Antonello da Messina, Annunciata, 1475-76, Tempera e olio su tavola, 34.5 x 45 cm, Palermo, Galleria Regionale di Palazzo Abatellis
Con il capo coperto da un velo – che ricorda il colore del mare di Sicilia – sembra ascoltare una voce che le parla dentro, mentre una leggera brezza agita le pagine del libro appoggiato su un leggìo. E sembra davvero un capolavoro dipinto da “un pittore non umano” – come ebbe a definirlo suo figlio, Jacobello – L’Annunciata, sublime icona e sintesi dell’arte di Antonello da Messina, il “solennissimo depentore”che ebbe come grande merito quello di aver saputo cogliere in un sorriso l’uomo, trasferendolo nella sfera del sacro.
Cosa possiamo osservare sulla superficie del leggìo?
Sulla superficie del legno che sorregge il libro si intravedono i segni di un tarlo. Il leggìo viene delineato dall’artista con precisione estrema, con un’attenzione verso i dettagli, che ricorda la pittura fiamminga.
Seduzione e purezza nella straordinaria intuizione dell’artista
Accennando a un lieve strabismo dello sguardo, il pittore ci lascia intuire che la Vergine stia cercando qualcuno, forse l’Arcangelo Gabriele, il messaggero di Dio, che sta per annunziarle il suo destino.
Che gesto compie Maria con le mani?
L’intera scena dipinta da Antonello da Messina, oltre che dallo sguardo intensissimo della donna, è dominato dalle mani, affusolate, gentili. La mano destra è di una bellezza straordinaria, avanza nello spazio seguendo la prospettiva. Trema nell’aria, cade in direzione dello spigolo del leggìo, a cercare la profondità prospettica che l’artista ha presagito ponendo il tavolo di spigolo. Con la mano destra la Madonna compie un gesto significativo, come a voler trattenere lontano chi le sta davanti (l’osservatore, il pittore, o forse l’angelo stesso). È come se volesse fermare l’eventuale presenza fisica dell’angelo tenendolo a distanza, come a voler sottolineare di essere già a conoscenza del proprio destino.
La mano destra è raffigurata in un mirabile e sofisticato scorcio che rimanda direttamente all’arte di Piero della Francesca, come notava già Roberto Longhi nel 1914 mettendo in relazione la mano dell’Annunciata con quella della dama che sbuca dietro la regina di Saba nell’affresco con l’Adorazione del sacro legno e l’incontro con re Salomone che il pittore toscano aveva inserito nelle Storie della Vera Croce nella Chiesa di San Francesco ad Arezzo.
Piero della Francesca, Dettaglio dal ciclo di affreschi della Leggenda della Santa Croce nel Coro della Basilica di San Francesco ad Arezzo, 1452-1466
Una mano che, dunque, definisce uno spazio tra l’Annunciata e noi. Il gesto segna la distanza che la separa dall’osservatore.
La mano sinistra, invece, è rivolta verso il petto, nel gesto di chiudere i lembi del velo con cui Maria difende il proprio pudore, e al tempo stesso custodisce il bene prezioso che ha dentro.
In che modo il pittore rappresenta lo Spirito Santo?
Pare che dall’opera emergano riferimenti allo Spirito Santo, curiosamente rappresentato sotto forma di vento. Le pagine del libro adagiato su un leggìo sono come sollevate da un soffio. D’altra parte, la parola “spirito” in ebraico si traduce “ruach”, che nel suo senso primario significa soffio, aria, vento, respiro.
Cosa c’è scritto sul libro di fronte a Maria?
A lungo si è cercato di capire cosa rappresentassero i segni posti sul manoscritto di fronte alla Madonna. Maria ha davanti a lei un Magnificat, come attestato dalla “M” di apertura riconosciuta nel testo. Le scritte in nero sul foglio, inoltre, evidenziano residui di alcune lettere che dovevano comporre certe frasi iniziali del Magnificat “anima mea Dominum, et exultavit spiritus meus in Deo salutari meo”.
Perché il pittore non rappresenta l’angelo?
