La Fontana di Nettuno a Villa d’Este. Foto: © Samantha De Martin
Eppure, nelle sale fino a poco tempo fa vuote, decorate sotto la direzione di protagonisti del tardo manierismo romano, da Livio Agresti a Federico Zuccari, da Cesare Nebbia ad Antonio Tempesta, la statuetta di Afrodite Charis del I secolo accanto alla Venere con la pipa di Michelangelo Pistoletto suggerisce ai visitatori la nuova missione di Villa d’Este.
Non solo giardino: tra le sale di Villa d’Este alla scoperta della duplice valenza del femminile
Per dare concretezza a questa volontà di rendere il gioiello patrimonio Unesco, “non solo un luogo di delizia e contemplazione, ma un sito intellettualmente attivo, incubatore di idee e di nuova meraviglia”, il direttore dell’Istituto Villa Adriana e Villa d’ESte – Villae, Andrea Bruciati, inizia da una mostra, primo di una serie di appuntamenti volti a dare nuova vita all’interno del Palazzo, recuperando l’antica funzione di questa dimora nella quale Ippolito II d’Este volle far rivivere i fasti delle corti di Ferrara, Roma, Fointanebleau.
A tradurre in bellezza questa dialettica romantica tra i giardini e le sale del palazzo, la mostra Eva vs Eva, primo di una serie di appuntamenti.
La duplice valenza del femminile nell’immaginario occidentale sarà al centro, fino al 1°novembre, di un percorso espositivo allestito tra Villa d’Este e il Santuario di Ercole Vincitore. Realizzata in sinergia con il Museo Nazionale Romano e con il Parco Archeologico di Pompei, la mostra è un sentiero polifonico che, oltre a presentare documenti letterari, opere d’arte, manufatti che vanno dalla rappresentazione della Grande Dea Madre del IV millennio ai tagli di Gina Pane, conduce il pubblico alla scoperta di luoghi come il Santuario di Ercole Vincitore – edificato nel corso del II secolo a.C. e divenuto nel tempo opificio, polveriera, centrale termoelettrica e infine cartiera – passando attraverso il giardino, vanto e locus amoenus dell’Istituto.
Al pari del filo che corre lungo il “Telaio” di Maria Lai, concesso in prestito alla mostra dalla Collezione Franca Sonnino, il pubblico diventa il trade union tra i due nuclei dell’esposizione, complementari e contigui, superando l’endiadi “positivo-negativo” che scandisce il percorso.
Il piano nobile di Villa d’Este ospita infatti le opere che pongono maggiore enfasi sulla natura pericolosa e ambigua della donna, su quegli aspetti luciferini che trovano tratto e colore nel rosso dell’allestimento e in opere come il sarcofago con raffigurata Medea che uccide i suoi figli (II secolo), nel set chirurgico della casa di Lucius Helvius Severus, forse appartenente al medico donna Sperata (in prestito dal Parco Archeologico di Pompei) ma anche nell’incisione a bulino di Albrecht Dürer, “Strega che cavalca una capra”.
Un’Eva apocalittica, gorgone e amazzone, femme fatale, eroina capace di spezzare l’equilibrio modificando l’ordine delle cose, lascia spazio, nell’allestimento presso l’Antiquarium del Santuario di Ercole Vincitore, tra le sale ancora attraversate dalle rotaie lungo cui si muovevano i carrelli dell’ex cartiera Tiburtina, alla sublimazione del corpo della donna madre e sposa fedele, santa che fugge dalle gioie del corpo per dispensare bene. Ed è per questo che a caratterizzare questo secondo nucleo dell’esposizione, contraddistinto da un allestimento non più rosso, ma grigio ceruleo, è il dialogo tra gli oggetti femminili del I secolo, in prestito dal Parco archeologico di Pompei, la Ricamatrice di Antonio Mancini, il Ritratto di Vibia Sabina, intessuto degli stessi fili che uniscono Penelope a Maria Lai.
La virtù insidiata, rappresentata dalla Susanna di Alessandro Tiarini, che, molestata da due anziani, preferisce rischiare la morte esponendosi ad una falsa accusa piuttosto che cedere alla violenza, si intreccia con la virtù salvaguardata, rappresentata in mostra dal vasellame “delle zitelle”, le figlie delle prostitute accolte nel monastero romano di Santa Caterina dei Funari. La Maddalena che medita sulla corona di spine del Guercino guarda al trittico Action Psychè di Gina Pane nella sala dedicata al tema della sacralizzazione della donna che affonda le sue radici nelle immagini archetipiche delle Grandi Madri Preistoriche.
Non mancano, in mostra, alcuni importanti reperti ritrovati nel Santuario di Ercole vincitore, come la statua di Afrodite tipo Louvre-Napoli o la statua maschile nuda del I secolo a.C. in marmo pario.
“È parte del DNA di Villa d’Este essere un luogo portatore di valori e non soltanto un sito di contemplazione estetica – ribadisce Bruciati -. Il nostro obiettivo è quello di essere fautori di attività culturali al fine di rendere Villa d’Este un luogo perenne di meraviglia. Ed è per questo che vogliamo investire diventando un modello, recuperando quell’originaria missione di assurgere a simbolo attraverso la rappresentanza visiva. Così, a 500 anni dalla morte di Lucrezia Borgia, madre di Ippolito d’Este, peccatrice e donna dissoluta per antonomasia e al contempo donna di grande carattere, figura cangiante, perfetta per incarnare questa idea di duplicità, abbiamo voluto accogliere a Villa d’Este la mostra Eva vs Eva”.
Depositi aperti nelle Villae
Ed è anche per consentire ai siti di non essere mai uguali a se stessi, offrendo periodicamente ai visitatori un volto sempre nuovo, che l’Istituto Villa Adriana e Villa d’Este – Villae ha dato il via al progetto The circular institute. Attraverso questa iniziativa, le Villae attuano la rotazione delle collezioni e l’esposizione dei reperti conservati nei depositi per favorire la fruizione del proprio patrimonio archeologico e garantire al pubblico la conoscenza di oggetti talvolta inaccessibili.
I reperti sono visibili durante l’orario di apertura della Villa, accompagnati da un apparato didascalico e informativo.
L’iniziativa, presto estesa anche al Santuario di Ercole Vincitore, prevede che mensilmente vengano presentati ai visitatori nuovi materiali che, pur facendo parte delle collezioni dell’Istituto, non sono in esposizione permanente.
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