Albrecht Dürer, Giuda e Tamar (la richiesta d’amore), 1495 circa, incisione a bulino, 139 X 150 cm. Courtesy Musei Civici di Bassano
Palazzo Sturm accoglie infatti il Museo Remondini, uno dei pochi e tra i più ricchi in Europa, dedicati all’arte della stampa. La dinastia bassanese rappresentò infatti un vero colosso industriale che fece la sua fortuna puntando sull’originalità, sulla qualità e sull’export, su incisioni che imposero modelli iconografici contribuendo a conferire immagine visiva pressoché universale a racconti, luoghi, culti.
Di questo immenso patrimonio e della mostra che avrà luogo fino al 30 settembre, abbiamo parlato con Chiara Casarin, direttore dei Musei Civici di Bassano del Grappa.
Il 20 aprile ha aperto i battenti la mostra “Albrecht Dürer. La collezione Remondini” che accoglierà i 214 Dürer presenti a Bassano (delle 260 incisioni realizzate dall’artista nel corso della sua vita) appartenenti ad una delle due più importanti collezioni al mondo di incisioni del maestro tedesco. Cosa significa per la città e per i musei civici di Bassano ospitare questo appuntamento?
“È un’occasione importante non solo di valorizzazione del patrimonio al pubblico, ma anche di studio di questo patrimonio, dal momento che la schedatura completa delle incisioni non era mai stata effettuata né pubblicata su un catalogo. (La mostra, a cura di Chiara Casarin in collaborazione con Roberto Dalle Nogare, è accompagnata da un catalogo con testi di Chiara Casarin, Bernard Aikema, Giovanni Maria Fara, Elena Filippi e Andrea Polati ndr). Una mostra del genere non era mai stata allestita a Bassano, pur essendoci questa collezione da molto tempo. Negli anni Sessanta e Novanta erano stati organizzati piccoli momenti espositivi con una selezione di piccole opere di Dürer affiancate a quelle di altri artisti. Per la città di Bassano si tratta di un appuntamento importante, sia perché è la primissima occasione per mostrare questo immenso patrimonio di opere, sia perché è stata realizzata in concomitanza con la presentazione del restauro di Palazzo Sturm. Tutte le opere di Dürer – come la Melancolia, La Grande Fortuna, o il frontespizio dell’Apocalissse, tanto per citare le più note – saranno mostrate al pubblico tutte insieme.
Come sono arrivate queste opere a Palazzo Sturm?
“La collezione Remondini è un corpus unico proveniente da una donazione fatta nel 1859 da Giambattista Remondini, ultimo rappresentante della stirpe dei Remondini che, alla sua morte, decise di lasciare alla città di Bassano, con un lascito testamentario, tutta la collezione di famiglia che conta circa 8520 opere. Di queste, 214 sono originali di Dürer. Ci sono i paesaggi, i ritratti, ma anche serie complete come quella dell’Apocalisse, della Grande Passione, della Vita di Maria”.
A fondare la tipografia verso il 1660 era stato il padovano Giovanni Antonio Remondini. Nel 1700 possedeva ben 18 macchine tipografiche, 24 torchi per la stampa in rame e due per le carte a fiori, quattro cartiere e una fonderia di caratteri. La sua produzione di immagini sacre e cavalleresche, le vedute di città, le carte da gioco, gli animali, i soldatini da ritagliare, i ritratti e i calendari, viaggiava dall’Europa alla Russia sino in America grazie a una rete di agenti che, partendo dalle vallate del bassanese, percorreva migliaia di chilometri, proponendo di casa in casa, le immagini dei Remondini. Di questa straordinaria vicenda rende conto il Museo che in Palazzo Sturm dedicato a questa eclettica famiglia di collezionisti che, oltre a produrre immagini, setacciò l’Europa anche per raccogliere le migliori opere dei grandi maestri dell’incisione, da Dürer a Rembrandt, da Tiepolo a Piranesi.
Come è stato concepito l’allestimento della mostra?
“L’allestimento è stato pensato suddividendo le opere in due grandi gruppi: da un lato le xilografie, dall’altro tutte le incisioni realizzate ad acquaforte o a bolino. Abbiamo cercato di mantenere composti i due gruppi dal punto di vista tecnico, ma allo stesso tempo abbiamo voluto mantenere riunite tra loro le incisioni che fanno parte delle medesime serie. Le incisioni delle Storie di Maria sono ad esempio tutte raccolte in teche ordinate in senso cronologico. Man mano che acquistavano le opere, i Remondini incollavano le incisioni su cartoni. E vi incollavano non solo le opere di Dürer, ma anche quelle di altri incisori. Ad esempio il Sant’Antonio di Dürer compare accanto a quello di altri artisti. Ed è per questo che, in fase di allestimento, abbiamo realizzato una serie passepartout che aprono delle finestre solo laddove ci sono delle opere dell’incisore tedesco, mascherando tutte le altre”.
