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Il David di Michelangelo, il gigante di marmo esempio di lotta e di coraggio

Firenze – Un gigante alto cinque metri, monumentale con le sue oltre cinque tonnellate di marmo di Carrara, nudo, armato solo di fionda e di sasso, con il suo sguardo fiero a sfidare il nemico, i muscoli che trasudano coraggio, svetta in una sala della Galleria dell’Accademia di Firenze. Parliamo del David che Michelangelo Buonarroti scelse di collocare di fronte al Palazzo della Signoria, dopo un un faticoso e rocambolesco trasporto attraverso le vie di Firenze, a simboleggiare la libertà contro i potenti nemici dell’epoca. E che oggi, a oltre 500 anni di distanza, può rendere meno amara la lotta contro un comune nemico.

A chi era stata affidata la commissione della statua prima del Buonarroti?

Inizialmente, nel 1464, l’incarico di scolpire un gigante alto più di 5 metri, con il marmo arrivato a Firenze, in barca attraverso l’Arno da una cava Carrara, era stato affidato ad Agostino di Tuccio che tuttavia, poco dopo aver iniziato l’opera, abbandonò l’impresa. Nel 1476 la richiesta passò ad Antonio Rossellino, rimanendo egualmente incompiuta.

La sfida di Michelangelo

Circa 40 anni dopo, il 16 agosto 1501 i consoli dell’Arte della Lana e gli Operai del Duomo di Firenze commissionarono l’opera a un Michelangelo poco più che venticinquenne per un compenso di 400 ducati. Il Buonarroti accettò la sfida affrontando il blocco già danneggiato, “male abbozatum et sculptum.
Dopo che la statua fu dichiarata “quasi finita”, il 25 gennaio 1504, una commissione composta dai maggiori artisti dell’epoca (tra gli altri, Leonardo da Vinci, Sandro Botticelli, Filippino Lippi, il Perugino) decise che la scultura dovesse essere posta all’ingresso di Palazzo Vecchio, come emblema della forza e indipendenza dei fiorentini.
La scultura incarnava il giusto che, armato solo di una fionda e della fede in Dio, riesce a prevalere sul forte ma iniquo, immagine facilmente accostabile a quella di un buon governo, garante delle libertà e del bene comune.
L’8 settembre 1504 la scultura fu presentata alla città, tra l’ammirazione generale.

Fotogramma dal trailer del film Il Peccato. Il furore di Michelangelo, David  | Courtesy of Andrei Konchalovsky Studios, Jean Vigo Italia e Rai Cinema 01 Distribution

Il David dorato

In origine alcune parti del David erano dorate: una ghirlanda sul capo, il broncone dietro la gamba destra e la fionda. La scultura, con la base scolpita, era alta 517 centimetri e pesava 5560 chili. Il trasporto nella sede stabilita, al quale presero parte oltre quaranta uomini, avvenne in quattro giorni.
Michelangelo rifinì l’opera sul posto dipingendo in oro il tronco d’albero dietro la gamba destra e aggiungendo delle ghirlande di ottone con foglie in rame dorato che cingevano la testa e la cinghia della fionda. La statua venne rivolta a sud-ovest, in segno di sfida alle popolazioni nemiche pronte ad attaccare Firenze.

Chi rappresenta?

L’espressione accigliata, lo sguardo fiero e penetrante, una leggera smorfia sulle labbra forse a tradire un sentimento di disprezzo verso il nemico, alludono alla concentrazione dell’eroe prima della battaglia. Davide, eroe biblico, è rappresentato nel momento in cui si appresta ad affrontare Golia, il gigante filisteo. L’osservatore percepisce quasi il sangue scorrere nelle vene di questo giovane che stringe nella mano destra il sasso con cui sconfiggerà il nemico da lì a poco.
Il Buonarroti rompe con la tradizione che vuole Davide rappresentato con la testa di Golia adagiata ai piedi, oltre che come “un fanciullo dall’aspetto gentile, fulvo di capigliatura e d’occhi belli”.
È pur vero che in un altro passo della Bibbia Davide dichiara di aver ucciso orsi e leoni con l’aiuto di Dio e di non aver timore di Golia, ed è forse questa la testimonianza tenuta in considerazione dall’artista al momento della realizzazione dell’opera.


Fotogramma dal trailer del film Il Peccato. Il furore di Michelangelo, David  | Courtesy of Andrei Konchalovsky Studios, Jean Vigo Italia e Rai Cinema 01 Distribution

La posa del guerriero, che appoggia tutto il peso sulla gamba destra, è quella tipica del contrapposto derivante dal canone di Policleto. Il braccio destro e la gamba sinistra sono rilassate, al contrario delle altre due estremità. Il corpo atletico, al culmine della forza giovanile, si manifesta tramite un accurato studio dei particolari anatomici, dalla torsione del collo attraversato da una vena alla struttura dei tendini, dalle venature su mani e piedi alla tensione muscolare delle gambe, fino alla perfetta muscolatura del torso.
Per conferire espressività al suo capolavoro Michelangelo ingrandisce leggermente la testa – simbolo della ragione – e le mani – lo strumento con cui la ragione opera – perfezionati armonicamente con la veduta privilegiata dal basso.

Il mito di David

«…e veramente che questa opera ha tolto il grido a tutte le statue moderne et antiche, o greche o latine che elle si fossero […] perché in essa sono contorni di gambe bellissime et appiccature e sveltezza di fianchi divine; né mai più s’è veduto un posamento sì dolce né grazia che tal cosa pareggi, né piedi, né mani, né testa che a ogni suo membro di bontà d’artificio e di parità, né di disegno s’accordi tanto. E certo chi vede questa non dee curarsi di vedere altra opera di scultura fatta nei nostri tempi o ne gli altri da qualsivoglia artefice».

