Veneranda Biblioteca Ambrosiana | Gian Giacomo Caprotti detto Andrea Salai, Testa di Cristo, olio su tavola, cm. 57.5 x 37.5
Curato dallo studioso leonardesco Pietro Marani, il progetto espositivo è raccolto ma stimolante: il nuovo disegno, visibile in una teca trasparente che ne mostra il recto e il verso, è messo a confronto con altri fogli custoditi al Castello Sforzesco e preziosi prestiti della Veneranda Biblioteca Ambrosiana. La datazione e la scritta “Salvator Mundi” vergata sulla parte anteriore del foglio collegano l’opera al quadro a lungo considerato disperso. Un’assoluta novità, visto che finora gli unici studi riconducibili al dipinto erano quelli conservati al Castello di Windsor nella Royal Collection britannica. Sul recto l’opera mostra invece figure umane copiate dagli studi anatomici di Leonardo, alcune delle quali rifinite a inchiostro seguendo le linee sottostanti a matita rossa, di possibile paternità del maestro.
Le ricerche compiute sul foglio, restaurato dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, fanno luce “sull’elaborazione del Salvator Mundi all’interno dell’atelier di Leonardo intorno al 1510-13 e le sulle modalità di copia dei suoi disegni anatomici da parte degli allievi”, spiega il curatore: “Questa esposizione aggiungerà nuovi elementi alla fortuna cinquecentesca del Salvator Mundi in ambito lombardo grazie alla presenza di alcuni fogli inediti del Castello Sforzesco”.
Allestita proprio accanto alla Sala delle Asse, accessibile eccezionalmente da alcuni mesi per le celebrazioni in onore dell’artista, L’Atelier di Leonardo e il Salvator Mundi conduce il pubblico all’interno del cantiere voluto dal Moro, mostrando come il lavoro del genio e quello della sua bottega, la decorazione del grande salone e la concezione dei quadri fossero in realtà strettamente collegati.
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