Yves Klein, Peinture de Feu Couleur sans titre, 1961 circa | Courtesy Succession Yves Klein c/0 ADAGP, Paris
Yves Klein, Cession d’une «zone de sensibilité picturale immatérielle» à Michael Blankfort, Pont au Double, Paris, Série n°4, Zone n°01 Performance 10 février 1962 | Foto: © Giancarlo Botti © Succession Yves Klein c/o ADAGP, Paris, 2020
Nel corso della carriera l’artista di Nizza ha dipinto con le fiamme dei bruciatori Bunsen, con le impronte delle proprie mani e con i corpi delle modelle, con i giunchi e con i fumi delle auto, con la pioggia e con l’acqua di fiume. E con i pigmenti purissimi che ben conosciamo, perché i leganti non alterassero l’essenza del colore. “Per me ogni colore – scriveva nel 1955 – è una ‘presenza’, un essere vivente, una forza attiva che nasce e muore dopo aver vissuto una sorta di dramma nel mondo dei colori”. Il blu di Giotto è anche il colore della Terra già quattro anni prima del volo di Gagarin.
Yves Klein, Vent Paris-Nice, (COS 10), 1960 | © Succession Yves Klein c/o ADAGP Paris, 2020
Nonostante la sua carriera si condensi in poco più di un decennio, è difficile farsi un’idea del lavoro di Klein attraverso porzioni parziali della sua produzione. Dal prossimo 25 giugno, una mostra ne esplorerà l’opera trasversalmente seguendo il filo della natura e del colore nel verde del Domaine des Etangs di Massignac, la tenuta della collezionista Garance Primat dove l’arte contemporanea incontra l’amore per l’ambiente. Yves Klein. Le éléments et le couleurs è curata da Daniel Moquay e Philippe Siauve, rispettivamente Direttore e Responsabile degli Archivi dell’artista. Si presenta come un viaggio attraverso fasi, tecniche, suggestioni e pensieri che hanno scandito il percorso di Klein, tenuti insieme da un comune denominatore: la ricerca “dell’assoluto attraverso il visibile”.
Domaine des Etangs, Massignac | Courtesy Garance Primat
Alla Laiterie, spazio espositivo circondato dal parco di sculture di Tomàs Saraceno, Lee Ufan e Wang Keping, sono in arrivo opere chiave dell’artista francese come i Monocromi – secondo l’autore “la sola maniera fisica di dipingere che permetta di raggiungere l’assoluto spirituale” – e le Cosmogonie, frutto dell’interazione dei pigmenti con gli agenti atmosferici. Accanto a loro i Fuochi, i Rilievi planetari, la produzione audiovisiva e i pionieristici progetti per isole climatizzate galleggianti nell’aria, a metà strada tra l’utopia dell’Eden e l’entusiasmo per la conquista dello Spazio. “Sto per entrare nel più grande atelier del mondo”, pare abbia detto Klein prima di spegnersi a 34 anni il 6 giugno del 1962: “Non farò altro che opere immateriali”.
Yves Klein, Le Calendrier solaire, (M 112), 1957 | © Succession Yves Klein c/o ADAGP, Paris