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L’inganno dell’arte va in scena a Venezia

Claes_Bang e Elizabeth_Debicki in “The Burnt Orange Heresy” di Giuseppe Capotondi, fuori concorso alla 76. Mostra del Cinema di Venezia

VeneziaGiuseppe Capotondi chiude con il suo film fuori concorso The Burnt Orange Heresy la 76. Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. E miglior scelta non avrebbe potuto prendere il direttore della mostra del cinema Alberto Barbera.

Il lungometraggio, che è stato proiettato in Sala Grande il 7 settembre a conclusione della cerimonia di premiazione, ha messo in scena il tema del grande inganno dell’arte – la sua intrinseca falsificabilità – seguendo la narrazione tratta dall’omonimo romanzo del 1971 pubblicato da Charles Willeford riadattata per l’occasione da Scott B. Smith (già candidato all’Oscar per un film tratto da un suo romanzo, A Simple Plan) che ha scritto la sceneggiatura del film, scegliendo di ambientare la storia non nella calda e umida Palm Beach in Florida dove si svolge il romanzo ma invece in Italia, tra Milano e il Lago di Como.

Protagonista del film è James Figueras (Claes Bang) un affascinante e talentuoso critico d’arte , un ex-enfant prodige caduto in disgrazia e che vive a Milano dando lezioni di storia dell’arte ad annoiati turisti americani in vacanza in Italia alla ricerca della grande bellezza. L’incontro con l’eterea e bellissima Berenice (Elizabeth Debicki) coincide con l’occasione del riscatto per l’ambizioso, frustrato, critico quando riceverà l’invito a raggiungere assieme alla ragazza sul Lago di Como Joseph Cassidy (Mick Jagger), un ricco collezionista d’arte che desidera offrirgli una straordinaria opportunità: incontrare l’artista più sfuggente e maledetto della storia dell’arte Jerome Debney (Donald Sutherland) la cui produzione è rimasta avvolta nel mistero sin da quando negli anni ’60 tutte le sue opere andarono bruciate a Parigi in un incendio e che paradossalmente – proprio a causa della loro sparizione – è divenuto famoso in tutto il mondo per una sola opera d’arte, una cornice vuota appoggiata a un muro. Cassidy desidera che Figueras incontri Jerome Debney – una sorta di J.D. Salinger che vive appartato, isolato dal mondo ospite del ricco mercante d’arte in una splendida villa sul lago – per visitare il suo studio, vedere le sue opere d’arte e intervistarlo per la prima volta per la rivista Flash Art con cui collabora. Un patto diabolico tra i due darà il via ad un avvincente susseguirsi di eventi che porteranno entrambi i personaggi a raggiungere, ad ogni costo, i rispettivi obiettivi. Il risarcimento della fama e della gloria per Figueras, la pubblicità e la ricchezza per Cassidy. Ma è Berenice la chiave per comprendere il senso di questo film. La ragazza, una giovane americana nata in un piccolo sperduto paesino del Minnesota, è uno specchio della verità con cui Figueras dovrà confrontarsi e che lo costringerà a prendere una strada inaspettata per portare a compimento l’incarico ricevuto da Cassidy.

Capotondi, che torna a Venezia per la seconda volta dopo La Doppia Ora,  mette in scena un film elegante e ben confezionato, un noir avvincente che trae la sua forza proprio dal contesto in cui si svolge, quello dell’arte appunto. Un mondo assurdo, velleitario, superficiale, crudele che viene dipinto efficacemente e in modo sin troppo vicino alla realtà per non risultare incredibilmente interessante. A cosa serve l’arte ? A cosa serve il critico d’arte ? Che obiettivi ha il mercante ? E quale rapporto esiste tra l’artista e il suo mecenate ? Sono alcune delle domande che emergono dalla visione sul grande schermo di questa storia, che non è solo ben scritta, ma che è interpretata straordinariamente da tutto il cast e in particolare da una brava ed essenziale Elizabeth Debicki che è il fil-rouge, la musa che guida lo spettatore a comprendere l’altro da sé, la forza brutale, la pulsione al riscatto del protagonista del film e l’impossibilità di venire a patti con la realtà se non trasformandola, falsificandola violentemente, per divenire ‘così come deve’ essere e dunque raggiungere l’agognato successo.

Il film – visto con gli occhi di chi segue il mondo dell’arte contemporanea – ha troppi riferimenti al mondo odierno per non risultare divertente e intrigante. Chi meglio di Jagger per interpretare il misterioso art dealer, chi se non l’autore di Sympathy for the Devil, per mettere il protagonista di fronte ad un patto faustiano ? E l’artista, l’artista che supera lo stereotipo, ma anche lo incarna. L’uomo famoso per aver realizzato una cornice vuota. Quale mistero nasconde il suo personaggio ? Avrà trovato il suo ‘colore blu’, quello che cerca da anni di ritrovare, di riprodurre ?

Non vogliamo aggiungere di più per non rivelare i segreti di questa storia, che ha il passo di Alfred Hitchcock e una allure non lontana da quella di Tom Ford regista, ma se possibile con una eleganza e un sapore anche un po’  italiano e che per questo ci piace ancor di più. In attesa di conoscere il nome del distributore cinematografico che porterà nelle sale del Bel Paese il film, ci auguriamo il successo per il ritorno sul grande schermo del regista Capotondi nato anch’egli, come la sua Berenice, in un piccolo paese di provincia (Corinaldo, una piccola cittadina marchigiana non distante da Senigallia) ma che cammina a passo sicuro sulla scena internazionale dove è anche un apprezzato regista televisivo, videomusicale e pubblicitario di grande notorietà. Bravò.

Fonte

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