Palermo – L’esperienza artistica di Renato Mambor dialoga con le stanze di Villa Zito attraverso una selezione di quaranta opere pittoriche, sculture, fotografie che ritraggono la performance del maestro della Scuola romana di Piazza del Popolo in pieno clima “BodyArt”.
Fino al 15 luglio l’elegante dimora del commerciante di agrumi Francesco Zito Scalici, che acquistò l’edificio nel 1909, accoglie un percorso incentrato su etica ed estetica, fuse fin dal principio nell’opera di Mambor, postasi da sempre come un manuale per l’educazione della vista e un dispositivo capace di trasformare le persone attraverso l’esperienza con i suoi lavori.
Promossa dalla Fondazione Sicilia su un progetto di Marzia Spatafora, e a cura di Alberto Dambruoso, A tutto Mambor. L’arte di osservare racconta l’artista e performer che non ha mai abbandonato il teatro, pur continuando ad avere un ruolo di primo piano nel dibattito artistico, ripercorre i linguaggi di colui che, con Schifano, Angeli, Festa, Tacchi, Lombardo, Fioroni, Pascali, Mauri, Baruchello, Ceroli, Patella e Kounellis, ha attraversato l’intero decennio partecipando al clima di rinnovamento dell’arte dopo il periodo Informale.
Dopo aver inizialmente aderito anche al clima concettuale tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta, Mambor si dedicò a lungo al teatro d’avanguardia per ritornare, a metà degli anni Ottanta, all’attività espositiva che non abbandonerà più fino alla sua scomparsa. La ricerca di contatto con lo spettatore e il ricorso a figure lontane dall’immaginario artistico sono temi ricorrenti nella sua arte.
“Uno dei trait d’union tra le ricerche degli anni Sessanta e le opere degli anni Ottanta, Novanta e Duemila – spiega il curatore della mostra Alberto Dambruoso – è rappresentato dalla silhouette umana che da bidimensionale diventa tridimensionale, trasformandosi da sagoma semaforica standardizzata a sagoma dell’artista stesso”.
Tra i pezzi più rappresentativi della mostra, la serie di undici pannelli dal titolo “Diario degli amici” realizzata nel 1967 da dieci compagni di strada dell’artista romano. A ciascun amico – Boetti, Tacchi, Mauri, Icaro, Ceroli, Mattiacci, Marotta, Pascali, Pirelli, Remotti e Maini – Mambor aveva assegnato un pannello sul quale stendere la propria cifra stilistica. A quarant’anni di distanza dal primo, l’artista realizzò, nel 2007, un nuovo diario caratterizzato da dieci elementi, quattro dei quali si trovano in mostra a Villa Zito, riprendendo l’idea iniziale di un modulo compositivo eseguito questa volta autonomamente.
Sviluppando, a partire dall’inizio della sua attività artistica, un discorso finalizzato al contatto diretto con lo spettatore, l’artista assorbiva a sé il ruolo del suggeritore, di indicatore di possibili realtà da cogliere o inquadrare sotto una diversa ottica. “Guardare una cosa – spiegava Mambor – è questione di accomodarla nel suo contesto abituale e di riconoscerla per quello che abbiamo imparato che è. Vederla è questione di inquadrarla in modo del tutto nuovo, del tutto fuori contesto”.
Leggi anche:
• A tutto Mambor. L’arte di osservare
• Renato Mambor. Connessioni invisibili