Rudolf Stingel, Untitled, 2013, olio su tela, 127 x 127 cm. Foto: © Christopher Burke Studio. Courtesy Rudolf Stingel
Un tripudio di materiali caratterizzato da tulle, cellotex, smalto, alluminio, tessuto, polistirolo, accompagna, fino al prossimo 6 ottobre, il visitatore attraverso la poetica artistica dell’autoironico e iperrealista Rudolf Stingel, scevra da vincoli cronologici e fortemente rivolta alle azioni, ai gesti del pubblico, in una disposizione che privilegia il gioco di contrasti.
Allestita in nove sale del suggestivo museo svizzero progettato da Renzo Piano a Riehen, alle porte di Basilea, la mostra è la prima grande presentazione del lavoro di Rudolf Stingel in Europa dopo le esposizioni svoltesi nel 2013 a Palazzo Grassi, a Venezia, e nel 1995 alla Kunsthalle di Zurigo. Presenta le principali serie di Stingel realizzate in 30 anni, fornendo una panoramica completa della sua versatile pratica artistica.
Era il 1991 e, per la sua prima personale alla Daniel Newburg Gallery di New York, l’artista di Merano, classe 1956, aveva preparato un’opera unica. L’intero pavimento della galleria, ad eccezione delle pareti, era stato coperto di un tappeto di un arancione brillante. I visitatori furono invitati a toccare il tappeto con le loro mani, utilizzandole come pennelli.
A due anni prima risale Instructions, il primo libro d’artista di Stingel, un decalogo di istruzioni che avrebbe dovuto permettere ai lettori di realizzare un dipinto “alla maniera dell’artista” – che resta nonostante tutto il detentore di tecnica e idea – seguendo un procedimento ben dettagliato.
La poetica di Stingel – le cui opere invitano l’osservatore ad abbandonarsi a un dialogo sulla percezione visiva dell’arte – si respira tra le sale della Fondation Beyeler, dove alcuni interventi che invitano le mani del pubblico a lasciare un segno del loro passaggio, si alternano a opere con le quali è espressamente vietato entrare in contatto.
Ridefinendo il concetto di pittura, fin dagli esordi, negli ultimi anni Ottanta, Stingel ha esplorato le potenzialità e i limiti imposti dalla pittura stessa attraverso l’interazione di strategie artistiche, materiali e forme.
Accanto alle serie di quadri astratti, l’artista crea opere su larga scala in polistirolo, metallo fuso, così come spazi coperti da tappeti o pannelli isolanti in argento che possono essere calpestati o toccati.
Su una parete della Fondation Beyeler ritorna, come un nuovo lavoro, il tappeto arancione brillante esposto orizzontalmente nella galleria newyorkese di Daniel Newburg, a testimonianza del fatto che Stingel non è mai focalizzato su un singolo lavoro in quanto tale, ma crea piuttosto serie interconnesse attorno a un motivo specifico. Un motivo può viaggiare infatti attraverso immagini e materiali, apparendo tuttavia sempre diverso.
Carta da parati, tappeti storici, motivi fotografici trovano posto sulla tela simili a dipinti fotorealistici che includono tracce dello scorrere del tempo come la polvere e le impronte digitali.
Nonostante la diversità dei materiali, tutte le opere di Stingel condividono la presenza casuale o voluta di tracce pittoriche. Tempo e possibilità, cambiamento e distruzione appaiono sulla superficie ponendo interrogativi circa la comprensione e la percezione dell’arte così come la memoria e la caducità delle cose.
Alcune opere in mostra sono state create quest’anno appositamente nello studio di Stingel a New York e saranno visibili al pubblico per la prima volta. Tra queste la serie di cinque opere – che occupano una stanza della Fondazione – che oscillano cromaticamente tra le tonalità del rosa, del porpora e dell’argento.
La mostra è accompagnata da un raffinato catalogo concepito come un libro d’artista e progettato dal grafico Christoph Radl, con ben 475 illustrazioni su 380 pagine che offrono uno sguardo unico e completo sulla pratica artistica di Rudolf Stingel.
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