Antonello da Messina, con scelta innovativa e originale, sceglie di rappresentare l’Annunciata e non l’Annunciazione. La Madonna guarda davanti a sé, come se già avesse ricevuto la notizia. L’angelo, se fosse presente nella scena, lo si potrebbe pensare al posto del pittore o dell’osservatore. Il pittore sceglie di non rappresentarlo perché il messaggero di Dio che annuncia alla Vergine il suo destino, è già presente dentro di lei, in quel petto verso cui la mano destra si dirige, mentre chiude il velo con un gesto di assoluta intimità.
Con un’intuizione originalissima, il Maestro riduce l’Angelo ad una parte della stessa Vergine, che si tratti dell’anima o della sua coscienza. Ed è forse per questo che lo sguardo della Vergine è perso nel vuoto, a guardare un punto fisso, come se stesse pensando tra sé e sé.
Eppure il pittore siciliano, pur non rappresentandolo, ci lascia nelle condizioni di percepire la presenza dell’Arcangelo Gabriele, giunto per annunciare a Maria la nascita di Gesù. Sentiamo quasi il fruscio delle sue ali, pur non vedendolo.
La Vergine, colta di sorpresa, protende la mano con un “soprassalto di pudica sorpresa ma anche d’interrogazione”.
Geometria e dinamismo
La rapidità dell’azione, che coglie la Vergine alla sprovvista, non turba l’eleganza dei suoi gesti, che rimane inalterata. La posata compostezza viene resa da Antonello attraverso un severo ordine geometrico che inscrive il volto in un ovale, descrive un triangolo attraverso il velo, compone pieghe perpendicolari. Una piega del velo sulla fronte descrive, forse in maniera casuale, un asse che arriva fino all’angolo del leggìo. Questa rigorosa geometria è controbilanciata dalla leggera torsione della figura e dal gesto delle mani che offrono alla composizione una profonda naturalezza.
Una delle innumerevoli interpretazioni offerte al dipinto intravede i diversi momenti di un racconto presenti nell’espressività delle mani, dello sguardo e delle labbra.
Eppure, nonostante questa disposizione geometrica, la tavola è come animata da un soffio vitale, generato da quell’ incontro che potrebbe precedere un dialogo, oltre che dalle espressive movenze della Vergine.
Il sottile alito di vento che scompone le pagine del libro preannuncia l’arrivo dell’arcangelo che muove l’aria attorno a sé.
La grande rivoluzione di Antonello da Messina
Il pittore con l’Annunciata crea una straordinaria connessione tra l’osservatore e il dipinto, elemento che rende il quadro “un’immagine rivoluzionaria”. Con grande spirito innovativo l’artista inserisce la Vergine in un contesto narrativo, come a voler effettuare, da abile regista, un primo piano sul volto e sulle mani.
L’Annunciata inaugura una nuova maniera di rappresentare e di interpretare il tema dell’Annunciazione. Il Maestro di Messina, apripista per quella “pittura tonale” dolce e umana che avrebbe caratterizzato il Rinascimento veneto, rende la Vergine l’unica protagonista della scena, raffigurandola a mezzo busto e in posizione quasi frontale rispetto allo spettatore, con lo sguardo, non fisso sulla Bibbia, ma capace di raggiungere l’osservatore.
I motivi iconografici dell’epoca, che pure il pittore aveva utilizzato per l’Annunciazione di Palazzolo Acreide del 1474 (attualmente a Palazzo Bellomo a Siracusa), scompaiono: l’angelo, la colomba dello Spirito Santo, il giglio, la tenda mossa dal vento, la camera da letto, il giardino sono assenti. Il messaggio dell’Annunciazione viene così completamente interiorizzato.
Antonello da Messina, Annunciata, 1475-76, Tempera e olio su tavola, 34.5 x 45 cm, Palermo, Galleria Regionale di Palazzo Abatellis
Quando fu realizzata l’Annunciata e dove si trova?
Realizzata intorno al 1476 dopo il suo ritorno in Sicilia, l’Annunciata, è oggi esposta a Palermo alla Galleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis, in un allestimento che determina nel visitatore un’esigenza di silenzio, raccoglimento e contemplazione.
