Leonardo da Vinci, Madonna Benois, 1478-1480. San Pietroburgo, Museo Statale Ermitage
Ancona – In una stanza come tante, una ragazzina sorridente tiene in grembo un bimbo paffuto e gli porge un fiore. Divertita dai gesti buffi del figlioletto, non si cura del messaggio dei quattro petali che annunciano già il destino della crocifissione. Così un giovane Leonardo da Vinci interpretò il tema della Madonna con Bambino, segnando una svolta nell’arte del Rinascimento.
Non si sa per quali vie il quadro sia giunto in Russia, ma dal 1914 rappresenta uno dei massimi tesori del Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo. E dalla città delle notti bianche la Madonna Benois è pronta a tornare in Italia a 35 anni dalla sua unica esposizione, per partecipare ai festeggiamenti dei 500 anni dalla scomparsa del suo autore.
Prima tappa, la Pinacoteca Comunale di Fabriano, dove il dipinto sarà esposto dal 1° al 30 giugno, per poi raggiungere la Galleria Nazionale dell’Umbria a Perugia.
“Abbiamo scelto di portare questo capolavoro di Leonardo a Fabriano”, ha spiegato il direttore dell’Ermitage Michail Piotrovsky, “perché in Italia non esistono città che non meritino grandi capolavori, costellata com’è di borghi che conservano opere d’arte uniche; tanto più che quest’anno proprio piccoli centri come Matera e Fabriano sono stati scelti dall’Unione Europea o dall’UNESCO per ospitare eventi culturali internazionali”.
L’arrivo del dipinto nella città marchigiana rappresenterà il clou del programma culturale costruito intorno alla XIII UNESCO Creative Cities Conference, che riunirà in Italia i rappresentanti di 180 città del mondo che hanno scelto la creatività come fattore strategico di sviluppo.
“Questa è anche la grande differenza dell’Ermitage rispetto ad altri musei che chiedono di ospitare Leonardo per le celebrazioni”, continua Piotrovsky, alludendo senza troppi sottintesi alle recenti polemiche tra Italia e Francia: “Noi scegliamo di donare, dando la possibilità ad altri paesi – ma soprattutto all’Italia con cui abbiamo forti legami – di rivedere in patria grandi capolavori dei massimi artisti mondiali. Lo abbiamo fatto con Canaletto a Venezia, con Michelangelo a Roma, lo faremo con Raffaello. Per quanto riguarda Leonardo, Fabriano è l’inizio. Un magnifico inizio. La Madonna Benois poi andrà a Perugia, mentre a Milano arriverà la Madonna Litta. Questa è la politica culturale scelta dall’Ermitage”.
Mentre la prima si prepara a partire, per la seconda c’è ancora qualche mese di tempo: raggiungerà il Museo Poldi Pezzoli di Milano in autunno per la mostra “Intorno a Leonardo. La Madonna Litta e la bottega del maestro” (8 novembre-11 febbraio).
Considerato il “manifesto della maniera moderna di cui Leonardo fu iniziatore”, la Madonna Benois prende il nome da Marjia Aleksandrovna Benois, moglie del celebre architetto pietroburghese Leontji Nikolaevič Benua (Benois), che nel 1880 l’aveva ereditata dal nonno paterno, il mercante Aleksandr Petrovič Sapòznikov. La leggenda vuole che quest’ultimo l’avesse acquistata in Astrakan da un gruppo di attori girovaghi. In realtà Sapòznikov la comprò da un rinomato collezionista, il generale Korsakov, dopo aver atteso pazientemente il momento propizio.
In Russia Maria Aleksandrovna ha quasi la reputazione di un’eroina nazionale: nonostante l’esorbitante offerta di un antiquario parigino, vendette l’opera a prezzo ribassato pur di farla restare nel proprio paese. Ma la transazione che portò la Madonna Benois all’Ermitage ebbe un importante coprotagonista: il grande esperto di arte italiana Ernest Karlovič von Liphart, allora conservatore al museo pietroburghese, al cui impegno si deve pure l’attribuzione definitiva dell’opera. Nel 1914 il dipinto entrò ufficialmente nelle collezioni dell’Ermitage e fu certamente la più importante acquisizione degli anni che precedettero la Rivoluzione.
Intanto era stato trasportato su tela a causa del deterioramento della tavola: durante questa operazione si scoprirono un disegno a inchiostro e “un Bambino con tre mani” da cui fu ricavata una litografia.
La Madonna di Benois è un’opera chiave della giovinezza di Leonardo, che la dipinse a 26 anni. Nel quadro, dice la co-curatrice della mostra Tatiana Kustodieva, la Vergine “è scesa dal trono su cui gli artisti del Quattrocento l’avevano posta e si è andata a sedere su una panca”: non è più l’imperturbabile Regina dei Cieli, ma una madre che gioca con il proprio bambino.
Rispetto al suo maestro Andrea Verrocchio, il giovane artista introduce nella rappresentazione del sacro la componente affettiva: “non ha creato un’immagine devozionale statica”, scrive il co-curatore Carlo Bertelli, “ha solo fermato un momento”; e d’altra parte “non ha dipinto una scena di genere, ma ha immesso nella quotidianità significati profondi”.
Anche la penombra della stanza in cui Leonardo colloca le figure sacre, al contrario dello spazio aperto e pieno di sole della tradizione fiorentina suscita interrogativi, introducendo secondo alcuni un senso di attesa e mistero, proprio come questa “primizia leonardesca, tanto carica di sviluppi futuri”.