Dopo la mostra dove saranno collocate le opere? È prevista una proroga dell’esposizione?
“Le incisioni sono conservate nel Gabinetto delle stampe e dei disegni, dove saranno riposizionate subito dopo l’esposizione. Per necessità conservative della carta, non possono essere esposte per più di quattro mesi e pertanto dopo la mostra torneranno nelle loro cartelle di provenienza. Nel caso particolare di questa mostra, però, forse riusciremo a ottenere una proroga. E questo grazie a iGuzzini, il nostro partner tecnico, che ha studiato appositamente per noi un impianto di illuminazione che consente alle opere su carta di essere esposte per molto più tempo rispetto ai quattro mesi consentiti per legge. Questa moderna tecnologia permette infatti di monitorare quante ore luce assorbe ogni singolo foglio grazie a un rilevatore di presenza. Dimostrando che, per la maggior parte del tempo, le opere sono rimaste al buio, potremo chiedere una proroga, mi auguro, fino a natale”.
Una delle incisioni più popolari e rappresentative presenti in mostra è il “Rinoceronte”. Intorno a questa famosissima opera lei ha voluto offrire ai visitatori un focus che, da un lato ne rievoca la vicenda, e dall’altro percorre la fortuna che quell’incisione ebbe nei secoli. In che modo?
“La xilografia, cioè un’incisione su matrice lignea, del celebre Rinoceronte, è collocata nella prima sala, subito dopo un ritratto di Dürer. È stata realizzata nel 1515, ma si dice che l’artista non abbia mai visto dal vivo l’animale. Partito dalle Indie per essere offerto in dono all’imperatore Massimiliano I, arrivò a Lisbona da dove avrebbe dovuto raggiungere Roma. Sfortunatamente, di fronte alle coste della Liguria, la nave che lo trasportava affondò e l’animale non riuscì a salvarsi. Una lettera, intercettata da Dürer, descriveva questa vicenda. Dalla descrizione l’artista ne ha tratto questa immagine. Da allora tutti i maestri che hanno voluto affrontare il tema del rinoceronte, da Raffaello a Stubbs, da Salvador Dalì sino a Li-Jen Shih – si sono confrontati con quello celeberrimo di Dürer”.
Dürer visitò mai Bassano?
“Secondo le recenti teorie, Dürer avrebbe effettuato solo un viaggio in Italia, ovvero il secondo. Durante questa tappa avrebbe incontrato un Bellini ormai anziano che parlò di lui in toni entusiastici. I paesaggi montani che si intravedono nell’incisione della Grande Fortuna farebbero pensare che l’artista sia entrato in Italia passando da Trento e quindi anche da Bassano. Non ci sono tuttavia incisioni che ritraggono esplicitamente il paesaggio del Brenta o di Bassano. Anche se lo skyline delle colline ritratte è molto simile a quello che si potrebbe incontrare percorrendo la Valsugana”.
Una delle sale più importanti del Museo Civico di Bassano del Grappa è legata al nome di Antonio Canova ed accoglie le opere del grande scultore, donate al museo dal fratellastro Monsignor Giambattista Sartori Canova e da Pietro Stecchini. In occasione della grande mostra al Museo Archeologico di Napoli, avete concesso in prestito qualche opera del maestro?
“Sono moltissime le opere prestate al MANN. Parliamo di una quarantina di disegni, di 5 monocromi e di diverse incisioni. Il Museo di Bassano fa parte del comitato scientifico della mostra “Canova e l’antico” anche per questo grande, importante prestito”.
Quali sono i prossimi appuntamenti ai Musei civici di Bassano?
“Il 31 maggio inaugurerà presso la Galleria Civica del Museo la mostra della Biennale dell’Incisione e Grafica contemporanea che quest’anno è stata partecipatissima. Sono state 300 le opere candidate a partecipare al premio. Ne abbiamo selezionato un centinaio”.
Sul fronte Canova quali sono le prossime novità?
“A giugno uscirà il volume su Antonio Canova che racconta l’intero progetto di digitalizzazione, scansione e realizzazione dei facsimili di alcune opere del maestro, al centro di uno studio condotto negli ultimi tre anni”.
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