MIAC, Sala Maestri. Foto: © Cristina Vatielli. Courtesy NONE collective
Un viaggio immersivo che seduce l’ immaginario collettivo, attraverso le lenti del cinema, della televisione, fino alla tecnologia digitale della realtà virtuale e aumentata e del videogioco, conduce il visitatore tra le sale del MIAC, in mezzo a un’architettura brillante che disegna pilastri e cieli di luce.
Il nuovo Museo Italiano dell’Audiovisivo e del Cinema, che aprirà al pubblico negli Studi di Cinecittà a partire dal prossimo dicembre, è il primo museo multimediale e interattivo e immersivo interamente dedicato al genere nella capitale. Ma è soprattutto un percorso che descrive la crescita tecnologica dell’Italia. Voluto e finanziato dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, il percorso del MIAC si sviluppa in 12 ambienti principali su uno spazio di 1650 metri quadri suddivisi in aree tematiche.
Ogni sala esplora un tema, attraverso i materiali visivi e sonori accompagnati da apparati testuali.
A comporre la spina dorsale del MIAC c’è la Timeline, una parete di oltre trenta metri in cui attraverso un sorprendente graffito animato è possibile leggere, vedere, toccare date ed eventi della storia dell’audiovisivo in Italia, dal pre-cinema a oggi.
Il progetto del Museo Italiano dell’Audiovisivo e del Cinema, a cura di Gianni Canova, Gabriele D’Autilia, Enrico Menduni e Roland Sejko, è anche un importante intervento di rigenerazione edilizia. Il complesso originario, realizzato nel 1937 e destinato a laboratorio di sviluppo e stampa, laboratorio meccanico, deposito pellicole, dopo essere stato ristrutturato nel 1975, è stato valorizzato e riconvertito attraverso una nuova distribuzione spaziale.
Storia, Lingua, Potere, Musica, Paesaggio, Eros, Commedia, Lingua, Maestri sono i grandi “contenitori” che scandiscono il percorso. L’ultima sala, dedicata al Futuro, è una stanza ricoperta di specchi, priva di riferimenti dimensionali, in cui scie luminose dialogano con una colonna video centrale. Una scatola di specchi che crea infinite riflessioni come a sottolineare che il futuro altro non è che il modo in cui si guarda a esso.