Eppure di questo capolavoro dell’arte per secoli non si ebbero notizie. La prima citazione risale al 1866, quasi tre secoli dopo la sua realizzazione, quando il prelato e storico dell’arte Gioacchino Di Marzo scrisse di aver visto a Venezia un’opera uguale all’Annunciata, nella collezione di un certo monsignor Vincenzo Di Giovanni. A sua volta acquistata dalla nobile famiglia palermitana dei Colluzio, l’opera era allora attribuita ad Albrecht Dürer.
Il dibattito su quale fosse l’esemplare originale, se quello che Di Marzo, oppure quello palermitano, andò avanti irrisolto fino al 1907. Nel 1906 l’Annunciata entrò a far parte della raccolta di quello che era all’epoca il Museo Nazionale di Palermo, oggi diventato Galleria Regionale, e venne esposta per la prima volta nelle sale del Palazzo.
L’originalità dell’opera di Palazzo Abatellis e l’attribuzione ad Antonello da Messina vennero confermate da Enrico Brunelli nel 1907, che stabilì la precedenza dell’Annunciata di Palermo rispetto al dipinto di Venezia: “il rosso è un rosso vermiglio, simile al sangue arterioso, l’azzurro volge al verde marino e ha un’intonazione particolarissima che si riscontra talora nel mare siciliano, quando l’azzurro intenso di un cielo sereno del meriggio è rispecchiato e pare si fonda quasi nelle acque tranquille e profonde”.
Chi si cela dietro l’Annunciata di Palermo?
Secondo un’ipotesi, tuttavia non confermata, la giovane ritratta da Antonello potrebbe essere Santa Eustochia Calafato (al secolo Smeralda), nata a Messina nella stessa epoca del pittore.
L’Annunciata di Palermo e quella di Monaco
Realizzata intorno al 1473, tre anni prima di quella di Palermo, e conservata oggi all’Alte Pinakothek di Monaco di Baviera, l’Annunciata di Monaco è stata rappresentata da Antonello in un momento in cui non si è ancora svolta l’azione di concepimento da parte dello Spirito di Dio. In quella di Palermo, invece, l’azione del concepimento è già avvenuta. A questa interpretazione è stato possibile risalire attraverso lo studio di piccoli particolari come il volto delle due Madonne. In quella di Palermo dal viso di Maria emerge una leggera piega dell’angolo labiale che rappresenta un sereno sorriso. Nella Maria di Monaco, invece, la bocca è aperta, come se la Vergine fosse colta da stupore improvviso quando l’angelo le annuncia di essere la prescelta. Inoltre, nel dipinto di Monaco di Baviera le braccia incrociate al petto starebbero a indicare che Maria ha accolto pienamente l’annuncio e le conseguenze che questo comporta per la sua vita e per l’umanità intera.
Antonello da Messina, Vergine annunziata, 1475, 43 x 32 cm, Monaco, Bayerische Staatsgemäldesammlungen
L’Annunciata e i modelli fiamminghi
Nello sfondo scuro e nella rappresentazione essenziale si ritrova lo stile fiammingo di Petrus Christus, artista appartenente alla cosiddetta “seconda generazione” della pittura fiamminga, che probabilmente Antonello conobbe in Italia. La luce radente estrae dalla tavola i lineamenti e la verità del personaggio, incontra i colori a olio con morbidi accostamenti che restituiscono la diversa consistenza dell’incarnato e dei materiali, del legno, dei tessuti, della carta.
A differenza dei colleghi fiamminghi, tuttavia Antonello da Messina ha una salda impostazione volumetrica della figura. L’Annunciata rappresenta uno dei traguardi fondamentali della pittura rinascimentale italiana, grazie alla purezza formale, allo sguardo magnetico, alla mano sospesa in una dimensione astratta, che ne fanno un capolavoro assoluto.
Partendo dalla sua Sicilia, cuore degli scambi culturali nel Mediterraneo, Antonello realizza una pittura che è “sintesi prospettica di forma e colore”.