‘DAU Natasha’ di Ilya Khrzhanovskiy, film passato in concorso (non senza polemiche alla vigilia) in questa 70/ma edizione del Festival di Berlino è davvero potente perché dentro c’è la vita vera, il sesso vero, la violenza vera, tutto senza sceneggiatura né veri attori. Un film potente perché quello che si vede è una sorta di ‘Truman Show Stalinista’ frutto di un esperimento, il DAU, ideato dal geniale regista Khrzhanovskij (considerato una sorta di piccolo Rasputin 2.0) che ha pensato di mettere in piedi a Kharkiv (in Ucraina) una ricostruzione scenografica dell’enorme complesso di ricerca sovietica – il cosiddetto ‘Istituto’. Qui ha piazzato per tre anni circa 300 persone, che avevano accettato di calarsi in quell’epoca privandosi di tutti gli oggetti moderni, ma ripresi dalle telecamere giorno e notte. Una saga che scava nella natura umana e nei suoi comportamenti in una condizione di terrore. Una discesa agli inferi di gente che volontariamente ha scelto di entrare in questo mondo dove si beve molto, si fuma molto, si fa sesso, si litiga e ci si odia. Nel film, forse il più bello visto quest’anno a Berlino, Natasha (Natalia Berezhnaya) e la più giovane Olga lavorano nella mensa di questo istituto di ricerca sovietico segreto, cuore pulsante del DAU. Qui tra gli scienziati e ospiti stranieri, c’è anche Luc Bigé. Natasha, piena di alcol, come d’altronde tutti gli ospiti della mensa e dell’istituto, inizia una relazione con lui senza troppi problemi e fa sesso con lo scienziato dopo una lunga ed esplicita fellatio. Ma quando Natasha descrive il suo nuovo amante francese “gentile” ciò crea sospetto nel servizio segreto, guidato da Vladimir Azhippo. Per Natasha saranno vere sevizie ed umiliazioni, interrogatori, denudamenti, minacce, il tutto ancora più spaventoso perché comunque ciò che accade è nell’ambito del vero. Questa l’operazione originale di Khrzhanovskiy che in collaborazione con la co-regista Jekaterina Oertel, la cineasta Jürgen Jürges e un gruppo di attori non professionisti, va alla ricerca delle zone più oscure della mente umana. Oggi animata conferenza stampa alla Berlinale con molte domande alla donna che ha interpretato Natasha, Natalia Berezhnaya, sulla naturalezza e opportunità di certe scene, ma a chiudere la bocca a tutti i giornalisti perplessi sull’operazione è stato lo stesso regista che ha detto con tono calmo:”Il DAU non è Hollywood, ma un progetto che prevede che delle persone intraprendano coscientemente un difficile viaggio e questo va rispettato”. Il progetto DAU, a cui hanno aderito artisti come la Abramovich e Brian Eno, è stato, tra l’altro, anche oggetto di una mostra a Parigi e Londra l’anno scorso.
Berlino: DAU Natasha, il Truman Show Stalinista
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By Redazione
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