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Coronavirus: Favino, non dimentichiamoci le sale

(ANSA) – ROMA, 15 APR – Soluzioni per riprendere a girare il cinema? “Girare in studio per circoscrivere il rischio. Ma avrà dei costi maggiori. Le sale, intese come cinema ma anche come teatri, saranno comunque le ultime ad aprire, e se ne parla sempre troppo poco”. Così Pierfrancesco Favino introduce – nella diretta fb di Rai Radio2- un tema caldo, che è quello delle conseguenze del lockdown sul settore cultura. “In Italia ci sono 1280 teatri e circa 300 mila persone che ci lavorano, non solo attori e registi, ma anche tutte le maestranze e i lavoratori delle strutture. Il lockdown incide molto in questo ambiente che oltre a bellezza e cultura genera anche economia. Ci piacerebbe se ne parlasse un po’ di più. Lo dico io che lavoro molto, ma mi rendo conto che ci sono anche tantissimi giovani che si stanno affacciando da poco a questo lavoro, ho una scuola a Firenze bloccata, bisogna trovare il modo di agire su questo ambiente.
    In queste settimane più che mai ci stiamo rendendo conto di quanto non sia un ambiente inutile: vediamo film, ascoltiamo musica, leggiamo libri. Questa è alla fine la cultura: quella libertà che ci da di poterci godere 2 ore per noi stessi, che hanno a che fare con la crescita del nostro spirito, che sono una coccola per la nostra anima”.
    Sul tema del riprendere la quotidianità: “Io non vorrei che da questa situazione scaturisse un dimenticarsi dell’importanza della sala, di fare il gesto di uscire per la fruizione.
    Le sale in questo momento avrebbero l’opportunità di potersi rinnovare. Cosa cambierà? Credo che una delle risposte sarà l’architettura. Già da tempo sapevamo che l’architettura dei luoghi di condivisione era un po’ antica, da rinnovare. Questa pausa forzata potrebbe essere uno stimolo a ripensare gli spazi per quello che può essere la fruizione di oggi del cinema, del teatro, della musica. Gli spazi per “sentire” bene sono pochi.
    Il ministero prevede già dei fondi sul rinnovo delle sale, forse in questo momento si potrebbe fare uno sforzo in più e rendere più accessibili quei fondi e cercare di rinnovare quegli spazi in modo tale che quando finalmente potremmo tornare a popolarli quella esperienza sarà diversa” (ANSA).
   

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