L’Italia ha paura della peste suina africana. Quando pochi giorni fa sono stati trovate le carcasse di tre cinghiali morti (ora diventati quattro) e si è scoperta la causa, è iniziato subito un susseguirsi frenetico di appelli, di prese di posizione, di allerta, di provvedimenti per informare cacciatori turisti e più in generale i cittadini invitandoli a segnalare qualsiasi anomalia in modo da evitare che la malattia si estenda. C’è di più, il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli e quello della Salute, Roberto Speranza, hanno firmato un’ordinanza in cui vietano le attività venatorie nelle zone infette del Piemonte (in 78 comuni) e della Liguria (36) in un’area che coinvolge in totale 114 comuni. Nelle stesse zone è stata vietata la raccolta di funghi e tartufi, la pesca, il trekking e persino la mountain bike, tutte attività in grado di provocare interazioni con gruppi di cinghiali infetti che potrebbero spostarsi in altre zone.
Premesso che la malattia non si trasmette agli esseri umani, il rischio è che la peste si diffonda in altri territori con una forte presenza di allevamenti suini come Lombardia e l’Emilia-Romagna e generare un danno enorme per l’economia italiana. Il contagio avviene attraverso animali malati che eliminano il virus con la saliva, le urine e le feci. Il decesso avviene dopo 1-3 settimane. Il virus però può resistere alcune settimane nella carne refrigerata e molti mesi in quella congelata, può ritrovarsi nei prosciutti ed insaccati dopo brevi periodi di stagionatura. Il virus può essere presente anche negli scarti di cucina e nelle discariche non controllate e contagiare altri suini e cinghiali. I focolai di peste suina africana hanno ripercussioni devastanti: basta dire che dal 2016 sino al giugno del 2020 l’Europa ha perso 1,3 milioni di capi.
Nel 2014 è iniziata un’epidemia di Peste suina in alcuni Paesi dell’Est dell’UE e in Cina, dove milioni di capi sono stati abbattuti per arginare l’epidemia. Tra il 2016 e il 2020 si stima in Europa una perdita di 1,3 milioni di suini per lo più abbattuti nel tentativo di contenere i contagi. Da allora la malattia si è diffusa in altri Stati Membri, tra cui Belgio e Germania. In ambito internazionale la peste suina ha interessato oltre Cina, India, Filippine e diverse aree del Sud-Est asiatico, raggiungendo anche l’Oceania. In Italia la data ufficiale di inizio è il 7 gennaio 2022 quando viene riscontrata la positività alla Peste suina africana in un cinghiale trovato morto in Piemonte, nel Comune di Ovada, in provincia di Alessandria. Prima in Italia la malattia era presente unicamente in Sardegna, dove negli ultimi anni si registra un costante miglioramento, tant’è che il virus riscontrato in Piemonte è geneticamente diverso da quello circolante in Sardegna, e corrisponde a quello presente in Europa da alcuni anni.
Non esiste una cura particolare contro la Peste suina africana l’unica cosa possibile è mettere a punto protocolli per prevenire la diffusione e tentare di arginare il virus. La contaminazione può essere diretta, tra animali selvatici e domestici, oppure indiretta attraverso la dispersione del virus nelle carcasse dove resta per mesi anche durante le stagioni fredde. Il contagio avviene per contatto fra gli animali infetti, oppure attraverso la puntura di insetti o di vettori, come zecche, ma può verificarsi anche per trasmissione indiretta legata a cibi o oggetti contaminati. Gli esemplari che superano la malattia possono restare portatori del virus per oltre un anno, così come si pensa che il virus possa resistere in alcuni casi anche nella carne congelata. È importante non disperdere nell’ambiente residui di carne di maiale fresca o stagionata e non portare alimenti da paesi terzi. In caso di presenza di carcasse abbandonate anche in avanzato stato di decomposizione occorre avvisare rapidamente i servizi veterinari, i carabinieri forestali o la polizia provinciale.
La Commissione europea pochi giorni fa ha esteso i movimenti di partite di suini domestici e dei relativi prodotti che provengano da tali zone con decorrenza immediata fino al 7 aprile 2022, in attesa di conoscere gli esiti delle misure speciali di controllo..
In Italia si allevano quasi 9 milioni di maiali e le associazioni di categoria sono molto preoccupate per la possibile diffusione che potrebbe provocare il blocco delle esportazioni e creare gravi problemi al mercato. L’unico sistema per fermare la pandemia consiste nell’abbattimento degli animali presenti negli allevamenti dove si riscontrano i contagi. Gli allevatori di maiali devono adottare tutte le misure necessarie per evitare l’ingresso della Peste suina africana nei capannoni attraverso contatti con animali selvatici o tramite persone e mezzi di trasporto. La circolazione di persone negli allevamenti deve essere limitata al massimo è fondamentale la disinfezione delle attrezzature: vestiti, fucili, mezzi di trasporto, attrezzature e i veterinari devono prestare attenzione ad ogni caso sospetto negli allevamenti e negli impianti di macellazione.
FONTE: IL FATTO ALIMENTARE https://ilfattoalimentare.it/peste-suina-africana-allevamenti-maiali-cinghiali.html