Palermo – “L’arte scuote dall’anima la polvere accumulata nella vita di tutti i giorni” scriveva Picasso. E forse oggi potremmo aggiungere, anche le ansie, ridestando la fiducia nel prossimo.
Non sono soltanto le oltre 70mila prenotazioni (2mila solo domenica scorsa) della prossima mostra su Raffaello a Roma, a far ben sperare nella bellezza come “remedium malorum”, al di là delle emergenze.
Giunge dal Museo civico di Castelbuono (Palermo) il primo progetto sperimentale siciliano di cura attraverso l’arte. Si chiama “Pharmakon. L’arte che cura” ed è rivolto ai pazienti affetti da malattie cronico-degenerative. Si tratta di un’iniziativa che consolida l’istituzione museale quale luogo di aggregazione sociale, finalizzata all’affermazione del valore terapeutico dell’arte e della cultura.
Organizzato dall’Associazione Laboratorio Sud, ideato da Claudia Villani, progettista culturale, mediatrice artistica, appassionata di studi sui sistemi complessi, e dalla dottoressa Monica Sapio, responsabile U.O. Terapia del dolore dell’Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli, il progetto “L’arte che cura” si ispira all’esperienza realizzata al museo di Belle Arti di Montreal in Canada.
Pharmakon prevede una visita museale al mese, per un periodo complessivo di sei mesi, per gruppi (di circa 15 persone) di pazienti fibromialgici (la fibromialgia è una sindrome cronica e sistemica, il cui sintomo principale è rappresentato da forti e diffusi dolori all’apparato muscolo-scheletrico) e da medici.
Il primo incontro è in programma per il 7 marzo, dalle 10 alle 17, al Museo Civico di Castelbuono.
La visita museale, preparata dall’equipe sanitaria, si avvarrà anche del supporto di un coordinatore artistico e di uno psicoterapeuta. Al termine del percorso i membri del gruppo si confronteranno, assistiti da un medico.
Secondo i sostenitori del progetto, la medicina narrativa favorirà l’emergere nei pazienti a contatto con l’opera d’arte, di contenuti inconsci inerenti alla patologia, elemento che faciliterà il dialogo con i medici rendendo possibile un piano diagnostico e terapeutico personalizzato.
Il confronto transdisciplinare, mediato dall’arte, è l’approccio innovativo alla base di questa sperimentazione.
Il clima di scambio e fiducia migliorerebbe il rapporto medico-paziente, consentendo pertanto di approfondire la storia della malattia, nelle sue diverse accezioni e sfaccettature.
“La medicina narrativa – spiega Claudia Villani – favorisce la relazione tra medici e pazienti e permette loro di descrivere non tanto i sintomi quanto di raccontare aspetti della loro vita. Finora abbiamo sperimentato questo consulto transdiplinare con i pazienti attraverso diverse branche, ma mai attraverso l’arte. Durante la visita al museo di Castelbuono seguiremo un percorso specifico, indicando ai pazienti come relazionarsi con l’opera, inducendoli a non concentrarsi troppo sulla rappresentazione, ma invitandoli a cercare un dialogo più profondo. Ognuno individuerà un’opera d’arte (preferiamo non anticipare quelle che abbiamo scelto per il percorso) che assume per ciascuno una particolare rilevanza. Una volta verificata effettivamente l’utilità di questo metodo, che al momento è solo sperimentale, possiamo pensare di proporlo anche in altri musei”.
La prima visita museale di Pharmakon verrà documentata tramite video e interviste e poi presentata in un convegno. Al termine dei sei mesi, i risultati raccolti, analizzati ed elaborati, potrebbero portare, secondo le singole peculiarità degli specialisti, alla personalizzazione della cura e alla sua condivisione, partendo proprio dall’esperienza artistica.