Nella terza Stanza di Raffaello ai Palazzi Apostolici un grande affresco colpisce l’attenzione del pubblico che abbia la fortuna di entrarvi. E’ lncendio di Borgo, un’opera realizzata dal Sanzio assieme ad alcuni dei suoi più validi assistenti nel 1514 e la prima che Raffaello porta a termine su incarico del nuovo pontefice Leone X che era asceso al Soglio di San Pietro nel marzo del 1513 succedendo al papa “guerriero” Giulio II scomparso nel febbraio dello stesso anno.
Il nuovo papa chiese a Raffaello di decorare la grande sala da pranzo – adibita in precedenza ai tempi di Giulio II per ospitare le riunioni del più alto tribunale della Santa Sede la Segnatura Gratiae et Iustitiae – con storie che rievocassero una serie di famosi episodi tratti dalle vite di Papi che avevano portato anch’essi il nome Leone, in particolare Leone III (per gli affreschi Incoronazione di Carlo Magno e Giuramento di Leone III) e Leone IV (Incendio di Borgo e Battaglia di Ostia).
Il primo affresco cui Raffaello mette mano nella terza stanza è proprio quello che le dà il nome: l’Incendio di Borgo
Nell’affresco si descrive un evento leggendario secondo cui il pontefice Leone IV avrebbe miracolosamente fermato le fiamme che stavano distruggendo il quartiere romano di Borgo, a due passi dall’antica Basilica di San Pietro, grazie all’intervento divino invocato con una benedizione sulla città. E’ una metafora che serve a Raffaello per portare avanti un tema di propaganda politica caro al nuovo pontefice della famiglia Medici, che era stato eletto proprio con l’obiettivo di sedare le lotte intestine alla cristianità che affliggevano quei tempi.
Una composizione innovativa.
La scena rappresentata nell’affresco ha un impianto e una struttura completamente diversa da quelle di altri importanti affreschi realizzati dall’urbinate nelle altre Stanze come La Scuola di Atene o La Liberazione di San Pietro. L’impianto formale è complentamente differente e rispetto alle geometrie ordinate, qui prevale una rappresentazione fortemente teatrale, una potenza del gesto e del momento che non ritroviamo in altre opere.
Incendio di Borgo è costruito su due quinte in primo piano che evocano la dinamica dell’incendio da destra a sinistra dell’affresco. In prospettiva al centro, il papa dalla finestra di un edificio che si affianca all‘antica Basilica di San Pietro impartisce la sua benedizione al popolo. E’ lontano, piccolo, ma è al centro dell’opera. Il miracolo, l’intervento divino pare una premessa alla salvezza che verrà, quel che invece colpisce l’occhio dello spettatore sono le scene che si svolgono in primo piano, come in un film.
In primo piano l’umanità di fronte alla tragedia.
La parte frontale dell’affresco si poggia su due gruppi di architetture che fanno da cornice alla scena. A sinistra un edificio è in fiamme nell’oscurità, più vicino allo sguardo un tempio in rovina e un muro dove si descrive una prima scena. Un uomo si cala dalla parete. Il corpo è nudo, i muscoli tesi nello sforzo. Al suo fianco una donna, una madre, che emerge dalla coltre dei fumi che stanno per travolgerla cerca di salvare il figlio in fasce calandolo verso un uomo che si prepara a prenderlo. A destra, un gruppo di donne e di uomini, passano dei vasi ricolmi d’acqua nel tentativo di fermare l’incendio. Al centro donne, bambini, grida, disperazione. Invocano Dio, chiamano il pontefice a compiere un miracolo. Lo sguardo torna più in alto, sale i gradini della scalinata e più su sotto un altro gruppo di persone si riunisce concitato sotto le finestre del vescovo di Roma che sta benedicendoli. E’ un quadro compositivo fatto di pieni e di vuoti quello di Incendio di Borgo in cui Raffaello anticipa la teatralità del barocco seicentesco e che sarà ampiamente ripreso in futuro.
Il miracolo di Enea.
Sulla sinistra un’altra scena colpisce l’attenzione. Un giovane porta sulle spalle un uomo più anziano. Al suo fianco un ragazzino e lo segue una donna. Fugge dalla tragedia, ma non rinuncia alla propria umanità. E’ Enea che porta Anchise sulle spalle, il figlio Ascanio, la donna che lo segue guarda altrove. E’ forse Creusa, la moglie di Enea, che si perderà nell’incendio di Troia.
Raffaello cita Virgilio. E’ da una tragedia, da un esodo di un popolo in fuga, che nasce Roma. L’eroe troiano fugge da una città in fiamme, ma non perde la propria umanità. E’ dalla famiglia, dai padri e dalle madri, dal culto degli avi, dalla pietas che trae fondamento la civiltà. Nasce dalla cenere per risorgere a nuova vita, ma non è barbarie, non è abbandono dei valori. Come nel mito di Atlante che regge il mondo sulle proprie spalle, il giovane figlio salva il malandato, vecchio, malato padre e lo porterà di là dalle acque nella nuova terra promessa dove fonderà Roma. Il viaggio sarà lungo e periglioso, le perdite gravi e irreparabili. Enea perderà la moglie, come nel mito di Orfeo ed Euridice, proverà a discendere nell’Ade per riportarla con sé nel regno dei vivi. Il padre morirà nel nuovo mondo, a Drepano, l’antica Trapani e il suo corpo dice la leggenda sia alle pendici di Erice dove fu eretto un tempio ad Afrodite, la dea con cui l’uomo aveva concepito l’eroe Enea. Ma infine il destino porterà Enea a fondare la città di Roma da cui nascerà un Impero che dominerà il mondo nei secoli.
L’Incendio di Borgo è di Raffaello ma pare di Michelangelo.
Se il disegno dell’opera fu certamente di Raffaello Sanzio, molti studiosi dubitano che l’intero affresco sia stato dipinto dalla mano del principe del Rinascimento. Secondo le tesi più accreditate il Sanzio, all’apice del successo a Roma, si avvalse dell’aiuto di diversi assistenti, Giulio Romano in primis. Ma oltre all’intervento di Romano c’è di più. Nell’opera di Raffaello riecheggia possentemente il lavoro di Michelangelo Buonarroti che poco lontano, due anni prima aveva completato di affrescare la Cappella Sistina. Sono molti i riferimenti a Michelangelo che saltano all’occhio. Gli uomini sulla sinistra hanno una fisicità, una muscolarità che non conoscevamo in Raffaello. Creusa pare avere il volto della Sibilla Libica.
Il culto per l’architettura della Roma classica.
Diversi elementi in Incendio di Borgo paiono coincidere con il rinnovato interesse di Raffaello per l’arte antica. Sulla sinistra il colonnato corinzio pare quello del Tempio dei Dioscuri, mentre a destra l’edificio dove si affannano i portatori d’acqua sembra il Tempio di Saturno al Foro Romano. Le scenografie dell’opera rimandano ai monumenti di Roma antica e ricordano forse che Leone X tra i primi atti del suo pontificato nominò l’artista Conservatore delle antichità di Roma, dunque responsabile della tutela e dello studio degli interessi monumentali antichi della città, e Architetto di San Pietro dopo la morte del grande Bramante che avvenne proprio nel 1514.