorizzanti sulla porta di ingresso, e dal punto di vista “educativo”, limitando al massimo le fonti di stress e i cosiddetti “trigger”, gli attivatori, che portano il cane ad abbaiare (ad esempio gestualità, comportamenti, suoni costanti nei tempi e modalità che pre-allertino il cane dell’inizio di una attività di gioco o dell’ora del pasto o di una uscita di casa per fare la passeggiata).
Quali animali è possibile tenere in condominio?
A dispetto di quanto si possa pensare, non sono solo gli animali a rischio di estinzione o pericolosi che non si possono detenere nella propria abitazione, ma anche quelli più comuni. Se si vive in città, ad esempio, una semplice gallina tenuta nel proprio giardino per avere l’uovo fresco tutti i giorni potrebbe mettere i proprietari seriamente nei guai. Tre i diversi ambiti normativi a cui sono soggetti i pollai domestici per autoconsumo (pollaio per uso familiare): la normativa (nazionale) finalizzata al monitoraggio dello stato di salute della popolazione avicola: punto di vista veterinario; la normativa (comunale) finalizzata all’igiene e sanità pubblica: punto di vista della salute umana (dei detentori stessi e di tutti i cittadini residenti nel Comune); la normativa (comunale) in materia di edilizia: solo nel caso in cui siano realizzate opere in muratura o strutture (anche in legno) con dimensioni e copertura tali da costituire cubatura.
Molta più attenzione bisogna porla quando si parla di animali esotici. La loro detenzione è, infatti, regolamentata da numerose leggi, che derivano principalmente da un accordo sul commercio internazionale di specie a rischio di estinzione (Convention on International Trade of Endangered Species- CITES), chiamato anche Convenzione di Washington, dal nome del luogo in cui è stato sottoscritto, nel 1973. Il CITES è un accordo internazionale tra Stati, che ha lo scopo di proteggere piante ed animali minacciati di estinzione, regolando e monitorando il loro commercio.
Quando si desidera, infatti, detenere in casa un animale non domestico bisogna fare richiesta al Ministero dello Sviluppo Economico: le specie protette sono circa 36.000, suddivise in tre elenchi (Appendici) secondo il grado di protezione di cui necessitano (molti animali tuttavia sono protetti, e quindi non detenibili). Per il possesso di animali esotici si deve, inoltre, conoscere, la normativa regionale, che varia a seconda della Regione di appartenenza.
L’Italia ha poi emanato anche la legge n. 150/1992, con la quale sono state definite le pene a carico di chi non rispetta le regole di tutela previste. Si tratta di sanzioni severe, di tipo penale, che comprendono l’arresto. In aggiunta, con questa legge è stata vietata la detenzione di specie che costituiscono pericolo per la salute e per l’incolumità pubblica.
Attenzione, però, a cosa considerate esotico o pericoloso. “Avete presente la tartaruga Trachèmis scripta elegans? Forse il nome non vi dice niente, ma se vi dicessimo che è comunemente nota come “Tartaruga dalle orecchie rosse”? Stiamo infatti parlando della più classica delle tartarughe casalinghe, quella con le due bande rosse ai lati della testa – spiegano gli esperti di MYLAV – Queste testuggini americane sono state in passato importate, allevate e detenute in grande abbondanza nel nostro territorio. E spesso, incautamente abbandonate. Come i gamberi della Louisiana, queste tartarughe si sono riprodotte in maniera incontrollata e grazie alla relativa assenza di predatori nella loro catena alimentare sono state un grave danno per flora e fauna italiane.
L’abbandono degli animali non è solo deplorevole, ma anche estremamente pericoloso, non solo per l’animale stesso, ma anche per l’intero ecosistema.
Cosa fare in caso di separazione tra proprietari di animali?
In generale, quando la coppia proprietaria di un animale si separa, è fondamentale prediligere il benessere dell’animale, favorendo la custodia del proprietario che più di altri è stato punto di riferimento per l’animale stesso. Oppure affidando l’animale al proprietario cui è stato affidato il figlio (nel caso ve ne sia uno), aumentando il benessere sia dell’animale che del bambino o della bambina.
Si sa però bene che non sempre queste cose finiscono in maniera consensuale. In tal caso la legge non è del tutto chiara e molto dipenderà dalla sensibilità del giudice. “Fino ad oggi le strade percorse sono state principalmente due. La prima è l’affido condiviso: il cane o il gatto sono affidati ad entrambi i proprietari, che lo accudiranno a turno. La seconda è l’affido ad uno dei proprietari, dando la possibilità all’altro di poterlo visitare in determinati momenti prestabiliti” concludono gli esperti.
Il podcast “Amici Animali”
MYLAV ha realizzato un podcast dedicato ai proprietari di animali, si chiama “Amici Animali”. Curiosità, approfondimenti e consigli pratici, con il prezioso supporto di Medici Veterinari e professionisti del settori, per conoscere da vicino il mondo animale e il profondo legame che si crea con la famiglia umana: https://saluteanimale.net/#podcast