Veduta dell’Arsenale con le Gaggiandre | Foto © Andrea Avezzù | Courtesy of La Biennale di Venezia
Slitta infatti, ancora una volta, la data della Biennale internazionale che avrebbe dovuto svolgersi a Venezia dal 29 agosto al 29 novembre 2020, e che invece si terrà da sabato 22 maggio a domenica 21 novembre 2021.
“Sono profondamente colpito dalla perseveranza di tutti i partecipanti soprattutto negli ultimi tre mesi – ha commentato Sarkis. Spero che la nuova data di apertura consenta loro di riprendere fiato per completare il lavoro con il tempo e il vigore che merita. Non avevamo previsto tutto questo. La domanda che avevo posto “Come vivremo insieme?” e la ricchezza delle risposte dei partecipanti non erano state pensate per affrontare la crisi che stiamo vivendo, ma eccoci qui. Il tema ci offre la possibilità di rispondere alla pandemia anche nell’immediato, e per questo torneremo a Venezia nei prossimi mesi per una serie di attività dedicate all’architettura”.
Mentre la Biennale Architettura rinvia l’appuntamento con i visitatori al prossimo anno, anche l’edizione numero 59 dell’Esposizione Internazionale d’Arte, a cura di Cecilia Alemani, che avrebbe dovuto svolgersi nel 2021, si terrà da sabato 23 aprile a domenica 27 novembre 2022 e avrà una durata di sette mesi.
Come si legge in una nota diffusa dall’Ufficio Stampa della Biennale Architettura, “la decisione di posticipare l’evento è una presa d’atto dell’impossibilità di procedere, nei limiti di tempo prefissati, nella realizzazione di una mostra così complessa e di respiro mondiale, a causa del persistere di una serie di difficoltà oggettive dovute all’emergenza sanitaria internazionale in corso”, che avrebbero rischiato di pregiudicare la qualità della mostra stessa.
Tutto confermato, invece, per l’edizione numero 77 della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica diretta da Alberto Barbera, in programma dal 2 al 12 settembre.
Con “How will we live together?”, l’interrogativo scelto da Sarkis per dare il titolo alla mostra che avrebbe dovuto inaugurare il 23 maggio, il curatore aveva guardato ad Aristotele che “quando si pose questa domanda per definire la politica, propose il modello di città”.
Oltre che guardare ai nuovi problemi che il mondo pone all’architettura, l’edizione di quest’anno avrebbe dato conto dell’attivismo emergente di giovani architetti – chiamati a proporre alternative – e alle revisioni radicali concepite dalla pratica dell’architettura per affrontare queste sfide.
Sfide che i 114 partecipanti in concorso provenienti da 46 Paesi, con una rappresentanza crescente da Africa, America Latina e Asia, e il Padiglione Italia alle Tese delle Vergini in Arsenale, a cura di Alessandro Melis, dovranno reinterpretare alla luce della recente emergenza.
“L’architettura ci aiuta a non sperperare risorse e a donarci qualche grado di felicità – aveva detto durante la conferenza stampa di presentazione, a febbraio, Paolo Baratta -. La Mostra di Hashim Sarkis coglie, in uno sguardo ampio, problemi strutturali della società contemporanea. In un’epoca in cui può essere diffusa la sensazione di essere vittime dei cambiamenti, ci pare utile una Biennale che richiami a tutti che l’identità di una società o di una comunità sta nella qualità dei progetti che è capace di formulare per il suo futuro”.
Mai come adesso, alla luce dei nuovi tempi, la risposta sul nuovo modo di vivere insieme superando la sfida più difficile, risuona come indispensabile e necessaria.
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