Giovanni Battista Moroni, Ritratto di Gian Gerolamo Grumelli, Dettaglio, 1560, Olio su tela, 216 x 123 cm , Bergamo, Palazzo Moroni
In tempi in cui, per ragioni di forza maggiore, viene meno il rapporto diretto con le opere d’arte, Galansino è un direttore di museo che accetta la sfida di tenere viva la comunicazione con il pubblico, usando il linguaggio dell’arte e lanciando una nuova piattaforma con testi, immagini, video, storie e approfondimenti a disposizione di tutti. In Contatto è il nome del progetto inaugurato da Palazzo Strozzi, che partendo dalla mostra Tomás Saraceno. Aria, offre l’occasione di parlare di presente e futuri possibili, di connessioni e isolamento, di partecipazione e meditazione: una riflessione più che mai attuale per portare avanti nuove visioni di futuro e di realtà.
Galansino sceglie dunque di raccontare l’opera di un artista bergamasco, Giovan Battista Moroni, vissuto nel Cinquecento e famoso per i suoi ritratti. Recentemente portato alla ribalta grazie all’interessante mostra allestita presso la Frick Collection di New York dal titolo Moroni: The Riches Renaissance Portraiture – curata dallo stesso Galansino insieme a Aimée Ng della Frick Collection e da Simone Facchinetti, del museo Adriano Barbareggi di Bergamo – Giovan Battista Moroni sembra vivere una stagione di gran rilancio nel mondo anglosassone, anticipata dall’esposizione presso la Royal Academy of Arts di Londra nel 2014. L’estremo realismo dei dipinti di Moroni e la grande attenzione ai dettagli, ci offrono uno spaccato della società bergamasca del Cinquecento, spunto di riflessione per i tempi moderni.
Il Ritratto di Giovanni Gerolamo Grumelli, detto anche il Cavaliere in Rosa, dipinto da Giovan Battista Moroni nel 1560 e oggi conservato a Bergamo presso la Fondazione Museo di Palazzo Moroni, oltre a essere un esempio di estrema eleganza e raffinatezza, è un invito a riflettere sul carattere caduco di tutto ciò che è umano.
Giovanni Battista Moroni, Ritratto di Gian Gerolamo Grumelli, 1560, Olio su tela, 216 x 123 cm , Bergamo, Palazzo Moroni
Il Ritratto di Giovanni Gerolamo Grumelli, detto anche il Cavaliere in Rosa, dipinto da Giovan Battista Moroni nel 1560 è un capolavoro della ritrattistica ufficiale dell’artista che è sempre stato conservato a Bergamo e ancor oggi possiamo ammirarlo in città alla Fondazione Museo di Palazzo Moroni.
Il ritrattato, Giovanni Gerolamo Grumelli, è il rampollo della più alta aristocrazia bergamasca. Lo vediamo ritratto a figura intera, all’esterno. La figura di questo giovane si staglia di fronte a una struttura architettonica in rovina che ne incornicia la silhouette. Con una mano tiene un cappello nero con piuma, con l’altra orienta lo spadone che è appeso al suo fianco tagliando così diagonalmente la composizione. Impressiona il fastoso abito colorato di rosa o rosso corallo. Vediamo questo abito così vistoso e confezionato con preziosissimo raso ricamato con dei decori vegetali di filo d’argento.
Il pittore ha scelto questa posa con cura, infatti il modello ci trasmette una sensazione di perfetto controllo di sé. Sulla destra del ritrattato, da una nicchia, è caduta ed è andata in pezzi una scultura classica e in un bassorilievo vediamo rappresentato l’episodio biblico della storia di Elia ed Eliseo, arricchito da un’iscrizione in spagnolo.
All’epoca nel 1560 Grumelli aveva 24 anni. Colpisce l’eleganza ostentata di questo cortigiano in rosa, un patito dell’esuberante moda alla spagnola tipica della Bergamo del tempo. Il colore dell’abito ha probabilmente una valenza simbolica e araldica, infatti sappiamo che il Grumelli aveva scelto per sé l’impresa del corallo perché questo si indurisce e prende il suo colore rosa quando è fuori dall’acqua salata, ovvero quando è lontano dalle lacrime.
Va sottolineato soprattutto l’aspetto intellettuale di questo ritratto. L’intera figurazione è una meditazione sul carattere caduco di tutto ciò che è umano, dalla seta dell’abito sul cui commercio poggiava gran parte della ricchezza del Grumelli, alla giovinezza così visualizzata in questo spavaldo impugnare della spada, e alla condizione aristocratica che questo state portait suggerisce.”