Una delle sale della collezione Magna Grecia al MANN. Courtesy Museo Archeologico Nazionale di Napoli
Teatro di questa narrazione, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli dove oggi riapre la collezione Magna Grecia, con oltre 400 opere che testimoniano le caratteristiche insediative, le strutture sociopolitiche, il retroterra religioso e artistico della Campania di epoca preromana.
La complessità della coesistenza tra le comunità radicate nel Sud della penisola è il filo conduttore di un percorso che abbraccia diversi nuclei tematici accompagnando i visitatori in un viaggio a ritroso nella storia, dall’VIII sec. a. C. alla conquista romana.
“Restituiamo oggi al Museo Archeologico Nazionale di Napoli una parte fondamentale della sua identità – dichiara il direttore Paolo Giulierini -. Il riallestimento dopo 20 anni della collezione Magna Grecia, tra le più ricche e celebri al mondo, è l’esito di un vasto piano di interventi per il riassetto dell’ala occidentale dell’edificio destinata ad accogliere le testimonianze dell’epoca preromana. Nelle sale del primo piano che ospitano il percorso espositivo, un’esperienza unica attende il visitatore, che potrà letteralmente ‘passeggiare nella storia’. Lo farà camminando, con le opportune precauzioni, sui magnifici pavimenti a mosaico provenienti dalla Villa dei Papiri di Ercolano, da edifici di Pompei, Stabiae, dalla villa imperiale di Capri, finalmente recuperati e riportati alla loro magnificenza. La storia dei greci in Occidente, e quella dei popoli italici con i quali vennero a contatto, torna quindi a passare per il MANN, e mi piace immaginare questa ‘nuova’ sezione come un affascinante ‘portale della conoscenza’ che da Napoli conduca alla scoperta degli antichi tesori del Mezzogiorno d’Italia’’.
Dalle sepolture da Pithekoussai (Ischia) e Cuma (databili tra la seconda metà dell’VIII e gli inizi del VII sec. a. C.), testimonianza delle fasi più remote della “colonizzazione” greca del Sud Italia ha inizio un viaggio nell’universo mitico e religioso delle città magnogreche che trova superba espressione nella coloratissima opera d’arte del fregio in terracotta con lotta tra Eracle e il mostro marino Nereo e le Tavole di Eraclea.
Accanto ai luoghi del sacro si fa spazio il banchetto, il cui significato tra dimensione individuale e sociale, nella cultura greca e magnogreca di epoca arcaica e classica si concreta nella ricostruzione di un convivio tra VI e V sec. a.C. in cui ogni vaso assume una funzione specifica. Se il banchetto prevedeva il consumo comunitario del pasto, il simposio, che al banchetto seguiva, era il momento in cui i convitati bevevano e conversavano insieme.
Furono le popolazioni di origine italica (campani, sanniti, lucani e apuli) nell’Italia meridionale, negli ultimi decenni del V sec. a.C., a sostituirsi ai greci nell’amministrazione delle città maggiori, definendo nuove forme di organizzazione sociale. Significativo, in tal senso, il consistente nucleo di materiali provenienti da Ruvo, piccolo centro agricolo della Puglia, inserito in una rete commerciale transcontinentale connessa alla via dell’ambra baltica tramite gli empori dell’Etruria adriatica e al Mediterraneo orientale tramite i porti magnogreci. Proprio a Ruvo, sulle pareti della Tomba delle Danzatrici, il 15 novembre 1833 furono scoperte alcune lastre dipinte che riproducono la scena di una danza funebre (fine del V e inizi del IV sec. a.C) che costituisce, ad oggi, una delle più alte attestazioni di pittura antica nel Sud Italia.
Le raffinate oreficerie e i gli ornamenti preziosi indossati per ostentare la propria appartenenza sociale condividono la sala con il Cratere di Altamura (metà IV sec. a.C.), uno dei più monumentali vasi apuli restituitici dall’antichità.
L’opera, recentemente restaurata dallo staff del Getty Museum, presenta un’emblematica raffigurazione del mondo degli Inferi con la dimora di Ade e Persefone, insieme a numerosi personaggi mitologici legati all’aldilà.
Non manca tuttavia lo sguardo rivolto alla Campania interna e ai contesti più significativi da Nola a Cales (l’odierna Calvi Risorta nel casertano), aree che, a partire dal I millennio a.C. gettano un ponte tra l’Italia centrale e meridionale, tra la costa tirrenica, la fascia appenninica e il versante adriatico della penisola.
L’Hydria Vivenzio – attribuita al Pittore di Kleophrades (490-480 a.C.), con la sua armonia compositiva in opposizione alla violenza nella resa dei dettagli – dialoga con le scoperte archeologiche più importanti avvenute tra Otto e Novecento grazie a studiosi come Paolo Orsi, Umberto Zanotti Bianco e Giovanni Pugliese Carratelli.
Lungo le 14 sale del Museo attigue al salone della Meridiana che accoglie la collezione si incontrano pregiati sectilia a motivi geometrici e mosaici di età romana, sottoposti negli anni ad un intervento di manutenzione e pulizia. Per camminare sulla pavimentazione a mosaico delle sale sono necessarie alcune precauzioni, come l’impiego di apposite calzature che si possono acquistare al costo di 1,50 euro. La spesa sarà minima, ma l’emozione infinita.
Il progetto di nuova apertura della collezione Magna Grecia è accompagnato da una guida-catalogo, a cura di Paolo Giulierini e Marialucia Giacco, mentre la guida è edita da Electa.