La Reggia di Colorno, in cui è in corso fino al 11 aprile 2023 la mostra di Nino Migliori, L’arte di ritrarre gli artisti, continua a proporre le esperienze sia di autori, italiani e internazionali, che hanno adottato la fotografia come linguaggio elettivo, sia di artisti che, pur non avendo un rapporto esclusivo con l’immagine fotografica, hanno ritenuto importante utilizzarla per comunicare ciò che intendevano esprimere. È il caso di Ugo Nespolo, pittore e artista, esploratore di ogni mezzo espressivo (tra cui non si possono dimenticare il cinema e quella che, spesso sommariamente, viene definita “arte applicata”), che presenta alla Reggia le fotografie da lui scattate a New York nel corso degli anni ottanta e novanta.
Nespolo è a New York già negli anni sessanta: l’America è un mito e Ugo vi si reca con voli aerei low cost, attraversando gli Stati Uniti su un autobus delle linee Greyhound (quando con 200 $ si poteva viaggiare ovunque per un mese). Nespolo sente che là ci sono molte cose che lo interessano, compresa la cultura Pop. Da allora, torna varie volte negli Stati Uniti; amico fraterno di George Litto, produttore cinematografico e talent scout, sta per mesi sul set di film di Robert Altman e di Brian De Palma. Già negli anni ottanta abita a New York, frequenta assiduamente il Village; acquista una casa davanti alle Torri Gemelle.
Le quaranta fotografie esposte a Colorno, scelte tra le centinaia che sono nel suo archivio, sono state scattate da Nespolo tra il 1981 e il 1997 nella Grande Mela. Quasi ogni giorno lui “vaga” per alcune ore negli antri e nelle strade di New York, soprattutto nel Sud Manhattan, e fissa con una piccola Leica ciò che lo colpisce, in particolare i graffiti che cominciano ad apparire sui muri, le vetrine dei negozi, gli interni delle gallerie e dei musei (immagini che poi transiteranno nei suoi dipinti). New York vive all’epoca l’esplosione del graffitismo: autori autodidatti, che si considerano artisti, impregnati della cultura del ghetto; Nespolo conosce Rammelzee e Keith Haring, che disegna nelle metro, e ammira Richard Hambleton, il “maestro della minaccia”, come viene definito per le sue inquietanti ombre nere. È, all’epoca, New York un luogo straordinario, ricco di fermenti e di tensioni: Nespolo ama il jazz, frequenta le discoteche, come il Palladium; è per lui naturale immergersi, sempre accompagnato dalla Leica, in quel mondo che sta cambiando, anche attraverso le migrazioni delle attività (a partire dalle gallerie d’arte) da un quartiere all’altro.
Le fotografie di Nespolo esposte nella Reggia di Colorno documentano quegli anni mitici a New York e, la scelta dei soggetti e delle inquadrature da lui compiuta all’epoca aiutano a comprendere alcune radici della stessa sua attività di pittore.
La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Skira, che ripropone la presentazione di Furio Colombo per l’esposizione personale tenuta da Nespolo a New York nel 1983 – molti dei dipinti presentati nell’occasione sono esplicitamente legati alle fotografie di vetrine e interni – e un testo e un’intervista a Nespolo di Sandro Parmiggiani, curatore della mostra alla Reggia di Colorno, oltre alle quaranta fotografie che compongono l’esposizione.
Ugo Nespolo nasce a Mosso Santa Maria (Biella) nel 1941. Si laurea in Lettere Moderne all’Università di Torino e poi si diploma all’Accademia Albertina di Belle Arti della stessa città, dove tuttora vive e lavora. Tiene le prime mostre personali nel 1966 e da allora numerosissime sono le sue esposizioni, sia personali sia di gruppo, in tutti i continenti del mondo, in musei e spazi pubblici e in gallerie private – tra queste, ricordiamo la Galleria Schwarz di Milano. L’ultima mostra pubblica è quella tenutasi nel 2019 al Palazzo Reale di Milano. Fin dall’esordio Nespolo è protagonista, pur con una poetica assolutamente personale, dei movimenti di avanguardia dell’epoca (Fluxus, Concettuale, Arte povera), e presto inizia a cimentarsi con quello che è ormai riconosciuto come il suo mondo del tutto peculiare – interni domestici e museali, paesaggi urbani, personaggi del fumetto e dei miti collettivi, numeri, lettere, note musicali, declinati in molte tecniche e attraverso i materiali più diversi. Nespolo è pittore, scultore (anche ricorrendo alla ceramica e al vetro), autore di scenografie teatrali e soprattutto di film sperimentali, che inizia a realizzare nel 1967 – dopo l’incontro con Jonas Mekas, P. Adams Sitney (storico del cinema d’avanguardia americano), Andy Warhol, Yoko Ono – e che ha continuato a produrre fino ad oggi, con talvolta attori reclutati tra gli amici artisti (Enrico Baj, Lucio Fontana, Michelangelo Pistoletto, Alighiero Boetti, Mario Merz, tra gli altri). Ai suoi film sono stati dedicate rassegne speciali al Centre Pompidou di Parigi, alla Tate Modern di Londra, alla Biennale di Venezia. È stato esponente di punta, con Baj, della Patafisica (“la scienza delle soluzioni immaginarie”) italiana e ha tenuto verso la fine degli anni Sessanta vari concerti Fluxus con Ben Vautier.
Enfant terrible dell’arte italiana, ha pubblicato con assiduità articoli su quotidiani e riviste, e saggi, in particolare sull’estetica e sul sistema dell’arte, del quale ha spesso fustigato i costumi – ricordiamo i recenti Maledette Belle Arti (Skira, Milano 2019), Per non morire d’arte (Einaudi, Torino 2021) e Vizi d’arte (Skira, Milano 2022, a cura di Sandro Parmiggiani e con prefazione di Alberto Manguel). Il 29 gennaio 2019 gli è stata conferita la laurea honoris causa in Filosofia all’Università degli Studi di Torino.