(ANSA) – VENEZIA, 29 AGO – Ha i capelli bianchi, veste in elegante tailleur, Pedro Almodovar oggi è quel regista amato e affermato che conosciamo, ma non dimentica il passato: “31 anni fa qui a Venezia ho avuto il mio battesimo, selezionato con L’indiscreto fascino del peccato. Piacque al presidente di giuria Sergio Leone e alla giurata Lina Wertmuller ma non vinse nulla, giudicato ‘osceno’ dal festival diretto da Gianluigi Rondi. Mi piace pensare che il Leone alla Carriera sia un atto casuale di giustizia poetica, quasi un risarcimento”, dice senza voler fare polemiche.
Questo è l’anno, come dice il titolo del suo ultimo film di Dolor Y Gloria, i dolori della fase che sta vivendo, al centro del film quasi autobiografico presentato a Cannes – Antonio Banderas ha vinto il premio per la migliore interpretazione – e la gloria del prestigioso riconoscimento consegnato oggi alla Mostra del cinema. “Ero un giovane regista mi sembrò un miracolo essere selezionato nel 1983 ma l’opposizione di Rondi finì su tutti i giornali”.