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Dal Centre Pompidou al Museo Russo di San Pietroburgo: l’arte dal mondo nella Malaga di Picasso

Uno scorcio di Malaga con il teatro romano. Foto: © Samantha De Martin

Mondo – Luce intensa e profumo di zagara. I fiori bianchi di Biznaga, il teatro romano, le vasche di garum, l’Alcazaba, anima e cuore della città musulmana, l’architettura rinascimentale di palazzo di Buenavista e, su tutto, la presenza di un Picasso bambino che si aggira nella calle silenziosa facendo magari due tiri a pallone nell’assolata Plaza de la Merced.
Con i suoi oltre 3000 anni di storia, un trentina di musei e una scena artistica all’avanguardia, Malaga è una realtà moderna, come emerge dal suo variegato skyline nel quale le guglie delle chiese ammiccano ai tetti in tegole rosse delle case, mentre il castello di Gibralfaro, tutto muri e torrioni, custodisce un passato glorioso con vista mozzafiato sulla città. L’anima fenicia ha lasciato il suo riverbero nella toponomastica. Nell’VIII secolo a.C. la città fu chiamata “malaka”, ‘sale’, probabilmente dal metodo di conservazione sotto sale del pesce utilizzato dal suo popolo di naviganti.
Importante frantoio per Roma che esportava dalla città anche rame, piombo e ferro proveniente dalle miniere di Ronda, maturata sotto oltre sette secoli di dominazione araba, Malaga, complice anche la rinascita urbana di quartieri come Soho – grazie anche al Malaga Arte Urbano en el Soho, progetto creatosi autonomamente dall’idea di un gruppo di artisti di strada – vive oggi un momento di intenso fermento artistico. Lo si intuisce dalle filiali di alcuni musei europei, e non solo, che hanno investito nella città, come il Centre Pompidou Málaga o la filiale del Museo Statale Russo di San Pietroburgo, che elargiscono arte di qualità accanto alle celebri istituzioni cittadine come il Museo Picasso o il Carmen Thyssen.

Paesaggi, scorci italiani, scene di vita andalusa al Museo Carmen Thyssen
Ciò che maggiormente affascina di questo museo ospitato nel Palazzo di Villalón, un edificio del secolo XVI nel cuore dell’antico quartiere arabo, è la sua collezione permanente composta da 230 opere che esplorano brillantemente l’arte spagnola del XIX secolo.


Una sala del Museo Carmen Thyssen. Foto: © Samantha De Martin

Arte e vita, abitudini e situazioni, ma anche antropologia e scene quotidiane si intrecciano in questo gioiello i cui sotterranei hanno restituito interessanti resti romani.
Nella seconda metà dell’Ottocento, il gusto artistico in Spagna aveva subito una profonda trasformazione grazie al lavoro del pittore spagnolo Mariano Fortuny. Questo stile preciosista, caratterizzato dall’attenzione al dettaglio, a paesaggi romantici ritratti con estremo realismo privilegiando la luce, trovano in Guillermo Gómez Gil, Emilio Ocón y Rivas e Ricardo Verdugo Landi i più illustri rappresentanti. Ed è con estremo interesse che il visitatore si incanta davanti alla divertente, realistica scena di Ritorno al convento di Eduardo Zamacois y Zabala, del 1868, o davanti alla dolcezza di Maja con un piccolo cane di Velázquez. Sempre del pittore spagnolo colpisce poi l’infuocato Arrivo della carovana alla costa. Rappresentazioni drammatiche e pittoresche come il Banchetto interrotto dal sopraggiungere di un toro, descritto da Juan José Gárate y Clavero incontrano lavandaie e ninfe al bagno, danzatrici gitane, corride e ballerine di flamenco. 
L’Andalusia, con le sue architetture moresche, le processioni, le spiagge solitarie, brilla al tocco dei pennelli dei costumbristi, animati da costumi e usi popolari.
In questo scorcio andaluso votato all’arte non mancano le mostre temporanee. Come Perversidad. Mujeres fatales en el arte moderno (1880-1950), in corso fino all’8 settembre e dedicata all’universo della seduzione al femminile, in un suggestivo allestimento dominato dal rosso e da lavori di Klimt, Modigliani, Man Ray, Picasso, Dalí, Julio Romero de Torres.

