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Viva l’Arte, Viva l’Italia

La Vittoria Alata di Brescia, Bronzo,250 a.C., Museo Santa Gulia | Courtesy © Turismo Brescia

Non è facile, non sarà facile.
La chiusura di tutti i musei e dei luoghi di cultura in Italia, la cancellazione di mostre, teatri, cinema e spettacoli di ogni genere come misure di precauzione sanitaria introdotte progressivamente dal Governo in ragione dell’emergenza del coronavirus covid-19 è una notizia che lascia a bocca aperta e le cui conseguenze sono difficili da misurare in questo momento.

Le motivazioni sanitarie innanzitutto. Le misure adottate dal Governo si incentrano sulla riduzione della diffusione del virus. Per questa ragione i musei e i luoghi della cultura chiudono i battenti. Quei numeri che sino a ieri erano motivo di orgoglio – milioni di visitatori nei nostri musei e siti archeologici, record di presenze in mostre, cinema e spettacoli – oggi si ritorcono contro di noi.

Prendiamo il caso delle Gallerie degli Uffizi. Lo scorso anno hanno registrato un numero impressionante di presenze: 4 milioni 391 mila individui hanno varcato la soglia del museo fiorentino. E’ la seconda destinazione del Paese per numero di visitatori, alle spalle del Colosseo. Sono in media, sui 300 giorni di apertura (il museo è chiuso infatti tutti i lunedì della settimana con un orario dal martedì alla domenica di 10 ore 35 minuti al giorno dalle 8.15 alle 18.50) 15.000 persone al giorno, ma i flussi non sono naturalmente distribuiti in modo omogeneo durante l’arco dell’anno.

Ci sono periodi di boom in cui non è strano vedere anche 20-25.000 persone in un solo giorno attraversare i corridoi e le sale del grande museo italiano. Un museo che in verità – nelle more che giunga a conclusione il progetto di ampliamento della sede fiorentina denominata Grandi Uffizi – oggi conta su una superficie espositiva di 5.400 metri quadri. Questo vuol dire che ‘mediamente’ lo spazio disponibile nell’arco di un’ora di visita agli Uffizi, un visitatore può contare su poco più di tre metri quadri disponibili (3,6 per la precisione). Non è irragionevole quindi in ragione del successo degli Uffizi – a numeri costanti – immaginare la necessità che per garantire la sicurezza minima indicata dal Governo di 1 metro di distanza, vengano adottate soluzioni simili.

Queste sulla carta le domande da porsi. E questo vale soprattutto per i grandi attrattori, quei 30 musei e luoghi di cultura che fanno capo allo Stato italiano. Non tutti i luoghi sono però identici tra loro. Se il discorso sicurezza – da un punto di vista strettamente aritmetico – ha probabilmente ragione d’essere in musei molto frequentati e non troppo grandi, più difficile giustificarla nella maggior parte dei 4.158 musei, 282 aree archeologiche e 536 monumenti, per un totale di 4.976 luoghi della cultura di cui l’Italia può far vanto.

La Reggia di Caserta che lo scorso anno ha registrato 723.000 visitatori è un luogo gigantesco. La dimora reale progettata da Vanvitelli, uno dei massimi esempi del barocco napoletano e italiano, è un capolavoro colossale: 47.000 metri quadri suddivisi in 1.200 stanze e un parco che si estende su oltre 10 ettari. In 300 giorni di apertura la presenza media di visitatori alla Reggia è di appena 2.400 persone, 240 all’ora che divise per la metratura disponibile fa qualcosa come 195 metri quadri a persona. Certo più spazio di molti appartamenti in cui viviamo. Qui i numeri direbbero dunque altro e non vi sarebbero effettive ragioni di sicurezza a necessitarne la temporanea chiusura fino al 3 aprile, come stabilito dal Decreto governativo.

La ragione dunque non è di necessità reale. Prudenza forse, soprattutto si tratta di lanciare un messaggio alla cittadinanza per evitare comportamenti irresponsabili che in verità si sono svolti in altri luoghi non certo nei musei italiani che nella maggioranza dei casi soffrono invece di una scarsità di presenze al loro interno e che ancora in molti casi hanno difficoltà a tenere a posto i loro conti, ad avere sufficiente personale e a poter garantire al fianco della necessaria tutela del patrimonio che custodiscono anche una adeguata possibilità di valorizzare i propri tesori.

Ma se ai musei e ai luoghi della cultura viene chiesto di ‘dare il buon esempio’, chiudendo i loro portoni e comunicando così in modo universale le più profonde paure che la rapida diffusione del virus scatena per la sua veloce capacità diffusiva nel nostro Paese, c’è da chiedersi che cosa accadrà domani.

Possiamo fare qualcosa? Abbiamo preso le misure con le conseguenze di queste decisioni? E soprattutto come faremo fronte all’inevitabile crollo di uno dei pilastri del nostro Paese? L’arte e la bellezza costituiscono le fondamenta su cui si regge l’Italia. Non è solo questione dei fatturati che verranno mancare ai musei e all’indotto diretto delle industrie culturali. Ma è l’essenza stessa dell’Italia e la sua immagine nel mondo che sono in gioco. Alberghi, ristoranti, negozi, intere città ruotano intorno all’arte e alla bellezza che sono il primo attrattore di un turismo che si regge sulla nostra storia.

Quanto tempo ci vorrà per tornare alla normalità? In questo momento appare utopistico dare una risposta a questa domanda.
Le conseguenze andranno purtroppo ben oltre la fatidica data del 3 aprile. Certo si trascineranno se siamo fortunati per diversi mesi. Ma siamo di fronte ad uno scenario che cambierà per sempre le sorti del nostro Paese. Serve fare squadra, proporre e provare soluzioni alternative a questa crisi che rischia di travolgere con sé un’intera nazione.

E’ il momento delle scelte, cari amici lettori.
Noi ci mettiamo in gioco e siamo pronti ad ascoltare idee e suggerimenti, a partecipare a iniziative a metterci a disposizione per musei, luoghi d’arte e per la cultura italiana. Ad ogni costo e in ogni modo.

Viva l’Arte, Viva l’Italia!

 

 

 

 

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