Nella straordinaria spontaneità della scena si palesa l’interesse dell’artista e scienziato verso l’espressione pittorica dei moti dell’anima, centrale in tutta la sua ricerca artistica: “Un buon pittore – annoterà più tardi nel Trattato della Pittura – deve dipingere due cose principali: l’uomo e la rappresentazione della sua anima. Il primo è facile, il secondo è difficile, poiché deve essere rappresentato da gesti e movimenti delle membra del corpo”.
Leggi anche:
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Non si sa per quali vie il quadro sia giunto in Russia, ma dal 1914 rappresenta uno dei massimi tesori del Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo. E dalla città delle notti bianche la Madonna Benois è pronta a tornare in Italia a 35 anni dalla sua unica esposizione, per partecipare ai festeggiamenti dei 500 anni dalla scomparsa del suo autore.
Prima tappa, la Pinacoteca Comunale di Fabriano, dove il dipinto sarà esposto dal 1° al 30 giugno, per poi raggiungere la Galleria Nazionale dell’Umbria a Perugia.
“Abbiamo scelto di portare questo capolavoro di Leonardo a Fabriano”, ha spiegato il direttore dell’Ermitage Michail Piotrovsky, “perché in Italia non esistono città che non meritino grandi capolavori, costellata com’è di borghi che conservano opere d’arte uniche; tanto più che quest’anno proprio piccoli centri come Matera e Fabriano sono stati scelti dall’Unione Europea o dall’UNESCO per ospitare eventi culturali internazionali”.
L’arrivo del dipinto nella città marchigiana rappresenterà il clou del programma culturale costruito intorno alla XIII UNESCO Creative Cities Conference, che riunirà in Italia i rappresentanti di 180 città del mondo che hanno scelto la creatività come fattore strategico di sviluppo.
“Questa è anche la grande differenza dell’Ermitage rispetto ad altri musei che chiedono di ospitare Leonardo per le celebrazioni”, continua Piotrovsky, alludendo senza troppi sottintesi alle recenti polemiche tra Italia e Francia: “Noi scegliamo di donare, dando la possibilità ad altri paesi – ma soprattutto all’Italia con cui abbiamo forti legami – di rivedere in patria grandi capolavori dei massimi artisti mondiali. Lo abbiamo fatto con Canaletto a Venezia, con Michelangelo a Roma, lo faremo con Raffaello. Per quanto riguarda Leonardo, Fabriano è l’inizio. Un magnifico inizio. La Madonna Benois poi andrà a Perugia, mentre a Milano arriverà la Madonna Litta. Questa è la politica culturale scelta dall’Ermitage”.
Mentre la prima si prepara a partire, per la seconda c’è ancora qualche mese di tempo: raggiungerà il Museo Poldi Pezzoli di Milano in autunno per la mostra “Intorno a Leonardo. La Madonna Litta e la bottega del maestro” (8 novembre-11 febbraio).
Considerato il “manifesto della maniera moderna di cui Leonardo fu iniziatore”, la Madonna Benois prende il nome da Marjia Aleksandrovna Benois, moglie del celebre architetto pietroburghese Leontji Nikolaevič Benua (Benois), che nel 1880 l’aveva ereditata dal nonno paterno, il mercante Aleksandr Petrovič Sapòznikov. La leggenda vuole che quest’ultimo l’avesse acquistata in Astrakan da un gruppo di attori girovaghi. In realtà Sapòznikov la comprò da un rinomato collezionista, il generale Korsakov, dopo aver atteso pazientemente il momento propizio.
In Russia Maria Aleksandrovna ha quasi la reputazione di un’eroina nazionale: nonostante l’esorbitante offerta di un antiquario parigino, vendette l’opera a prezzo ribassato pur di farla restare nel proprio paese. Ma la transazione che portò la Madonna Benois all’Ermitage ebbe un importante coprotagonista: il grande esperto di arte italiana Ernest Karlovič von Liphart, allora conservatore al museo pietroburghese, al cui impegno si deve pure l’attribuzione definitiva dell’opera. Nel 1914 il dipinto entrò ufficialmente nelle collezioni dell’Ermitage e fu certamente la più importante acquisizione degli anni che precedettero la Rivoluzione.
Intanto era stato trasportato su tela a causa del deterioramento della tavola: durante questa operazione si scoprirono un disegno a inchiostro e “un Bambino con tre mani” da cui fu ricavata una litografia.
La Madonna di Benois è un’opera chiave della giovinezza di Leonardo, che la dipinse a 26 anni. Nel quadro, dice la co-curatrice della mostra Tatiana Kustodieva, la Vergine “è scesa dal trono su cui gli artisti del Quattrocento l’avevano posta e si è andata a sedere su una panca”: non è più l’imperturbabile Regina dei Cieli, ma una madre che gioca con il proprio bambino.
Rispetto al suo maestro Andrea Verrocchio, il giovane artista introduce nella rappresentazione del sacro la componente affettiva: “non ha creato un’immagine devozionale statica”, scrive il co-curatore Carlo Bertelli, “ha solo fermato un momento”; e d’altra parte “non ha dipinto una scena di genere, ma ha immesso nella quotidianità significati profondi”.
Anche la penombra della stanza in cui Leonardo colloca le figure sacre, al contrario dello spazio aperto e pieno di sole della tradizione fiorentina suscita interrogativi, introducendo secondo alcuni un senso di attesa e mistero, proprio come questa “primizia leonardesca, tanto carica di sviluppi futuri”.
Nella straordinaria spontaneità della scena si palesa l’interesse dell’artista e scienziato verso l’espressione pittorica dei moti dell’anima, centrale in tutta la sua ricerca artistica: “Un buon pittore – annoterà più tardi nel Trattato della Pittura – deve dipingere due cose principali: l’uomo e la rappresentazione della sua anima. Il primo è facile, il secondo è difficile, poiché deve essere rappresentato da gesti e movimenti delle membra del corpo”.
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