Il Centre Pompidou Malaga, primo centro d’arte parigino fuori dalla Francia
Inaugurata il 28 marzo del 2015 sulla suggestiva promenade che conduce alla spiaggia della Malagueta, questa filiale del Centro Pompidou di Parigi – il primo centro d’arte parigino situato fuori dalla Francia – accoglie i suoi ospiti in un moderno edificio sormontato da un cubo di vetro colorato.
Il Museo offre un viaggio nell’arte del XX e del XXI secolo con una settantina di opere selezionate dalla collezione del Centre Pompidou, un percorso, frutto di un accordo quinquennale, rinnovato ogni due anni e mezzo e alimentato da mostre temporanee che hanno al centro pitture, sculture, video, disegni, fotografie. Da Francis Bacon a Frida Kahlo, da Magritte a Antoni Tàpies, la collezione permanente è ampia.
Così, il Cubo che ospita il Centre Pompidou Málaga diventa un’installazione vivente e partecipata, nella quale i workshop, le attività di formazione, i programmi multidisciplinari dedicati alla danza, alla rappresentazione, al parlato e al cinema, generano un forte senso di comunità creativa.
Dal 4 dicembre 2017 e fino al 2 marzo 2020 protagonista del Centre Pompidou è l’utopia moderna, con al centro le opere degli artisti avanguardisti, vittime della storia, all’indomani delle due guerre e dei regimi totalitari, che finiscono per proclamare una sintesi tra arte e vita, forze opposte al servizio della rivoluzione dello spirito.
Da Robert Delaunay a Vassily Kandinsky, da Antonio Saura a Pierre Huyghe e Peter Doig, il percorso è suddiviso in sezioni: “La grande utopia”, “La fine delle illusioni”, “Insieme”, “La città radiosa”, “Immaginare il futuro”, “Le età dell’oro”.
Le opere selezionate riflettono gli eventi storici che hanno segnato il nostro tempo nutrendo l’immaginazione e gli ideali di artisti moderni e contemporanei.


Una sala del Centre Pompidou con, alla parete di sinistra, Personaggi e uccelli nella notte di Joan Miró. Foto: © Samantha De Martin

Il monumento alla Terza Internazionale di Vladimir Tatlin ammicca così a La caduta di Icaro di Marc Chagall, simbolo delll’eterno fallimento delle utopie.
Fino al 9 giugno si potrà invece visitare la mostra Matisse. Un paese nuovo, un percorso incentrato sulla dimensione sperimentale dell’opera dell’artista in sei sequenze cronologiche. Fin dagli inizi, attraverso il suo viaggio solitario e radicale dal 1904 al 1917, gli anni a Nizza, il linguaggio moderno degli anni ’30, la carriera artistica di Henri Matisse è costellata di capolavori. L’Algerina, Interno giallo e blu, Ponte Saint-Michel, Il violinista alla finestra, Giovane violinista davanti al piano sono solo alcune delle opere in mostra, molte delle quali donate dall’artista o dal figlio Pierre Matisse allo stato francese.

Nell’ex “Tabacalera” la Collezione del Museo Russo di San Pietroburgo
Accolta, con i suoi 2.300 metri quadrati, all’interno del recinto dell’antica fabbrica di tabacco della città, la filiale del Museo russo di San Pietroburgo, offre dal 2015 ai visitatori un centinaio di opere, risalenti al XV e XX secolo, selezionate per Malaga tra le oltre 400mila del Museo Statale Russo di San Pietroburgo. A queste si aggiungono due mostre temporanee ogni anno, secondo l’accordo firmato tra il Comune di Malaga e il Museo di San Pietroburgo, che permetterà un dialogo costante tra l’istituzione russa e i visitatori.
Le opere selezionate per il primo anno spaziano dalle icone di ispirazione bizantina alle opere di Repin, Kandinsky, Tatlin, Rodchenko o Chagall.
Il 2019 sarà dedicato alla donna. Fino al 27 febbraio 2020 la mostra Sante, regine, lavoratrici. L’immagine della donna nell’arte russa è un omaggio alle amazzoni del proletariato ritratte da artisti come Repin, Kustódiev o Guerásimov, ma anche una radiografia sociale delle donne di tutti i tempi.
Fino all’8 settembre, invece, la mostra Libere e decisive. Artiste russe, tra tradizione e avanguardia esamina la vertiginosa modernizzazione della società russa che ha portato, all’inizio del XX secolo, all’incorporazione delle donne in ambiti precedentemente limitati all’uomo.
Antonina Gmurzynska è stata forse la prima collezionista occidentale a mostrare un profondo interesse per l’arte russa all’inizio del XX secolo. Per diversi decenni, sua figlia Krystyna ha arricchito il lavoro da collezionista. Alle opere provenienti dalla collezione di Krystyna Gmurzynska è dedicata la mostra Opere delle artiste russe nella Collezione Krystyna Gmurzynska in corso fino all’8 settembre.