Come si evince dalle parole del Vasari, il David piacque molto e il suo successo fu immediato. La statua racchiudeva tutti gli ideali rinascimentali. Le virili possenti forme armoniche diventano espressione di un complesso insieme di valori filosofici ed estetici. I Fiorentini si immedesimarono con l’aspetto atletico e fiero del giovane eroe, interpretandolo come espressione della forza e della potenza della città nel momento del suo massimo splendore.

Dal braccio frantumato al dito rotto: le vicessitudini del “gigante”

Nel 1512, quando ancora la statua si trovava davanti al Palazzo della Signoria, un fulmine colpì il basamento. Le “crettature”, cioè i segni di cedimento, all’altezza delle caviglie, destarono preoccupazione, ma in definitiva non ci furono danni. Il 26 aprile del 1527, durante la terza cacciata dei Medici da Firenze, il David fu colpito dal lancio di pietre, mobili, tegole scagliati da gruppo di repubblicani, asserragliati in Palazzo Vecchio. Il braccio sinistro della statua si frantumò in tre pezzi e la fionda, all’altezza della spalla, fu scheggiata.
Giorgio Vasari e Francesco Salviati, devoti estimatori di Michelangelo, ne raccolsero i frammenti e li nascosero in casa del Salviati. Con il ritorno del Granduca Cosimo I si provvide al restauro.

Nel 1813 il dito medio della mano destra fu ricostruito in seguito a un danneggiamento. Nel 1843 lo scultore Lorenzo Bartolini, direttore delle “Regie Fabbriche”, incaricò Aristodemo Costoli del restauro. Questo intervento, a base di acido cloridrico e di ferri taglienti per rimuovere le croste superficiali, si rivelò disastroso e comportò danni irreparabili alla superficie del marmo.
Il 29 agosto 1846 il fonditore Clemente Papi fece il calco in gesso che sarebbe servito come base della futura gettatura in bronzo della copia, che attualmente si trova in piazzale Michelangelo, sulla terrazza che domina Firenze.
In tempi più recenti, nel 1991, un folle danneggiò la statua con un martello. L’alluce e le prime due dita del piede sinistro rimasero scheggiate, ma la lacuna fu reintegrata attraverso i frammenti originali e i numerosi calchi esistenti per reintegrare la lacuna in maniera identica all’originale.

Dove si trova oggi il David?

Nel 1872, viste le condizioni precarie di conservazione, si decise di trasferire la statua nella Galleria dell’Accademia a Firenze. L’architetto Emilio De Fabris fu incaricato di costruire una nuova tribuna collocata scenograficamente al termine della Galleria dei Quadri antichi, con un’illuminazione propria, garantita in alto da un lucernario. Nell’agosto del 1873 la statua venne imbracata in un carro ligneo e, scorrendo su rotaie attraverso le vie del centro, giunse fino all’Accademia, accompagnata dal clamore popolare. Nel museo, il David restò tuttavia chiuso nella sua cassa per nove anni, in attesa del termine dei lavori alla tribuna. Solo nel 1875, con le celebrazioni del IV centenario della nascita del suo artista, la scultura fu spacchettata in occasione di una mostra con le riproduzioni in gesso dei capolavori scultorei. Il 22 luglio 1882 il Museo michelangiolesco venne finalmente inaugurato e la statua consegnata al pubblico.
In piazza della Signoria, nel 1910, ne venne collocata una copia realizzata dallo scultore Luigi Arrighetti, vincitore di un apposito concorso indetto per la sua realizzazione.

L’ultimo restauro

Il marmo fu oggetto di un’accurata pulitura nel 2003-2004 a cura del laboratorio di restauro dell’Opificio delle pietre dure di Firenze.Al termine dei lavori furono esposte accanto al David opere e installazioni di artisti contemporanei internazionali (fra i quali Jannis Kounellis), con un accostamento originale che ha suscitato clamore e interesse in tutto il mondo.

L’ultimo Michelangelo di Andrei Konchalovsky

Il David di Michelangelo, accanto alla Cappella Sistina, al Mosè, alla Pietà, è una delle tante opere dell’artista che grandeggiano nel film Il peccato. Il furore di Michelangelo del regista Andrei Konchalovsky, prodotto da Alisher Usmanov e uscito nelle sale lo scorso anno. Lo spirito del genio è tutto racchiuso, sul grande schermo, nell’anima di quel marmo grezzo che è per lo scultore la materia che imprigiona la forma e che l’artista deve rilevare attraverso un lavoro manuale estenuante.


Dal film Il Peccato. Il furore di Michelangelo | Foto: Andrea De Fusco | Courtesy of Andrei Konchalovsky Studios, Jean Vigo Italia e Rai Cinema 01 Distribution

La fisionomia del Michelangelo di Konchalovsky si ispira al celebre ritratto di Daniele da Volterra: il viso scavato da solchi, la fronte quadrata, le orecchie a sventola, la barba arruffata, i capelli “rabbiosi”, sporchi e spettinati. Una bellezza mancata che si riversa tutta nei capolavori immortali che il maestro ha consegnato all’arte.
A partire dal cortometraggio Rolla e Michelangelo di Romolo Bacchini (1909), fino al più recente Michelangelo Infinito di Emanuele Imbucci con Enrico Lo Verso e Ivano Maresciotti (2018), il maestro del David, con il suo furore divino e l’appassionata dedizione al marmo, è stato al centro di diversi film e documentari.

Fonte

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