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Otto dipinti futuristi da non perdere

New York, Museum of Modern Art. Dono di Herbert e Nannette Rotschild | Umberto Boccioni, La Risata, 1911

Rombo di aerei, ruggito di automobili, città animate da palazzi in costruzione, e, su tutto, l’uomo, “novello Icaro, lanciato in corsa a percorrere il mondo con forza e velocità”, al galoppo su un progresso trionfante, verso la radiosa magnificenza del futuro.
Un dinamismo travolgente avvolge l’osservatore, investito da cavalli e cani dalle infinite zampe, ballerine, città, a comporre masse multicolori e polifoniche di azioni quotidiane rese vive da pennellate vistose e vibranti.
“Ricostruire l’universo rallegrandolo, cioè ricreandolo integralmente, dando scheletro e carne all’invisibile, all’impalpabile, all’imponderabile, all’impercettibile”: sulla base di questo obiettivo i futuristi costruiranno il loro stile che riecheggia nei loro principali capolavori.
Ecco quelli da non perdere.


Umberto Boccioni, Forme uniche della continuità nello spazio, 1913, Bronzo, Milano, Museo del Novecento | Foto: Paolobon140 (Opera propria) via Wikimedia Creative Commons

• Umberto Boccioni, Forme uniche della continuità nello spazio
“In questi giorni sono ossessionato dalla scultura! Credo di aver visto una completa rinnovazione di quest’arte mummificata”. Scriveva così ad un amico Umberto Boccioni, nel 1912. Un anno dopo avrebbe completato Forme uniche della continuità nello spazio, uno dei più alti capolavori del Futurismo, rappresentazione simbolica del movimento e della fluidità.
“Questo succedersi, mi sembra ormai chiaro, non lo afferriamo con la ripetizione di gambe, di braccia, di figure, come molti hanno stupidamente supposto, ma vi giungiamo attraverso la ricerca intuitiva della forma unica che dia la continuità nello spazio” scriveva sempre il pittore. Ed è per questo che la sua figura umana in cammino è priva braccia, e quindi del suo “involucro” esterno. Da un lato è simile a uno “scorticato” anatomico, dall’altro ricorda una “macchina”, un ingranaggio in movimento.

Se osserviamo la figura da destra, il torso sembra essere pieno, ma guardandola da sinistra la vediamo trasformarsi in una cavità vuota. La figura sembra quindi modellarsi a seconda dello spazio circostante, assumendo la funzione di plasmare le forme.
Tuttavia rispetto al tema classico della figura umana in movimento, ripreso da molti artisti agli inizi del Novecento, dall’Uomo che cammina di Auguste Rodin alla Ragazza che corre sul balcone di Giacomo Balla, il pittore reggino sceglie una strada del tutto personale. Invece di frazionare il movimento in singoli fotogrammi cerca una “forma unica” che ne veicoli “la sensazione” in maniera immediata.


Giacomo Balla (1871 – 1958), Dinamismo di un cane al guinzaglio, 1912, Buffalo, Albright-Knox Art Gallery

• Giacomo Balla, Dinamismo di un cane al guinzaglio
Conservato nella Albright-Knox Art Gallery di Buffalo, l’opera, datata 1912, è una riflessione del pittore sul tema del movimento. Come fosse una riproduzione simultanea di scatti fotografici, l’olio su tela presenta, attraverso rapide pennellate, e contemporaneamente, le diverse immagini delle zampe e della coda di un cane nella successione determinata dal moto. L’azzeramento dello spazio permette all’artista di rendere il movimento delle gambe della padrona e l’oscillazione, in quattro direzioni, del guinzaglio bianco.
Nonostante vengano rappresentati in modo realistico, i corpi si smaterializzano, le figure vengono fissate in monocromo su sfondo piatto, la strada bianca, con poche sfumature di bianco, nero, marrone, viola.


Giacomo Balla, Velocità d’automobile (velocità n. 1), China acquarellata su carta foderata, 60 x 46.5 cm, Rovereto, MART

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Giacomo Balla, Velocità di automobile
Definita nel Manifesto del Futurismo “più bella della Nike di Samotracia”, l’automobile assurge in Giacomo Balla a una sorta di vittoria dell’artista sulla difficoltà di rappresentare la velocità in pittura.
Tra 1913 e il 1914 il pittore diede vita a una serie di quadri, tra i quali si colloca questo olio su tela che riproduce la scansione della velocità dell’automobile. Ed in effetti, osservandola con attenzione, è possibile cogliere il moto sinusoidale delle ruote, mentre sul fondo l’artista pone una serie di archi, forse tracce di antiche costruzioni romane. La velocità viene resa attraverso la dinamica successione di linee che si intersecano.