Picasso e Malaga
In realtà Picasso lasciò Malaga quando aveva appena dieci anni per trasferirsi con la famiglia a La Coruña, in Galizia e, nel 1895 a Barcellona dove costruì la sua reputazione di artista. Nella sua città non fece più ritorno. Ed è forse per questo che bisogna andare tra Parigi e Barcellona per ammirare il più alto numero di capolavori del maestro andaluso.
Eppure Malaga resta la città nella quale tutto ha avuto inizio e che, negli anni Novanta, nell’ambito della sua rinascita culturale, ha deciso di riappropriarsi del suo illustre figlio. Dal 1988 la Casa natale di Picasso, dove l’artista nacque, al numero 13 di Plaza de la Merced, ospita la Fondazione Picasso. Nonostante le tre sale al primo piano accolgano solo riproduzioni del mobilio, pochi oggetti in ceramica, incisioni e libri illustrati, fotografie, oltre a capolavori di altri artisti contemporanei di Malaga, la visita offre l’opportunità di scrutare i primi passi mossi dall’artista verso l’arte, ma anche il forte influsso esercitato inizialmente dalla pittura paterna. Tra i cimeli più interessanti, alcune fotografie di famiglia, la veste battesimale, una scarpetta di Pablo, il registro di nascita e di battesimo, parte del corredo con incise le iniziali di Maria Picasso, ma anche un paio di orecchini della madre e la chiave originale della porta di ingresso.

Il Museo Picasso
Mettete da parte cellulari e macchine fotografiche – anche perché è vietato scattare fotografie – e lasciatevi conquistare dalla collezione permanente del Museo Picasso, che percorre 80 anni di attività del maestro. In tutto 233 opere donate dalla volontà condivisa della nuora Christine Ruiz-Picasso e del nipote dell’artista, Bernard.
Da marzo 2017, le sale che ospitano la collezione permanente del Museo sono rinnovate, rivelando al meglio l’estensione del lavoro dell’artista nel tempo, la versatilità della sua attività, la natura ciclica della sua ricerca artistica e la vocazione costante a esplorare le possibilità espressive di qualsiasi supporto.
Il nuovo, moderno, volto del museo è il risultato di una stretta collaborazione tra il Museo Picasso di Malaga e la Fondazione Almine Y Bernard Ruiz-Picasso Para El Arte, (FABA), che nel corso dei prossimi tre anni contribuirà all’allestimento con una selezione di opere provenienti dai suoi fondi. Tra i lavori già incorporati nel nuovo percorso ci sono il Ristorante (1914), un eccezionale olio incollato su un vetro ed esposto per la prima volta al pubblico, Le Tre Grazie (1923), una grande tela che mostra il più classico e monumentale Picasso, o l’iconica Cabeza de toro (1942), realizzata con il manubrio e la sella di una bicicletta. Queste opere contribuiscono a delineare un percorso espositivo che inizia con gli anni della formazione (con il Ritratto di LolaTesta di donna, dove ancora sono distinguibili i tratti somatici delle figure) per proseguire attraverso i grandi momenti stilistici e tematici dell’evoluzione artistica di Picasso e approdare alla Fruttiera del 1919 o al Busto di donna con le braccia incrociate dietro la testa, i cui elementi definiscono una Dora ormai dissolta e deformata.
Ad emozionare di più sono i ritratti di famiglia, come l’affettuoso Paulo con gorro blanco, un ritratto del figlio maggiore di Picasso, realizzato negli anni Venti.
Fino al 2 giugno sarà possibile visitare la bella mostra dedicata a Olga Picasso, realizzata attraverso le lettere e le fotografie trovate nella valigia della ballerina russa che aveva conosciuto Pablo Picasso a Roma nella primavera del 1917. Il percorso attraversa la storia personale e artistica di Olga e Pablo. Questo delicato album di famiglia racconta il rapporto con i nonni, descrive i viaggi con Pablo, accoglie le lettere in francese e in russo, gli oggetti più personali, come un crocifisso o una Bibbia, ma anche filmati e documenti, le foto di Olga e Pablo sulla terrazza dell’hotel Minerva a Roma o a Pompei con Jean Cocteau.
Molto teneri i ritratti di Picasso, Paulo vestito da Pierrot (del 1925) e quello di Olga pensierosa.


