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Il MArRC omaggia Paolo Orsi, l’archeologo trentino che trascorse 40 anni tra Calabria e Sicilia

Oinochoe protocorinzia da Siracusa, 720-690 a.C. Museo archeologico Regionale “Paolo Orsi” di Siracusa. Foto: © Samantha De Martin per ARTE.it

Reggio Calabria – Dalla terrazza del MArRC, affacciata sullo Stretto di Messina, il lembo di mare che unisce le due terre sembra rinnovare le relazioni antiche, esistenti da secoli, tra Calabria e Sicilia.
A ricostruire con spiccato rigore e straordinaria lungimiranza questa secolare rete di relazioni era stato l’archeologo trentino Paolo Orsi, durante gli oltre 40 anni di attività svolta nel profondo sud, con la convinzione che tutela e valorizzazione fossero due aspetti di un’unica missione di sviluppo culturale.
All’illustre studioso, considerato tra i capostipiti della ricerca archeologica in età moderna, il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, in collaborazione con il Museo Archeologico Regionale “Paolo Orsi” di Siracusa diretto da Maria Musumeci, dedica una bella mostra in corso fino all’8 settembre.

“Siamo molto soddisfatti di questo percorso che onora Paolo Orsi presentandolo nella sua complessità di intellettuale, archeologo, studioso dell’antichità con un metodo di ricerca che è ancora oggi un modello per tutti – ha detto il direttore del MArRC e co-curatore della mostra Carmelo Malacrino -. Abbiamo dovuto effettuare un’operazione di sintesi, in un mare di informazioni. Orsi è figlio di molte città calabresi, ma anche “padre” del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria”.
Fu proprio Orsi, infatti, a volere fortemente un Museo della Magna Grecia, capace di accogliere in un’unica collezione i reperti provenienti dagli scavi nell’intera regione. Da questo progetto nacque il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, dopo il terremoto del 1908, dalla fusione del Museo Statale con il Museo Civico.

Il visionario, austero studioso di Rovereto innamorato del sud, figura quasi mitica, con la sua “fronte spaziosa, i pochi capelli lisci che modellavano il cranio, la barbetta grigia, il portamento rigido, quasi militare” – come lo ricorda l’amico archeologo Enrico Gagliardi, era arrivato a Siracusa nel settembre del 1888. Vi rimase fino al 1934, quando lasciò la città siciliana per tornare nella sua Rovereto, dove sarebbe morto l’anno dopo.

“Questo approdo in Sicilia – sottolinea la direttrice del Museo Archeologico Regionale “Paolo Orsi” di Siracusa, Maria Musumeci – ha costituito una svolta nella vita di Orsi, che non aveva una casa, viveva in un albergo, si muoveva tra luoghi impervi, mai raggiunti prima, per cogliere il senso della storia prima ancora che questa venisse scritta”.

 Tra le intuizioni di Orsi, che era solito spostarsi in territori vastissimi, in treno o a dorso di mulo, la ridefinizione del quadro insediativo della Calabria prima della colonizzazione greca, l’identificazione di Medma, subcolonia locrese sul Tirreno, con il terrazzo del Pian delle Vigne di Rosarno, e ancora la ricerca topografica e archeologica delle città greche di Calabria, accanto ai principali santuari urbani o posti al centro di vasti territori, e ancora l’indagine, poco dopo il suo arrivo a Siracusa, del sito di Megara Hyblaea. Molte delle ricerche dello studioso in Sicilia ebbero inoltre come obiettivo quello di indagare i rapporti tra i Greci e le popolazioni indigene.

Un allestimento costruito con coerenza, avvalendosi di pannelli esplicativi che esplorano la vita e la carriera dell’archeologo, ma anche i luoghi e la gente con cui Orsi entrò in contatto, accoglie oltre 230 reperti, in parte inediti e restaurati appositamente per l’esposizione. Cinque le sezioni del percorso: preistoria e protostoria, archeologia greca di Orsi, archeologia romana e sezione medievale, precedute da un approfondimento introduttivo sulla figura dell’archeologo.

Eccolo Paolo Orsi, al centro di un ritratto che accoglie i visitatori. Era nato a Rovereto, all’epoca sotto il dominio asburgico, ed era amico di Luigi Pigorini e Federico Halbherr. Il maestoso complesso statutario del Cavaliere di Marafioti, dalle collezioni del MArRC, apre il percorso storico-biografico. Accanto alla scultura, una straordinaria Gorgone in corsa, in prestito dal Museo siracusano, datata V secolo a.C.


Gorgone in corsa. Da Siracusa, prima metà VI secolo a.C., Siracusa, Museo Archeologico Regionale “Paolo Orsi”

Tra i reperti dedicati alla fase pre-greca non passano inosservati un frammento di vaso a fiasco, una coppa, una testina di toro datati V millennio a.C e arrivati da Siracusa. Più avanti, si lasciano ammirare la scodella da Ianchina (Locri) dell’VIII secolo a.C, parte delle collezioni del MArRC, un fermatrecce, statuette femminili e maschere teatrali, ma, su tutti, la raffinata oinochoe protocorinzia risalente al 720-690 a.C o la kylix attica ad occhioni.

Come testimonia Zanotti Bianco nel suo commiato per la morte dell’amico Orsi, “il mondo della Magna Grecia non bastò alle ansie del ricercatore che non volle rinunciare a raccogliere, paziente, le impronte talora evanescenti della pietà dei monaci greci, le vestigia bizantine spesso sopraffatte dalla grandiosità dei pricipi normanni e svevi”.


Alcuni reperti dal Museo Archeologico Regionale “Paolo Orsi” di Siracusa in mostra al MArRC. Foto: © Samantha De Martin per ARTE.it

E in effetti durante le sue ricerche l’archeologo trentino si imbatté spesso in resti di età post-antica, dalle necropoli alle ceramiche, che documentò con il consueto rigore scientifico. Questi ritrovamenti sono rappresentati in mostra dall’Encolpio in bronzo dell’XI secolo d.C., da un frammento di piatto invetriato da Siracusa (XIII secolo d.C.), dalla ciotola “graffita” del XVI secolo d.C.
Termina con il medioevo l’omaggio all’archeologo di formazione positivista, all’innovatore visionario che già agli inizi del Nocevento immaginava il museo dei Bronzi, cogliendo il senso della storia ancor prima che questa venisse scritta.

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