Umberto Boccioni, La Risata, 1911, Colore a olio, 145 x 100 cm, New York, Museum of Modern Arts

• Umberto Boccioni, La risata
Nel volto sorridente e carico di realismo della donna ritratta da Boccioni, sembra di intravedere l’euforica atmosfera della vita notturna di una Milano che l’artista interpreta come metropoli effervescente, irridendo gli schemi di vita tradizionale. Il quadro, oggi al MoMA di New York, fu dipinto, in una prima redazione, prima del viaggio a Parigi del 1911, per essere ripreso in seguito, sotto la suggestione delle opere cubiste, il cui influsso appare con forte evidenza nella composizione, ad eccezione del volto della protagonista.
L’obiettivo dell’artista è di rendere una trascrizione emozionale di un sentimento umano – una risata che investe la donna per propagarsi verso tutti gli altri personaggi – servendosi di linee e colori. Attorno al corpo della protagonista, il cui volto è perfettamente riconoscibile, si muove la Milano celebrata da Boccioni, della vita notturna, dei locali gremiti, delle bottiglie di vino scomposte e che ricordano quelle di Picasso.


Umberto Boccioni, La città che sale, 1910-1911 

• Umberto Boccioni, La città che sale
Per realizzare quest’opera, tra il 1910 e il 1911, Boccioni prese spunto dalla vista che gli si offriva dal balcone della sua casa di Milano, dove abitava. Il titolo originale era Il lavoro.
Malgrado la presenza di elementi realistici come il cantiere o la resa prospettica dello spazio, questo dipinto, oggi al Museum of Modern Art di New York, viene considerato la prima opera veramente futurista del pittore reggino.
I palazzi in costruzione emergono da una periferia urbana, tra ciminiere e impalcature inserite nella parte superiore. Ad occupare buona parte dello spazio centrale sono i cavalli rossi sormontati da cavalieri, intrecciati tra loro in uno sforzo carico di dinamismo. Emergono dall’opera alcuni tra gli elementi più tipici del Futurismo, quali l’esaltazione del lavoro dell’uomo e l’importanza della città moderna. La rappresentazione di un comune momento di lavoro in un cantiere qualsiasi si fa celebrazione dell’idea di progresso industriale, come si evince dal cavallo trattenuto invano dagli uomini attaccati alle briglie.


Carlo Carrà, I funerali dell’anarchico Galli, 1910-1911, Olio su tela, New York, MoMA

• Carlo Carrà, I funerali dell’anarchico Galli

“Io che mi trovavo senza volerlo al centro della mischia, vedevo innanzi a me la bara tutta coperta di garofani rossi ondeggiare minacciosamente sulle spalle dei portatori; vedevo i cavalli imbizzarrirsi, i bastoni e le lance urtarsi, sì che a me parve che la salma cadesse da un momento all’altro e che i cavalli la calpestassero. Fortemente impressionato, appena tornato a casa feci un disegno di ciò a cui ero stato spettatore”.
È lo stesso Carrà a raccontare che da un suo disegno avrebbe preso in seguito spunto per il quadro Il funerale dell’anarchico Galli, esposto, nella primavera del 1912, alle mostre futuriste di Parigi, Londra, Berlino.
Conservata oggi al Museum of Modern Art di New York, l’opera rappresenta le esequie di un anarchico ucciso a Milano nel 1904, durante uno sciopero generale. L’episodio dovette colpire molto l’artista, al punto da essere “fermato” nella tela.


Gino Severini, Ritratto di Madame S., 1913-15, Pastello su cartoncino su tela, 65 x 91 cm, Rovereto, MART

• Gino Severini, Ritratto di Madame S
A Madame Meyer-See, moglie di un noto gallerista di Londra, Gino Severini dedicò numerosi ritratti, indicando questi lavori come come una delle prime applicazioni dei canoni futuristi al genere del ritratto. Questo Ritratto di Madame S, oggi nelle collezioni del MART di Rovereto, appartiene proprio a questa serie.
La protagonista, ritratta con i suoi boccoli biondi, gli occhi celesti, un abito blu cobalto e, in testa, un vistoso cappello di piume, viene raffigurata accanto al suo cane, e inserita in un ambiente prismatico popolato da oggetti, ma soprattutto ricco di valenze emotive.
Severini, infatti, è convinto che nel ritratto interagiscano due psicologie: quella del pittore e quella del soggetto ritratto.


Umberto Boccioni, Nudo di spalle (Controluce), 1909, Olio su tela, 61 x 55.5 cm, MART, Collezione L.F. | © MART, Archivio fotografico e Mediateca

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Umberto Boccioni, Nudo di spalle
In questa tela del 1909 l’artista calabrese rappresenta sua madre. La donna, con la schiena scoperta, è investita dai raggi di luce, che sembrano frammentarsi in mille bagliori sulla sua pelle. Questo effetto è reso attraverso infiniti filamenti di colore puro, accostati l’uno all’altro, in linea con la tecnica pittorica divisionista appresa da Balla, da Segantini o da Previati.
Boccioni fa tesoro della lezione pittorica del suo amico e maestro Giacomo Balla, che anticipa l’energia e il senso dinamico della sua produzione successiva, quando il pittore reggino sarà tra i firmatari del Manifesto della Pittura Futurista del 1910.

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Fonte

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