Orazio Gentileschi, Il ritrovamento di Mosè, 1630, 301 x 257 cm, Collezione privata | Courtesy National Gallery
Considerato “un dipinto di eccezionale rilevanza per il patrimonio nazionale”, Il ritrovamento di Mosè è testimone dei quasi 13 anni trascorsi dal Gentileschi Oltremanica presso la corte del re Carlo I. In questo periodo l’anziano pittore si impegnò nella decorazione di alcune delle residenze reali producendo quadri da cavalletto e magnifici soffitti dipinti. L’opera appena acquistata è una delle più ambiziose e riuscite. Fu commissionata a Gentileschi nel 1630 dalla regina Henrietta Maria per celebrare la nascita del futuro Carlo II e destinato alla Queen’s House di Greenwich.
Oggi è l’unica opera del suo autore a essere conservata in una collezione pubblica britannica e per la National Gallery la sua acquisizione era una priorità già dal 1995. Un obiettivo diventato ancora più strategico negli ultimi anni con la consacrazione definitiva di Artemisia Gentileschi, della quale il museo inglese ha acquistato recentemente l’Autoritratto come Santa Caterina d’Alessandria.
I dipinti di padre e figlia Gentileschi sono ora tra i “punti focali” della Galleria del Barocco italiano, insieme a capolavori di Caravaggio e Guido Reni. Qui Il ritrovamento di Mosè spicca per bellezza ed efficacia narrativa, ma soprattutto per le vibrazioni luminose e i colori sontuosi distesi su una tela di dimensioni monumentali (257×301 cm) che ricordano le grandi rappresentazioni storiche di Tiziano e Paolo Veronese.
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