Nella migliore delle ipotesi una casa su tre dovrebbe essere ristrutturata a fondo e
molto spesso il valore a metro quadro della casa stessa risulterebbe inferiore al costo
dell’intervento.
Secondo Emanuele Ferraloro, Presidente di ANCE Liguria e vicepresidente nazionale
di Federcostruzioni, sarebbe sufficiente questo dato per evidenziare i rischi e le criticità
che l’Italia, Paese in cui la proprietà immobiliare, al contrario della maggioranza degli
altri Paesi europei, è la principale scelta di risparmio delle famiglie e dove queste
famiglie, allo stato attuale, non disporrebbero delle risorse per ottemperare alle
indicazioni comunitarie sulla cosiddetta casa green.
“Se è vero che è oggi impensabile – prosegue Ferraloro – intervenire con gli strumenti
attuali su un patrimonio immobiliare rappresentato per il 58,6% da case costruite ante
Legge 373/1976, anno in cui fa capolino la prima norma sull’efficienza energetica degli
edifici, e l’84% da case costruite ante Legge N°10 del 1991, con il risultato di occupare
il non invidiabile primato delle case collocate nelle fasce peggiori dell’efficienza
energetica, le famigerate classi F e G, è altrettanto vero che il rifiuto della realtà e
l’ipotesi di uno scontro all’arma bianca con l’Unione europea è altrettanto
improponibile”.
L’età avanzata del patrimonio lo rende oltre che obsoleto, anche particolarmente
energivoro: un immobile che supera i 30 anni di età consuma in un anno, mediamente,
dai 180 ai 200 Kwh/mq. Un fabbisogno enorme se si considera che un’abitazione in
classe B, standard minimo per le nuove costruzioni, arriva a consumare in media tra i
30 e i 40 Kwh/mq all’anno.
“La Liguria in termini percentuali è quella messa peggio infatti su un campione di 2400
abitazioni con APE verificato oltre 2000 risultano in Classe G, questo probabilmente
perché le case nuove costruite negli anni 60-70-80 erano prive di coibentazione grazie
al clima mite Ligure”.
“La reazione a catena – prosegue – rischia di essere uno tsunami: le case in classe G
di fatto non potrebbero essere vendute o comprate e quindi anche i mutui ancora accesi
su queste case avrebbero valore zero. Cito i mutui perché proprio dall’aspetto
finanziario si dovrebbe partire per cercare una soluzione complessiva. Esistono
importanti soggetti come Cdp in grado di intervenire e prevedere ad esempio
un’attualizzazione dei vantaggi futuri derivanti dal “risanamento” delle case lontane
dall’essere green. Se queste case una volta ristrutturate o addirittura demolite e
ricostruite (come accade in gran parte del mondo con eccezione l’Italia) , produrranno a
regime risparmi del 30% dell’energia, benefici all’ambiente quantificabili persino in una
riduzione della spesa sanitaria, rivalutazioni consistenti nel valore dell’immobile, l’idea
vincente potrebbe essere quella di un sistema finanziario, garantito dallo Stato, che
consenta anche ai piccoli proprietari, specie nei condomini, di affrontare questa spesa
“con le spalle coperte”. Si innescherebbe quindi un meccanismo virtuoso vantaggioso
per il settore immobiliare, per la proprietà edilizia, per le imprese del settore edile e per
lo Stato”.
“Un risparmio del 30% nei consumi energetici del Paese – conclude Ferraloro –
sarebbe una conquista nazionale e in quanto tale un sistema di integrazione globale, fra
costi e benefici, dovrebbe essere attuato con una legge che non sia confinata al solo
settore immobiliare-edilizio”.