Pablo Picasso, Paulo vestito da Pierrot, 1925, olio su tela. Parigi, Museo Nazionale Picasso, donazione Pablo Picasso 1979. Foto: © Samantha De Martin

Dal 18 giugno al 1° settembre il Museo Picasso guarda all’arte contemporanea con gli acquerelli, le insegne al neon, le installazioni sonore, le opere su carta di Bruce Nauman. Sarà la prima mostra in Spagna negli ultimi 25 anni dedicata alle opere di grande formato del videoartista statunitense.
Dal 24 settembre al 2 febbraio sarà invece la volta di Calder-Picasso, la prima mostra in Spagna che mira a esplorare i legami creativi tra i due maestri del XX secolo.

Da moschea a Cattedrale. Visita alla superba “Manquita”
Dell’antica moschea che sorgeva al posto della bella Cattedrale, uno dei più alti esempi di barocco spagnolo, non restano che il Patio de los Naranjos, un piccolo cortile con profumati alberi di arancio e le cupole del soffitto. La costruzione della cattedrale di Nuestra Señora de la Encarnación, con la sua svariata gamma di stili fu un’impresa che richiese circa due secoli. Il costo sarebbe stato così elevato che nel 1782 si decise di interromperne i lavori. Una delle due torri campanarie e alcune rifiniture della facciata rimasero incomplete dando origine al soprannome La Manquita (‘La signora con un braccio solo’). Eppure entrandovi apprezzerete l’armonica bellezza dell’interno, diviso in tre navate, con quella centrale che accoglie un grande coro in legno di cedro e le 15 cappelle che sfoggiano pale del XVIII secolo. Le volte riccamente decorate poggiano su pilastri con colonne corinzie. Bellissimi anche i due organi a 4500 canne e la cappella maggiore con la catechesi visiva illuminata dalla luce che filtra dalle finestre.
Ma la sorpresa è soprattutto all’esterno, quando la torre campanaria sfodera il suo scintillio più romantico alla luce del tramonto.


L’interno della Cattedrale. Foto: © Samantha De Martin

La Malaga romana, araba, rinascimentale e lo scrigno dell’Alcazaba
Situata ai piedi del monte Gibralfaro, dove si trova il castello di difesa arabo al quale era unito mediante un corridoio protetto da muraglie, questo Palazzo fortezza, il cui nome in arabo significa “cittadella”, offre l’opportunità di vedere in pochi metri l’unione delle culture romana, araba e rinascimentale.
Risalente all’epoca musulmana, l’Alcazaba, costruita tra il 1057 e il 1063 su istanza del re berbero dei regni di taifa di Granada, Badis, si trova accanto al Teatro romano e di fronte all’edificio della Dogana. Secondo gli storici musulmani fu costruita utilizzando rocce sedimentarie, ma anche colonne e capitelli del vicino teatro romano.

Il Castello di Gibralfaro
Scegliete la mattina presto o il tardo pomeriggio per raggiungere questo monumento che offre una magnifica vista su Malaga. Considerato per un certo tempo la fortezza più inespugnabile della penisola iberica, il castello ricevette il nome dal faro posto sulla sua estremità. Utilizzato da fenici e romani, fu convertito in fortezza dal re nazareno Yusuf I nel 1340. La muraglia esterna è collegata alla “coracha”, le mura disposte a zigzag che uniscono il Castello all’Alcazaba, mentre quella interna consente di realizzare il cammino circolare lungo tutto il perimetro della fortezza.
Prima di lasciare il Castello e iniziare la panoramica discesa verso il centro città, non dimenticate di acquistare un sacchetto di mandorle. I tanti scoiattoli che si aggirano intorno tra la folta vegetazione del castello ne vanno matti.

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Fonte

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