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L’arte deve emozionare. Ne parla il regista Jesus Garces Lambert

Il regista Jesus Garces Lambert insieme all’attore Luca Argentero sul set del film “Io, Leonardo

Roma – Al suo attivo ha numerosi documentari realizzati per il cinema e la televisione a livello internazionale. In Italia ha diretto due film documentari d’arte (“Caravaggio – L’anima e il sangue” e “Io, Leonardo“) per Sky, tra le più importanti produzioni in termini di budget mai realizzate nel nostro Paese. Il film su Caravaggio, in particolare, è stato campione di incassi al cinema. Abbiamo intervistato il regista Jesus Garces Lambert.

L’emergenza sanitaria ha messo KO le istituzioni dell’arte, costringendo alla chiusura musei e luoghi dell’arte. Per un paese come l’Italia, perché l’arte a tuo avviso è così importante?

“In Italia i musei e le istituzioni dell’arte sono luoghi fisici che rappresentano l’identità del Paese. Non si può pensare all’Italia, senza avere in mente la sua arte che è entrata a far parte dell’immaginario collettivo. L’idea di non poter accedere ai luoghi d’arte, di non poter fare quella specie di pellegrinaggio per ammirare da vicino i capolavori dei grandi maestri italiani, è come impedire a qualcuno di andare a trovare un familiare a casa sua. Ed è esattamente quello che stiamo vivendo in questo momento.
Un altro aspetto riguarda l’importanza a livello economico del turismo culturale. Secondo le rilevazioni dell’Istat, ogni anno gli stranieri che arrivano in Italia sono circa 123 milioni. Un terzo di questi sceglie l’Italia per vacanze culturali. Stiamo parlando di 42 milioni di arrivi ogni anno. Il sistema cultura sostiene una parte importante dell’economia del Paese. Il ministro Franceschini aveva dichiarato tempo fa che la cultura e il turismo culturale rappresentano l’1,2% del PIL del Paese. Una cifra che è stata messa in dubbio. Ma al di là del numero esatto, il sistema cultura dà lavoro a molte persone. Quello che sta succedendo oggi è terribile, ma al tempo stesso potrebbe portare in futuro a nuovi investimenti nel segmento della cultura”.  

Come giudichi le iniziative spontanee dei musei italiani che in questo momento di crisi si sono attivati per aprire virtualmente le porte alle loro collezioni?
“I musei stanno offrendo libero accesso alle loro collezioni online un po’ in ritardo, a mio avviso. Non mi piace pensare che le iniziative nascano solo per emergenza e solidarietà. E’ un fenomeno che doveva succedere anni fa. Ormai abbiamo accesso online a qualsiasi opera desideriamo. Se un museo pubblica la sua collezione online, può renderla fruibile a un ampio pubblico senza per questo ridurre necessariamente i numeri complessivi dell’affluenza fisica al museo. L’esperienza artistica di vedere un’opera d’arte dal vivo è completamente diversa da quella di osservarla sullo schermo di un computer, mentre magari si sta ascoltando musica. Oggi stiamo assistendo, in ritardo, a un processo di grande modernità e intelligenza. La cultura e l’arte devono essere accessibili a tutti, almeno attraverso un mezzo come Internet. Che poi uno paghi per andare a vivere l’esperienza di persona mi sembra giusto anche perché i musei si devono sostenere economicamente.”
 
Il fenomeno dei documentari d’arte al cinema offre una grande opportunità per far conoscere al pubblico le grandi storie dell’arte e i capolavori. Qual è stato il tuo approccio all’arte come regista di importanti film come “Caravaggio – L’anima e il sangue” e “Io, Leonardo”?
“L’arte al cinema è una di quelle esperienze più vicine a poter vivere l’arte dal vivo. Credo che il cinema sia l’ambiente naturale per l’arte perché offre un’esperienza completamente diversa dalla visione di un documentario in televisione o dalla lettura di un libro. Andare al cinema, pagare il biglietto, entrare e sedersi in una sala in un’esperienza collettiva quasi rituale – la luce che si spegne, il grande schermo che si illumina, le immagini e i suoni che ti inondano – credo che sia un’esperienza molto simile alla visita ai musei per ammirare le opere d’arte. Per me è importante creare un’esperienza emotiva, fisica e spirituale artistica per lo spettatore. Questo è l’approccio che ho sempre avuto nei film d’arte che ho realizzato come regista. Anche nei documentari che ho fatto in precedenza per la televisione, ho sempre cercato di dare questa sensazione. Non possiamo scordarci che il linguaggio cinematografico ha bisogno di raccontare una grande storia capace di emozionare. Per me è più importante che lo spettatore abbia questa tipo di esperienza artistica al cinema, piuttosto che esca pieno di nozioni artistiche come se avesse letto un libro.  Fare oggi film d’arte è una nuova forma di fare arte. Il documentario sull’arte può essere un’operazione essa stessa artistica”.



A tuo avviso perché in futuro sarebbe importante investire in iniziative capaci di raccontare l’arte per un ampio pubblico? E’ una buona direzione a tuo avviso?
“L’arte deve essere accessibile a tutti, ce lo insegna la storia. Perché i grandi mecenati, i grandi potenti hanno sempre investito nell’arte? L’arte è uno strumento di comunicazione perché arriva direttamente alla gente, non ha bisogno di essere spiegato. Attraverso l’arte possiamo raccontare tutta la vita, passata e futura, chi siamo e chi saremo, l’arte parla della nostra intimità e identità, dei nostri pensieri o di quelli che hanno avuto gli artisti nei secoli precedenti, basti pensare a Caravaggio o a Leonardo da Vinci. E’ importante raccontare storie di uomini, di conoscenze, di passioni, di dolori. Io ad esempio ho realizzato dei documentari a taglio investigativo molto duri, che parlano di temi socialmente difficili. A volte è più facile parlare di temi scabrosi o difficili attraverso l’arte che attraverso un’investigazione. L’arte arriva direttamente al cuore, alla mente e allo spirito delle persone e come tale per noi come registi, per la gente che scrive, gli artisti sono il veicolo per poter trasmettere dei messaggi e aiutare le persone a crearsi una coscienza. Il grande pericolo che si sta verificando ora, è che alcuni film d’arte che si stanno producendo per il cinema non sono altro che la trasposizione del linguaggio televisivo al cinema. Questo potrebbe creare delle forti ripercussioni si un pubblico ancora entusiasta di andare a vedere i film d’arte al cinema. Il rischio è che se si continua a produrre i film con i linguaggi prettamente televisivi si rischia di scoraggiare gli appassionati. Credo che chi produce oggi dei film deve aver sempre in mente questo aspetto.”

 

 

 

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