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Un’estasi di luce: restaurata la Cappella Albertoni del Bernini

Roma – Un raggio di sole penetra in un piccolo ambiente da una finestra nascosta, illuminando ori e marmi bianchissimi. Al centro il corpo di una donna si contorce in preda all’estasi, tra i vortici del velo e della veste. Due sante vegliano su di lei, putti sospesi nell’aria ne cantano la gloria.
Per chi entra dalla navata principale della chiesa romana di San Francesco a Ripa, la Cappella Paluzzi Albertoni appare all’improvviso nella penombra, come una visione. Altissimo esempio dell’intreccio tra misticismo e sensualità tipico del Barocco, è un capolavoro della maturità di Gian Lorenzo Bernini, che a 76 anni la progettò nella sua interezza e scolpì la tomba della Beata Ludovica Albertoni nel diaspro e nel marmo di Carrara. Da oggi i visitatori della Città Eterna hanno un motivo in più per ammirarla: l’opera risplende di nuova luce grazie al restauro che ha interessato tutta la cappella, a eccezione della pala dipinta dal Baciccio.

Curato dalla Soprintendenza Speciale di Roma ed eseguito da Elisabetta Zatti, l’intervento ha interessato il sarcofago, i dieci cherubini in volo e la sontuosa decorazione in stucco dorato rivelando, come spesso accade in queste circostanze, nuovi particolari sulla sua storia e sul metodo adottato da Bernini. Durante le analisi preliminari al restauro, si è scoperto per esempio che il grande scultore creò la statua da un unico blocco di marmo e che la lavorò usando finiture ad hoc per le diverse parti: lucido e grezzo si alternano sulla superficie dell’opera per permettere alla luce di esaltarne i chiaroscuri, come se Bernini avesse usato un pennello. Altra sorpresa emersa dalle ultime ricerche è che per un lavoro così complesso e faticoso l’anziano maestro non richiese alcun compenso: probabilmente, ha spiegato la soprintendente Daniela Porro, perché il papa Clemente X acconsentisse al ritorno nei territori pontifici del fratello dell’artista, esiliato in seguito a un’accusa di stupro.

Una rappresentazione teatrale in grande stile, quella costruita da Bernini intorno alla Beata Ludovica, che dedicò la vita alla cura dei poveri e alla morte del marito divenne terziaria francescana proprio a San Francesco a Ripa, dove ogni 31 gennaio si celebra la sua ricorrenza. Per evidenziare l’effetto scenografico dell’opera, il maestro del Barocco creò due quinte inclinate in grado di nascondere le finestre sul fondo e indirizzare sul sarcofago la luce naturale. Purtroppo una di queste oggi è chiusa e, se riaperta, sarebbe parzialmente ostruita da un edificio successivo alla creazione della cappella. Ma non tutto è perduto. Dopo i 39 mila euro spesi per restaurare la tomba di Ludovica, un nuovo investimento di 15 mila euro valorizzerà il capolavoro berniniano con un impianto di illuminazione ad hoc.

Intanto, per consentire una pianificazione dei lavori di manutenzione e restauro delle chiese romane di proprietà del Fondo edifici di culto (Fec), è nata una commissione composta da uno storico dell’arte, un architetto, un restauratore e un rappresentante del Fondo. Prossimi obiettivi: la chiesa della Minerva e quella di San Biagio e San Carlo, entrambe chiuse al pubblico da tempo.

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